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Un capuccino? «Si grazie ma rigorosamente senza il latte»

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MILANO – Il latte non va più giù agli italiani. Che a casa e al bar lo sostituiscono sempre più spesso con bevande a base di soia, avena, mandorla. Sarà anche questione di moda, ma coloro che non tollerano il latte trovano le alternative più digeribili, anche se costano di più, (il doppio del latte italiano di alta qualità e il triplo di quello a lunga conservazione ).

A confermare il trend positivo per le nuove bevande anche il paniere Istat, presentato a febbraio, dove entrano per la prima volta bibite a base di soia, riso e altri legumi o cereali. Le cui vendite, per altro, sono aumentate del 27% nel 2015, secondo i dati della Coldiretti.

Le ragioni per scartare il latte sono diverse, c‘è l’intolleranza, una condizione non particolarmente diffusa, ma da tenere in considerazione. Intolleranza che può dipendere dalla geografia a dall’etnia.

Negli adulti neri, per esempio, è frequentissima, mentre è inesistente in Finlandia.

« Più si va al nord del mondo più si riduce il fenomeno », spiega all’agenzia di stampa Adnkronos Alessandro Fiocchi, responsabile dell’Allergologia dell’ospedale Bambino Gesù di Roma.

Secondo l’esperto, bisogna tenere presente che aver questo tipo di problema « non significa necessariamente evitare tutti i latticini, in particolare i formaggi stagionati, che non contengono lattosio, e che sono importantissimi nella nostra dieta per l’apporto di calcio. E nemmeno il latte, se si ha l’accortezza di usare quello senza lattosio. Rinunciare completamente a questi alimenti non è salutare, perché sono la nostra principale garanzia di avere i nutrienti necessari per salvaguardare le ossa».

Non tutti la pensano come Fiocchi. Le scuole di pensiero sono le più diverse e stando a molti esperti, il latte in età adulta è da evitare.

In età adulta appunto. Perché, per quanto riguarda i bambini, «l’intolleranza al lattosio congenita è rarissima. Riguarda l’ 0,8% della popolazione infantile. E anche nei piccoli con le forme più accentuate a 18 anni il problema scompare».

Ad avere ragione di rinunciare il cappuccino classico sono gli allergici alle proteine del latte. «In questo caso si tratta di un problema reale ma raro – dice sempre Fiocchi – sviluppato da persone esposte a lungo a queste proteine, lavoratori del settore lattiero caseario, per esempio. Oppure da persone che hanno utilizzato ciprie cosmetiche e polveri (come uno di più classici talchi per bambini) che le contengono. Ingredienti che, in realtà, oggi non vengono quasi più utilizzati».

Una leggenda che bisogna sfatare «è l’esistenza di una forma di intolleranza alle proteine del latte, formaggi compresi», dice Fiocchi. Si può essere allergici alle proteine oppure intolleranti al lattosio, che rappresenta il 98% degli zuccheri presenti nel latte.

«È un fatto – aggiunge l’allergologo – su cui c’è stato dibattito nel mondo scientifico. Ora però uno studio norvegese, appena uscito sul “World Allergy Organization Journal”, conferma con chiarezza che non esiste l’intolleranza alimentare al latte».

Il latte che beviamo da sempre è diventato negli ultimi anni il nemico numero uno della nostra salute.

Secondo l’americano Thomas Colin Campbell, autore di China Study, la bibbia dei vegani, al consumo di questo alimento è legato un rischio più alto di contrarre tumori.

Tesi contestata da molti nutrizionisti che denunciano: si tratta di conclusioni infondate.

Tornando sul piano nutrizionale, si può dire che i latti alternativi a quello classico possono essere ottimi prodotti da consumare, il latte di mandorla, per esempio, ha quantità di grassi leggermente superiore al latte scremato, ma sono grassi insaturi, buoni. Quello di soia è un buon prodotto che ha anche un discreto contenuto di proteine della soia. Tutte alternative valide, non necessariamente prodotti migliori.

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