MILANO – Caribou Coffee è una catena di caffetterie nata negli Stati Uniti all’inizio degli anni Novanta. In vent’anni si è espansa su tutto il territorio nazionale, costruendo un impero secondo solo al colosso Starbucks.
Ma le cose non sono andate troppo bene e nel 2012 l’azienda è stata comprata da una compagnia tedesca.
Caribou Coffee ha annunciato la chiusura di 88 store in tutti gli Stati Uniti
Con il conseguente licenziamento di quasi mille persone entro il 2014. Questo succedeva qualche settimana fa: la chiusura è stata annunciata con un comunicato stampa ufficiale il 5 aprile. Mille persone che perdono il lavoro tutte insieme sono tante. Fa paura anche solo l’annuncio.
Non è stato il comunicato stampa a far scoppiare la bomba
Probabilmente molte delle persone interessate e le rispettive famiglie lo sapevano o lo sospettavano già da qualche tempo.
E quando un’azienda annuncia tagli, il clima si fa presto bollente. Anche sui social. Lo scorso 8 aprile la pagina Facebook di Caribou Coffee inaugura la settimana con il classico “post del lunedì. Una bella foto di un bagel con l’invito ai clienti a dire la propria sul nuovo prodotto:
Foto: SocialMediaToday.
“Avete provato la nostra colazione con il bagel? Cosa ne pensate?”
– “Il minimo che potreste fare per mostrare rispetto ai dipendenti che stanno perdendo il lavoro è smetterla con questi post. A nessuno interessano le vostre promozioni. Ci interessa degli amici che non hanno più una busta paga. Per favore, smettetela con questi update”]
I commenti negativi non finiscono qui
Tanto che l’admin della pagina decide di cancellare il post. Non serve a un granché, però. I fan di Caribou Coffee – tra cui molti parenti e amici dei futuri disoccupati – prendono d’assalto la pagina. Per esprimere tutto il proprio dissenso con le scelte aziendali.
Ancora oggi, a tre settimane di distanza dall’annuncio dei licenziamenti, ogni singolo post riceve commenti di biasimo e non solo per via dei licenziamenti.
Molti clienti, infatti, sono semplicemente scontenti del fatto che la loro caffetteria preferita non esiste più.
Ora. Tutti siamo su Facebook e il mondo è piccolo
Ognuno dei tuoi fan può potenzialmente essere un parente o un amico di uno dei tuoi esuberi.
E in un periodo di crisi come questo l’annuncio di un maxi licenziamento non può essere certo accolto da cori di cherubini. In questo caso Caribou Coffee non ha sbagliato a gestire la crisisui social.
Ha semplicemente negato di avere un problema facendo sistematicamente finta di niente e, in fin dei conti, rifiutandosi di comunicare con i propri fan.
Più il social media manager si intestardisce a pubblicare foto di cappuccini e a stimolare l’engagement dei fan, più questi continuano a esprimere tutto il proprio disagio.
L’incantesimo che fa funzionare l’idillio tra il brand e i suoi fedelissimi si è rotto
E’ rimasto un estenuante dialogo tra sordi. Dove gli obiettivi comunicativi dell’azienda e le necessità dei clienti procedono su due binari paralleli. Non solo senza mai incontrarsi ma, addirittura, tappandosi vicendevolmente la bocca.
Era inevitabile che l’annuncio della chiusura di così tanti punti vendita con il conseguente licenziamento di così tanti dipendenti si ripercuotesse anche sui social media.
Caribou Coffee avrebbe dovuto prendere in considerazione l’idea di usare i social per instaurare un vero dialogo con i propri fan e clienti,. Spiegando nei limiti dei possibile la situazione dell’azienda.
La strategia adottata, invece, è stata quella tipica dei media top-down
Dove la comunicazione è a senso unico. Peccato solo che su Facebook gli utenti abbiano la facoltà di interagire con il brand – guarda caso, è fatto apposta.
– e che questi siano riusciti a far capire forte e chiaro quale fosse l’argomento di cui volessero realmente parlare. E, purtroppo, l’argomento in questione non erano i bagel.
Lesson Learned: Azienda, cosa ci stai a fare sui social se poi non comunichi davvero?
Comunicare sui social media non significa solo pubblicare belle foto e sperare di ricevere tanti like. Ma gestire al meglio il rapporto con i tuoi clienti. Anche e soprattutto quando l’azienda sta attraversando un periodo di crisi.
Valentina Spotti
Nasce nel 1984 e vede per la prima volta una pagina web sul finire degli anni Novanta. Ci rimane male perché si immaginava chissà cosa.
Poi vennero i blog, YouTube e i social network. Nel 2009 una tesi sulla costruzione della reputazione in Rete la porta alla laurea in Scienze della Comunicazione.
Per un certo periodo si è occupata di Media Education in quel di Bruxelles, poi è tornata a Milano ed è diventata web editor.