MILANO – Vola l’export brasiliano di caffè, che raggiunge nuovi massimi storici ad agosto, grazie alla forte ripresa degli imbarchi di caffè verde, in particolare di robusta: secondo i dati Cecafé, l’export di caffè in tutte le forme è lievitato, il mese scorso, del 29,4%, al dato record di 3.672.614 sacchi.
I volumi di caffè verde crescono di un terzo attestandosi a 3.350.653 sacchi. I quantitativi esportati di arabica registrano un incremento dell’11,2%, che li porta 2.651.797 sacchi.
Le esportazioni di robusta crescono di oltre 4 volte (+443%) e raggiungono i 698.856 sacchi polverizzando i primati mensili stabiliti a cavallo del decennio.
In lieve calo, invece, le vendite all’estero di caffè trasformato, che superano di poco i 320 mila sacchi (-0,8%).
Nonostante la forte ripresa degli ultimi mesi, le esportazioni dall’inizio dell’anno rimangono al di sotto di quelle dei primi 8 mesi del 2022. L’export di caffè in tutte le forme, per il periodo gennaio-agosto, è infatti pari a 22.904.173 sacchi, una flessione del 9,7%.
Gli imbarchi di caffè verde sono inferiori del 10,9%, per un totale di 20.341.342 sacchi. I volumi di arabica segnano una flessione del 15,4%, a 18.390.791 sacchi.
Quelli di robusta crescono invece dell’81,8%, a 1.950.551 sacchi. Infine, le esportazioni di caffè trasformato ammontano a 2.562.831 sacchi, in lieve crescita (+0,5%) sull’anno scorso.
In pesante calo gli imbarchi presso quasi tutti i principali paesi di destinazione, a cominciare dagli Usa (-26,65%) e la Germania (-40,51%). L’export verso l’Italia scende a 1.715.225 sacchi, dagli oltre 2 milioni del pari periodo 2022 (-15,33%).
Fa eccezione il solo Giappone, che vede lievitare i volumi di caffè brasiliano esportato verso i propri porti di oltre un terzo (+33,38%). In caduta libera anche le esportazioni verso il Belgio (-38,03%), paese dove si trova, tra l’altro, la massima parte delle scorte certificate dell’Ice Arabica.
Principale porto di destino rimane Amburgo. Alle sue spalle New Orleans, davanti ad Anversa e Brema. Genova è quinta.
“Gli imbarchi di robusta hanno registrato il miglior risultato di sempre per un singolo mese” ha dichiarato il presidente di Cecafé, Márcio Ferreira, aggiungendo che la ripresa degli imbarchi di arabica riflette l’arrivo sul mercato del nuovo raccolto.
“I robusta brasiliani rimangono molto competitivi ed estremamente richiesti, anche perché le altre principali origini, in particolare Vietnam e Indonesia, sono alle prese con avversità climatiche e un calo della produzione”.
“Tale scenario è risultato molto favorevole per i produttori brasiliani e il mantenersi a livelli elevati delle quotazioni della borsa di Londra, che sono aumentate del 40% rispetto al novembre dell’anno scorso (sebbene si debba tenere conto dell’effetto negativo del rivalutarsi del real brasiliano sul dollaro) ha contribuito in modo significativo alle esportazioni record di robusta.
Con la consistente ripresa del raccolto 2023 di arabica, si osserva una riduzione della percentuale di robusta nelle miscele destinate al consumo interno e un aumento conseguente della disponibilità esportabile.
Le prospettive per i robusta rimangono positive, poiché l’avvento del fenomeno El Niño, ancorché di intensità moderata, crea le condizioni per un mercato stabile nel breve e medio termine”
Con riferimento agli arabica, Ferreira afferma che si osserva un aumento dei volumi ricevuti nei magazzini, che conferma le previsioni positive formulate già prima dell’inizio delle operazioni di raccolta, a fronte del buon stato vegetativo delle colture, in particolare di quelle situate nelle aree maggiormente impattate, negli ultimi due anni, dalla siccità e dalle gelate.
“Grazie a una disponibilità maggiore rispetto al 2021 e al 2022, il flusso di caffè commercializzato è aumentato significativamente, fatto questo che ha messo sotto pressione la borsa di New York”.
Ottimismo anche per il prossimo anno. “Se ci saranno condizioni climatiche adeguate, di qui al prossimo raccolto, il Brasile avrà tutte le possibilità, a partire dall’annata 2024/25, di risalire a volumi produttivi prossimi a quelli del 2020” conclude Ferreira aggiungendo che “affinché ciò avvenga è necessaria una struttura dei prezzi che sia remunerativa per i produttori rendendo possibili pratiche agricole improntate a qualità, produttività e sostenibilità.