domenica 22 Dicembre 2024
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Carlos González Antequera, Rancilio Group, al Trieste Coffee Experts: “La tecnologia assiste la sostenibilità di tutta la filiera”

"Dal punto di vista della sostenibilità, in poco tempo, è stato possibile ottenere un risparmio energetico pari al 35%; la LCA delle macchine può aumentare perché i problemi vengono risolti con delle modifiche del software; le soluzioni di IoT permettono un controllo tecnico e di gestione anche grazie all’intelligenza artificiale con dei logaritmi, con cui è possibile analizzare i momenti di maggior attività in punto vendita e attivare il risparmio energetico nei momenti morti. Le macchine da caffè, sia quelle tradizionali che quelle automatiche o super-automatiche, per OCS o coffee service o da bar, possono essere 4.0, 5.0; le ricette si possono salvare ed essere pronte per un tipo di caffè o una determinata miscela, o possiamo offrire al consumatore diverse scelte"

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Carlos González Antequera, coffee competence e product manager di Rancilio Group, è intervenuto in occasione del Trieste Coffee Experts, organizzato da Bazzara, ponendo attenzione all’importante tema della valorizzazione dell’espresso attraverso la tecnologia focalizzandosi sull’intelligenza artificiale e le macchine super-automatiche 4.0 e 5.0 al servizio di una filiera migliore e più sostenibile. Leggiamo di seguito le sue considerazioni.

La valorizzazione dell’espresso attraverso la tecnologia

di Carlos González Antequera

TRIESTE – “L’espresso è un prodotto made in Italy inventato da Angelo Moriondo, tostato in maniera diversa in ogni regione d’Italia e servito con diverse sfumature dal sud al nord.

Oggi l’espresso è un metodo di estrazione utilizzato in tutto il mondo, e ciò significa che le aziende italiane esportano le loro macchine da caffè made in Italy in grandi quantità.

La ricetta dell’espresso è tuttavia diversa da Paese a Paese: la bevanda viene allungata ed è concentrata in modo diverso rispetto ai dettami dell’espresso italiano. L’espresso è un metodo e dunque si può misurare, migliorare e adeguare grazie all’innovazione e alla tecnologia.

A volte si ha una base di caffè a cui vengono aggiunti altri ingredienti per vendere soddisfazione ed esperienze, come accade nella più grande catena di coffee shop, frequentata dai giovani come punto di incontro, dove il wifi funziona molto bene e ci sono divani comodi; tutto ciò dà vita a un modello esperienziale che ha alla base il caffè.

L’espresso, tuttavia, si prende solo per il piacere. Un espresso che non piace, non va bevuto, va rimandato indietro, anche quando dispiace perché il barista ha fatto meglio che poteva.

Ci sono però delle domande da farsi quando ciò accade. Il caffè si consuma per piacere, per attivarci la mattina, quando si fa una pausa, in un momento conviviale. Io sono innamorato dell’espresso e sono 35 anni che lavoro in questo campo.

Ho iniziato lavorando per una torrefazione spagnola, e ogni tanto prendevo la macchina, attraversavo tutta la Francia senza fermarmi, per arrivare a Ventimiglia, dove mi fermavo e potevo bere il caffè ovunque; ed era buono dappertutto.

Andavo poi a Milano, dove i piccoli coffee shop tostavano e servivano un caffè che era una meraviglia, e quando tornavo in Spagna ero così deluso dal fatto che non riuscissimo a riprodurre l’espresso italiano, finché un giorno durante uno dei miei viaggi sono stato introdotto ad un’origine di caffè molto usata in Italia, l’Etiopia, che in Spagna non era commercializzata.

Siamo riusciti ad acquistarne un sacco e l’abbiamo tostato riuscendo a creare una miscela con una buona base di Brasile, un po’ di centroamericano e l’Etiopia appena acquistato. La miscela la vendevamo solo a chi era disposto a lavorare secondo il metodo che illustravamo e che voleva riprodurre la tradizione dell’espresso italiano.

I nostri clienti dovevano utilizzare le tazzine piccole, tenendole in capo alla macchina da caffè in modo che fossero calde e dovevano spiegare al cliente di non avere fretta, di annusare, assaggiare, lasciar passare qualche secondo e degustare quell’espresso mentre si chiacchiera.

Per preparare un caffè filtro o un altro metodo che non sia l’espresso ci vuole abbastanza tempo; anche questo è un rituale. L’espresso va preparato in breve tempo e va consumato in un tempo molto breve, ma il bello dell’espresso, ciò che lo rende completamente diverso, è quando te ne vai e ti godi il retrogusto, e dopo un po’ viene voglia di berne un altro. Il miglior espresso è quello preso in convivialità, magari scherzando.

Bere il caffè ha il suo fascino, ma l’espresso rimane in bocca regalando un’emozione e in una sintesi di sapori.

