MILANO – Carlos Bitencourt, titolare della caffetteria italo-brasiliana Cafezal – che proprio di recente ha raggiunto 4 punti vendita a Milano – è un’altra voce che si unisce al coro di risposta all’intervista rilasciata dal torrefattore pugliese Antonio Quarta, che ha fatto discutere il settore attorno al sentitissimo tema del prezzo della tazzina con tutti gli effetti collaterali che esso può comportare.
Bitencourt: “E’ interessante questa sua riflessione.”
“Secondo me il prezzo della tazzina in Italia in ogni caso naturalmente si alzerà, così come si assiste già in altri Paesi. Non credo che il mercato del caffè crudo tornerà indietro a due o tre anni fa, anzi, potrebbe ulteriormente aumentare sulla materia prima.
Innanzitutto vorrei partire da una considerazione: in un Paese come il Brasile, in cui si ha un consumo importante di questo prodotto ed è molto legato alla tradizione locale, il caffè costa già un euro e 20 / un euro e 30, a fronte di stipendi medi più bassi rispetto a quelli italiani.
Quindi anche in Italia dovrebbe essere possibile aumentare e per questo il settore deve ripensare a come intendere la caffetteria e la distribuzione del caffè.
In secondo luogo, questo aumento potrebbe avere ripercussioni anche sullo specialty, rafforzando ancora di più l’importanza della materia prima di alta qualità, e della maggior conoscenza del prodotto dai baristi e operatori tradizionali del settore. Noi a Milano vendiamo la tazzina con la nostra miscela a un euro e 80. Ed è un prezzo che funziona: Cafezal sta crescendo.
Paragonandoci ad altre città grandi come Parigi, Berlino, Londra, dove la tazzina costa dai due euro e 50, sino ai 5 euro nel Nord Europa: questo dà ulteriore importanza al trattare un’effettiva qualità che non è soltanto una questione di marketing. Le aziende devono basarsi su questo e sulla promozione di standard più elevati, condividendo la filosofia anche con i propri dipendenti. Credo che la situazione del mercato spingerà la crescita della qualità degli operatori, sopratutto degli operatori che lavorano oggi con delle commodity.”