MILANO – Il consumo domestico di caffè ha subito sempre più negli ultimi anni il fascino della praticità e velocità del sistema capsule. Il risultato in tazza con la cremina, con la strizzata d’occhio all’espresso del bar, in poche mosse nella propria cucina: un vantaggio incredibile che ha subito intaccato lo strapotere delle più vecchie moka e cuccuma tra i fornelli degli italiani.
Il monopolio delle capsule tra casa e ufficio ormai è innegabile. Nel 2016, secondo i dati diffusi da Life Pla4Coffee erano circa 10 i miliardi di capsule vendute nel mondo: una cifra che poi si traduce in un altro numero inquietante, ovvero quello dei rifiuti. Circa 120mila tonnellate, di cui 70mila solo in Europa. In Italia se nel 2016 parliamo di 12mila tonnellate, nel 2018 si è arrivati ai 15mila.
Questi stessi dati infatti, oggi sono aumentati ben del 20%. Qualcosa di preoccupante se viene considerato l’impatto ambientale di questi prodotti, che ancora non sono del tutto compostabili.
Non ultimo in questo senso, la denuncia dello stesso Ministero della Salute, rispetto a ben 9 tra i marchi più acquistati nella Gdo: 101 Caffè, Happy Belly e Solimo di Amazon; Bonini, Caffè Leoni, Conad, Caffè Consuelo; Meseta, Palombo e Fortissimo. A causa proprio di un difetto di produzione, determinate capsulesono finite negli stomaci di tanti consumatori italiani da gugno 2019 sino a oggi, momento di ritiro dagli scaffali della merce difettosa.
Capsule: facili, pratiche, ma a che prezzo?
È vero che la via verso la redenzione – o miglioramento – di questa soluzione casalinga esiste ed è percorribile.
Parliamo del futuro delle capsule in PLA acido polilattico e soprattutto in PLAC acido polilattico cristallizzato derivati da derrate vegetali a cominciare da mais e barbabietole. Oggi lo stato dell’arte per il settore
Al momento, rappresentano l’alternativa più sostenibile sul mercato. Ancora però poco realistico, a causa dei costi di produzione elevati, che rendono attualmente la capsula finale non particolarmente attraente per i portafogli di chi va al supermercato. E, per questo, molti produttori proseguono per la vecchia via.
Ci vorrebbe innanzitutto una maggiore comunicazione di queste sostanze, per avvicinare di più la sensibilità del consumatore ad una scelta diversa di fronte agli scaffali. Cos’è il Pla? In che modo può aiutare a rispettare l’ambiente?
Le capsule in PLA
Parliamo di una famiglia composta da polimeri commerciali o biopolimeri. Definibili in questo modo in quanto nati dall’uso di materie prime naturali e rinnovabili. Contenenti amidi come barbabietole, granoturco e altri vegetali. Sono del tutto biodegradabili e compostabili.
Prodotti a partire dallo zucchero ottenuto proprio dal trattamento dell’amido di partenza. Poi trasformato in acido lattico attraverso il processo di fermentazione. Proprio questo è l’elemento che costituisce il biopolimero, poi dimerizzato in lattide. Da questa fase di policondensazione, arriva infine il Pla usato per le capsule compostabili.
Come si può intuire da questa breve spiegazione, l’argomento è complesso e va approfondito. Il campo da esplorare è immenso e, portarlo a un prezzo che sia adatto alle esigenze di produttori e consumatori, sembra una sfida importante. Che le aziende dovrebbero cogliere nei prossimi anni.
Il caso particolare di Amburgo: scelta drastica: niente plastica e anche capsule negli uffici pubblici
Già nel 2016, Amburgo, grande porto d’ingresso del caffè in Europa, ha preso una posizione estrema rispetto al problema delle capsule. In attesa dell’ascesa della soluzione biodegradabile, l’amministrazione civica ha approvato una normativa decisamente tranchante: il divieto dal giorno alla notte, dell’uso delle capsule tradizionali per preparare il caffè negli uffici pubblici della città.
E le capsule non sono state le uniche bandite: vietate anche le bottiglie e i contenitori di plastica. Una situazione che è ancora in piedi oggi, ben spiegata nel documento «Guida per l’approvvigionamento verde»: 150 pagine per guidare i cittadini nell’acquisto.
L’uso delle capsule contro tendenza
Questo rispetto alla raccolta dati della Nielsen, che appunto già nel 2015 aveva registrato una diminuzione degli acquisti di caffè nella Gdo, già in atto dai 4 anni precedenti. L’eccezione infatti riguada proprio il monoporzionato: tra monodosi e compatibili, l’aumento è stato del 21,4% per il 2014.
