MILANO – Ne abbiamo già parlato in un’altra occasione, ma un buon ripasso non si nega a nessuno (e c’è chi magari ancora non lo conosceva): riproponiamo le origini dietro all’infuso con le bucce delle drupe di caffè, il Cascara. Una bevanda sicuramente particolare, che potrebbe esser una sorpresa per i palati abituati all’espresso. Leggiamo le sue caratteristiche da agrodolce.it.
Cascara, che cos’è?
La Cascara si ottiene dal processo di trasformazione della drupa in chicco di caffè. È un sottoprodotto di lavorazione. È la buccia essiccata con un po’ di polpa ancora attaccata. Una volta spolpato il chicco, i rimasugli di frutta possono essere conservati e fatti essiccare, per poi essere consumati come un infuso. La Cascara è un derivato del caffè, ma il suo sapore ha ben poco a che vedere con il classico espresso. È dolce, ed è molto più simile a una tisana di ibisco, rose, amarene, uva passa (molto poi dipende dalla varietà di caffè usata). Può essere bevuta come un infuso o trasformata in un ingrediente per un cocktail.
Un sottoprodotto poco conosciuto
Nonostante l’infuso di Cascara sia eccezionale, la maggior parte della frutta ricavata dal caffè è ancora buttata, rappresentando uno spreco enorme. Un’altra parte è usata come fertilizzante, e solo una piccola percentuale è destinata al consumo, che rimane per lo più locale. Sono pochi, infatti, i Paesi che sono riusciti a sfruttare il potenziale della Cascara, iniziando a esportarla come prodotto pregiato al pari dei chicchi. Oggi è comunque possibile trovare la Cascara anche in Italia, all’interno dei circuiti di specialty coffee.