giovedì 26 Dicembre 2024
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PREZZI – Un esercente di Bassano fa le pulci alle voci di costo di un caffè: “A 1 € il margine è di soli 10 centesimi”. Intanto fa pagare la tazzina 1,10 €. “Il prezzo giusto sarebbe 1,30 €. I baristi oggi in Italia fanno beneficenza. Sono eroi”

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La notizia è di qualche giorno fa: in alcuni locali di Venezia la tazzina di caffè è rincarata, salendo a 1 euro e 10 centesimi e oltre, e la Procura della Repubblica ha disposto una serie di accertamenti affidando alla Guardia di Finanza dei controlli nei bar per verificare “gli eventuali maggiori incassi che devono necessariamente confluire nelle rispettive dichiarazioni dei redditi”.

“La Procura indaga? Ma indaga cosa?” – sbotta Federico Parise, esercente bassanese, titolare della Caffetteria-Panetteria di vicolo Bastion, già salito agli onori della cronaca per la celebre maxi-multa inflittagli dalla polizia locale per la vendita di pane all’esterno del suo negozio.

Lui, il caffè, lo fa pagare 1 euro e 10 da sempre. “Ho fatto i miei conti – ci dice – e adesso, con l’aumento dei costi dell’energia elettrica, sto già risicato.”

Nel momento in cui i primi segnali del caro-tazzina rischiano di scardinare il rito nazional-popolare del caffè a 1 euro – se non persino a 90 centesimi – non ci rivolgiamo a Parise per caso.

L’intraprendente commerciante ha compiuto infatti una sua personale analisi sui costi e ricavi del prodotto più consumato dagli italiani, arrivando a una conclusione perentoria: “I baristi, oggi in Italia, stanno facendo beneficenza. Sono degli eroi”. E questo perché, pur di non superare la soglia psicologica dell’euro uno e tondo, “si accontentano di un margine insufficiente, per non perdere i clienti”.

“Oltre all’aumento dell’energia elettrica – spiega Parise -, la materia prima è aumentata negli ultimi tre anni mediamente del 21%. Tre anni fa un chilo di caffè costava a un esercente 14 euro. Oggi il prezzo oscilla tra i 22 e i 31 euro. E mentre il prezzo dei carburanti in dieci anni è quasi raddoppiato, il caffè rispetto al 2002 e cioè dall’introduzione dell’euro è aumentato di soli 20 centesimi, cioè di 2 centesimi all’anno. Per anni, poi, il caffè ha seguito l’andamento del prezzo del quotidiano. Oggi il quotidiano costa 1 euro e 20. Non ci siamo”.

Dalle parole ai numeri: Parise ha predisposto una scheda – che ha suscitato non poca sorpresa in alcuni ambienti del commercio cittadino – nella quale fa le pulci alle diverse voci di costo della tazzina, basate sul prezzo attualmente più basso della materia prima e su un costo orario di personale apprendista part-time, e quindi neppure a tempo pieno.

“Ipotizzando di comprare il caffè a 22 € al chilo – rileva l’esercente – pari a 120 tazzine, il costo a tazzina della materia prima è di 0,18 €, a cui si aggiungono 0,08 € di Iva. Lo zucchero in bustine mi costa 20 € al chilo, per 1500 bustine: fanno 0,02 € a tazzina. Ogni biscottino che si serve col caffè costa 0,04 €. La corrente della macchina, per 70 € a settimana e 80 caffè al giorno, incide sulla tazzina per 0,17 €. La corrente della lavabicchieri (45 € a settimana con 20 lavaggi al giorno) costa per ogni caffè 0,05 €. Il personale (un apprendista part-time a 6,70 € l’ora, per tre ore) incide per altri 0,26 €. 10 CL di acqua, a 0,40 € al litro, costano 0,03 €. Tutte queste voci, messe assieme, fanno 0,83 €. Dobbiamo poi aggiungere i costi fissi – affitto, rifiuti, altra corrente, Icp, commercialista, assicurazioni e pulizie – che spalmiamo sulle prime quattro ore di lavoro di un locale pubblico: fanno altri 0,05 €.”

“Alla fine – sintetizza Parise – il costo vivo di una tazzina di caffè per l’esercente è di 0,88 €. Che cosa ci guadagno vendendo il caffè a un euro? Poco più di 10 centesimi. Consideriamo che in un bar medio si fanno 550 caffè alla settimana, esagerando. Per quale guadagno complessivo? Poco più di 55 euro!”

Ma allora quale sarebbe il prezzo giusto di una tazzina?
“Se tiriamo in ballo anche gli studi di settore applicati alla nostra categoria – risponde il nostro interlocutore -, un caffè dovrebbe costare 1 euro e 70. Non lo si può fare. Il prezzo adeguato, adesso, sarebbe 1 euro e 30, per avere il giusto rapporto tra chi lo produce e chi lo acquista e il giusto rapporto tra l’esercente e i collaboratori-dipendenti, per evadere correttamente le buste paga e non incorrere in richieste inutili alle banche e alle agenzie di prestiti, come la stragrande maggioranza dei locali pubblici sta facendo.”

“Sono bravissimi, i baristi – aggiunge Parise -. Servitori del popolo ed eroi che vendono il caffè liscio allo stesso prezzo del caffè macchiato. Ma una goccia di latte, goccia dopo goccia, riempie il vaso e il vaso costa, oggi. Gli esercenti devono capire che siamo piccoli dettaglianti, e non abbiamo i prodotti-civetta delle grandi strutture e dei grossi ipermercati. Ogni singolo prodotto va ricaricato al giusto prezzo, per avere quel profit sufficiente a mantenere l’azienda, la famiglia e le famiglie dei nostri dipendenti.”

Facciamo notare all’esercente di vicolo Bastion che il suo caffè a 1 euro e 10 avrà fatto sicuramente allontanare molti clienti.
“Su 80 caffè – replica -, preferisco farne 60 ma avere un minimo di profitto. Inutile ribassare il prezzo per farne di più, aumentando le spese e i consumi.”

Fonte: bassanonet.it

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