Per quale motivo questo boom?
Gli ingredienti segreti delle capsule sono facilmente riconoscibili: praticità, l’aspetto simile al bar, la percezione dell’esclusività. Tutti questi aspetti sembrano giustificare il prezzo agli occhi del consumatore.
Questo porta a capire come nel 2016 in Italia, sono state ben 2,6 milioni le capsule acquistate. Un fenomeno definito negli Usa come «il cambiamento più dirompente degli ultimi 30 anni». Nel Bel Paese, le famiglie che usano questo prodotto è raddoppiato dal 2011 al 2014.
Penetrando il target delle famiglie under 35, nelle coppie senza figli e tra i single.
La rivoluzione dell’online
E’ vero anche che un’altra attrattiva delle capsule è il fatto di esser facilmente acquistabili tramite e-commerce. Un trend che sempre più è apprezzato dai consumatori, che si rivolgono spesso e volentieri ai colossi come Amazon ma anche ai piccoli rivenditori presenti sul web.
Il dominio di Nespresso
Ancora in Italia, per più di trentanni il predominio anche grazie al lavoro di pubblicità massiccio, ha portato Nespresso nelle case di tutti. L’inventore del sistema capsule è stato subito seguito dai competitor che però sono stati rallentati dalla risposta di Nestlé con la sua macchina incompatibile con le altre marche. Ma la minaccia di agire legalmente sui brevetti è passata e oggi, l’apertura del settore è maggiore.
Lavazza e la capsula compostabile in Mater-Bi
Il problema dello smaltimento delle capsule usate è molto forte, a causa dell’alluminio e la plastica che ne impediscono il riciclo nell’umido. Al di là delle soluzioni creative che vedono le capsule trasformarsi in bigiotteria di vario tipo, le aziende devono trovare un’alternativa concreta a questa caratteristica.
In questo senso è bene ricordare l’azione congiunta di Lavazza e Novamont nel 2015, in concomitanza di Expo Milano. Insieme hanno lanciato per l’occasione la capsula compostabile al 100% in Mater-Bi. Ovvero la bio-plastica con elevata percentuale di rinnovabilità, frutto di 5 anni di ricerca. Resistente a una pressione di 8 atmosfere e a 90 gradi di temperatura.
Ma anche Nespresso non si è tirata indietro
Infatti, già da 20 anni l’azienda ha messo in atto un programma in Svizzera che garantisce di arrivare al 99% dei clienti per il riciclo delle capsule. Messi a disposizione 2.600 punti vendita per la raccolta.
In Italia anche illy ha voluto metter al primo posto la sostenibilità, permettendo all’interno di molti store le reverse vending machine. Grazie alle quali i consumatori possono buttare le capsule esauste assieme ai barattoli, che poi verranno smaltiti. La sperimentazione di illy poi procede verso modelli di macchine che triturino le capsule per separare caffè e plastica. Anche Caffè Vergnano fa la sua parte, utilizzando le capsule Fap, ovvero a basso impatto ambientale perché composte da una plastica che degrada in qualsiasi condizione di smaltimento.
Il design per le capsule green
Dalla Svizzera poi è da segnalare un’altra soluzione: la capsule che ha vinto più premi in acciaio inox, creata dal designer Erwin Meier nel 2012. Un’innovazione che è riempibile in autonomia, utilizzabile all’infinito al posto delle cialde monouso. La sua composizione di due parti separabili, è in grado di sopportare sino a 18 atmosfere di pressione, ricordand le classiche caffettiere.
Il costo è vantaggioso, ma soprattutto ha la prerogativa di essere ecologica non dovendo esser smaltita in alcun modo.
Anche la proposta di Eason Chow, da Singapore, ha dato vita a un involucro di zucchero. Grazie al progetto Droops, ora esiste una cialda che non produce rifiuti.
Nel futuro delle capsule c’è l’Italia
Il gruppo di ricerca che si è impegnata dal 2016 in poi a portare avanti lo studio di capsule di caffè compostabili è completamente italiano. Il programma Life Pla4coffee riguarda proprio l’uso dell’acido polilattico in sostituzione di PE, PET e alluminio. Capitano del team, l’impresa bolognese di imballaggi assieme all’Università di Tor Vergata. E un’azienda chimica vicentina con il Centro regionale di competenza nuove tecnologie per le attività produttive di Napoli.
L’obiettivo lo ha ben speigato Mario Maggiani, direttore generale di Assocomaplast: «La capsula è un prodotto banale all’apparenza ma che deve avere caratteristiche molto specifiche perché è un packaging rigido a contatto con alimenti, deve resistere ad alte temperature, deve avere un design gradevole, costi accettabili e possibilmente essere compostabile»