Lavoro per Rancilio da 20 anni; inizialmente ho creato la filiale spagnola insieme alla famiglia Rancilio e l’ho condotta per 15 anni. In tutto questo tempo, non ho mai venduto una macchina da caffè come semplice macchina; ho sempre venduto il risultato che la macchina da caffè garantiva in tazza. Vendevo tazzine di caffè.

Provavo a far innamorare il cliente delle sfumature che magari non aveva mai percepito grazie allo strumento che è la macchina da caffè, perché questo è: uno strumento che trasforma un prodotto che passa per tutta la filiera, dalla piantagione alla tazzina.

Dal punto di vista della sostenibilità, in poco tempo, è stato possibile ottenere un risparmio energetico pari al 35%; la LCA delle macchine può aumentare perché i problemi vengono risolti con delle modifiche del software; le soluzioni di IoT permettono un controllo tecnico e di gestione anche grazie all’intelligenza artificiale con dei logaritmi, con cui è possibile analizzare i momenti di maggior attività in punto vendita e attivare il risparmio energetico nei momenti morti.

Le macchine da caffè, sia quelle tradizionali che quelle automatiche o super-automatiche, per OCS o coffee service o da bar, possono essere 4.0, 5.0; le ricette si possono salvare ed essere pronte per un tipo di caffè o una determinata miscela, o possiamo offrire al consumatore diverse scelte.

La tracciabilità di un caffè in punto vendita si può gestire, la tecnologia ci assiste; il filtro può essere connesso, controllando l’acqua in ingresso e la sua composizione adeguata per l’estrazione.

Si necessita di parametri chiari, ma allora la macchina potrebbe già fornirci questa informazione?

Sì, basta solo che ci attiviamo in questo senso. Alla fine, la macchina scalda solo l’acqua facendola passare con una certa pressione attraverso il pannello di caffè, percolando e sciogliendo i composti in tazzina; composti che fanno la differenza e che in tazza danno vita a un mondo di emozioni che devono piacere da un punto di vista sensoriale.

Il flusso o la portata deve essere costante o deve modificarsi?

I profili di pressione della pompa, cioè quella che tiene l’acqua che attraversa il caffè per arrivare in tazza, i profili della temperatura pre e post infusione, risolvendo dei problemi comuni, come la mancata consistenza, la canalizzazione, differenti volumi in diverse estrazioni, insufficienti composti, sovra concentrazione con saturazione, eccetera.

In base al tempo di contatto tra acqua e caffè avviene l’estrazione; per prima cosa vengono estratti i composti più facili da estrarre, ossia gli acidi organici (acetico, malico, lattico, chinico, citrico, fosforico…), poi qualche composto zuccherino – anche se il dolce nel caffè è dato dall’assenza di amaro; poi vengono i carboidrati complessi e l’estrazione lipidica che insieme creano una struttura che donerà densità e viscosità, daranno quindi corpo al caffè.

Sfortunatamente, questa funzione (parabola inversa) avviene in un tempo molto breve, e c’è poi un’altra funzione incrementale che poi diventa asintotica che dà vita ai polifenoli, a questa ci deve però essere un limite, così come per agli altri alcaloidi, per esempio la trigonellina e la caffeina, e per gli acidi clorogenici, in quanto tutti questi elementi conferiscono all’espresso amarezza e astringenza.

Il grado di macinatura ha un influsso sull’estrazione: se le particelle sono troppo fini, avrò astringenza in tazza, mentre se le particelle sono più grosse, con una bella pre-infusione riuscirò ad inumidirle maggiormente senza sprecare tanto caffè, che poi finirà nei fondi. La pre-infusione va fatta a bassa pressione.

Se aumento la temperatura, avrò una maggior capacità di discioglimento dei composti presentando però diversi rischi.

Cosa accade con un caffè del Costa Rica, che possiede un’acidità molto fine e volendo anche un buon corpo, quando lo estraggo male utilizzando il metodo espresso?

Dopo 12-13 secondi, la fase oleosa è terminata, e per il tempo rimanente estraggo solo acido clorogenico e alcaloidi.

La tecnologia qui mi può aiutare molto perché posso operare un’estrazione gentile inizialmente ad una temperatura bassa, e aumentare la temperatura successivamente massimizzando anche l’estrazione dei lipidi e i carboidrati, ottenendo un buon corpo.

Cosa mi succede con la Robusta o il mio amato Brasile in espresso?

Il caffè brasiliano è un caffè dolce con un buon corpo che rischia però di risultare astringente; se parto ad una temperatura alta, sono in grado di ottenere un’estrazione con una buona acidità e buon corpo, e abbassando poi la temperatura, diminuisco l’estrazione di quelle sostanze che danno astringenza e amarezza.

Tutto ciò che ho condiviso proviene da ricerche effettuate da Rancilio in collaborazione con ricerca universitaria a partire dal 2010 a oggi“.

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