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Cavaglieri: Passione, costanza, lavoro e son diventato il barista migliore d’Italia

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MILANO – A Davide Cavaglieri, campione italiano baristi per il 2018, cui avevamo già chiesto i dettagli della sua gara, il caffè usato e la ricetta, abbiamo domandato in questa seconda occasione il dettaglio del suo percorso formativo. Che cosa ha fatto per diventare il barista più bravo d’Italia e che cosa ha in mente adesso in vista del il mondiale in programma ad Amsterdam dal 21 al 23 giugno.

Il percorso formativo di Davide Cavaglieri.

«Ho 26 anni e vengo da Brescia. Ho studiato all’Istituto Andrea Mantegna di Brescia. In quinta superiore, mi è stato proposto attraverso una la torrefazione bresciana Trismoka, la partecipazione di un corso di caffetteria. Questa azienda opera soprattutto per divulgare la realtà dei campionati italiani ai ragazzi. Così sono stato catapultato nell’ambiente. Con quest’azienda ho collaborato per diversi anni. Oggi sono un freelance, ho una mia attività. Ma non mi dimenticherò mai ciò che mi è stato dato in passato. »

Per vincere le Olimpiadi del caffè bisogna avere delle doti di genialità non comuni. E la costanza, quanto conta? Dove si trovano le doti in più per distinguersi?

«La costanza è importante, se collegata alla passione e alla determinazione. Per questo io non ho mai smesso negli anni. Quel qualcosa in più che quest’anno mi ha portato alla vittoria, viene dalla passione. Per trasmettere alla giuria non solo un concetto, ma anche la tua identità. Le tue motivazioni che stanno dietro il modo in cui lavori. Questo si chiama amore per il proprio mestiere.»

I progetti futuri.

«Il primo step sarà trovare il caffè giusto per il Mondiale. È la prima cosa che farò. In quanto è il passo più importante. Anche perché per il Campionato del mondo, è necessario trovare prima degli altri la materia migliore. La gara infatti si basa sul caffè. Sicuramente, credo che comincerò gli allenamenti ad aprile, a Padova. All’interno di Diemme Caffè Torrefatti. Io al momento sono un po’ nomade. Ma per i primi due e tre mesi, lavorerò in ogni caso.»

Sul caffè sta lavorando. Ma dalla punta di vista della manualità e dell’aspetto agonistico, a che punto si trova?

«L’agonismo c’è dentro di me appena mi sveglio la mattina. Potrei disputare il Campionato mondiale anche domani. Anzi, devo calmarmi. Perché la troppa adrenalina poi, porta anche a non ragionare in maniera lucida. Il primo step sarà cercare di capire la strada più giusta per scadenzare l’allenamento.»

A chi ha dedicato questo titolo?

«Alla mia famiglia e alla mia splendida ragazza. Loro mi hanno accompagnato notte e giorno. A livello lavorativo, ovviamente dedico la vittoria a Diemme Caffè Torrefatti, che ha dato fiducia ad un ragazzo che voleva fare bene. Infine ad Andrea Antonelli, della Street coffee school e ai ragazzi della 9bar, Andrea Lattuada e Mariano Semino.»

Da campione italiano caffetterie 2018, cosa può dire ai ragazzi che vogliono avvicinarsi a questo traguardo le prossime volte?

«Che la vita cambia tanto. Ma non soltanto quando si vince. Anche quando sei solo un competitor. Perché, ovviamente il palco è importante per la visibilità e può dare degli sbocchi lavorativi; ma questo solo se è guidato dalla passione di fare la gara. L’altro giorno lo dicevo ad un ragazzo: la sconfitta deve esser presa come un insegnamento. Ho perso per 8 anni e ho vinto solo al nono. In questo periodo sono tornato a casa sconfitto, ma a volte felice. Poi mi son detto che, per rispetto nei miei confronti, non potevo mollare. E così ho vinto.»

Cavaglieri, sapeva che avrebbe vinto?

«No. Ma l’ho sperato. Perché ho lavorato tanto e ho pensato alla gara in modo da commettere meno errori possibili.»

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