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sabato 02 Novembre 2024
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CAPSULE AMARE PER NESPRESSO – TRA SENTENZE CONTRO, CONCORRENZA E CLOONEY CHE SI FIDANZA, IL COLOSSO SVIZZERO NON SE LA PASSA BENE – IN GB PRONTE LE CAPSULE RIVALI “CAFEPOD” MENTRE IN GERMANIA SI FONDONO DUE GRUPPI – GLI ANALISTI: I PREZZI SALIRANNO E IL CAFFE SARÀ UN BENE DI LUSSO

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Ma l’attacco frontale a Nespresso è arrivato soprattutto dalla Germania: il 7 maggio infatti è stata annunciata la fusione tra due gruppi che creeranno il primo colosso del settore. L’americana Mondelez International si è fusa con la tedesca D.E. Master Blenders…

di Michele Masneri*

MILANO – Non è un bel momento per Nespresso, il colosso svizzero del caffè che recentemente ha dovuto subire un paio di sentenze che scardinano il suo monopolio delle capsule, oltre al fidanzamento di George Clooney che forse toglie appeal al suo marchio fortemente improntato all’immagine celibe del maschio.

Prima infatti era arrivata la sentenza in Italia del tribunale di Torino che dava ragione ai piccoli concorrenti del caffè Vergnano, autorizzati a produrre capsule compatibili, e sottoposti, secondo sentenza, a “comportamenti denigratori” da parte della Nestlé, capogruppo del Nespresso.

Poi, in Francia, una sentenza dell’Antitrust ha dato tempo fino al 19 maggio al gruppo Nestlé titolare del marchio di aprire il suo mercato alle capsule rivali, uscendo così dal monopolio. A denunciare il colosso svizzero è stato in particolare Jean-Paul Gaillard, già inventore nel 1976 del sistema a capsule, alle dipendenze Nestlé, poi evidentemente pentito e oggi alla guida di una Ethical Coffee Company, una specie di lista Tsipras anti-Nespresso, che predica la riciclabilità della capsula e il Volluto come male assoluto.

Poi, la notizia delle nozze future di Clooney con l’avvocatessa libanese Amal Alamuddin; e le voci di una sostituzione in corso dell’attore, che da otto anni è testimonial del gruppo, con altre star più fresche (e le parodie, sui giornali libanesi, di un Clooney testimonial di marchi locali, come il caffè Najjar, e slogan: “Najjar, what else”).

Più pericolose, le invasioni di campo di altri gruppi decisi a sbarcare in un monopolio che vede il prezzo delle capsule superiore di circa 5 volte a quello del macinato, e con un mercato che a livello europeo, e nonostante la crisi, secondo i dati Euromonitor è arrivato a valere 4 miliardi di euro, raddoppiando negli ultimi due anni, mentre a livello globale ha raggiunto quota 10 miliardi di euro.

Di questo mercato, Nespresso è stato e continua a essere leader incontrastato, con un fatturato di 3,6 miliardi di euro annui, e margini da sogno – il gruppo Nestlé non rilascia dati separati per il suo marchio, ma il Financial Times calcola un 30 per cento di guadagno su ogni capsula venduta. Logico quindi che i concorrenti si stiano attrezzando.

In Gran Bretagna il colosso della grande distribuzione Tesco ha lanciato la sua linea di capsule CafePod che verranno vendute nei 650 punti vendita della sua catena; e sempre a Londra un tribunale ha recentemente dato ragione a Dualit, costruttore di macchine per cucina fighette – dunque stesso target di Nespresso – che si è lanciato sul mercato delle capsule, e con cui il marchio svizzero era in causa.

Ma l’attacco frontale a Nespresso è arrivato soprattutto dalla Germania: il 7 maggio infatti è stata annunciata la fusione tra due gruppi semisconosciuti ma che creeranno il primo colosso del settore. L’americana Mondelez International si è fusa con la tedesca D.E. Master Blenders: nomi sconosciuti ai più, appunto.

Anche se Mondelez è il numero due mondiale del settore, mentre Master Blenders è il primo produttore tedesco e il terzo mondiale. I due genereranno il primo gruppo globale nella torrefazione del caffè, che sarà a trazione tedesca. Master Blenders infatti, che avrà il 51 per cento della società, appartiene alla famiglia Reimann: la famiglia più ricca di Germania, anche se appartatissima e sconosciuta alle cronache.

I quattro fratelli Reimann, tutti adottati, e capeggiati da Renate, sessantuno anni, controllano una quota importante nell’azienda chimica di famiglia fondata dal bisnonno, la Reckitt Benckiser, che produce marchi come le creme per i brufoli Clearasil, il Finish per la lavastoviglie, le sottosuole del dr. Scholl, i preservativi Durex, il Gaviscon per il mal di pancia, l’anticalcare Calgon per citare solo i più famosi.

Negli anni i Reimann, alla ricerca di settori in cui investire, hanno acquistato Coty, colosso che produce i profumi per i maggiori marchi internazionali, tra cui Calvin Klein, e poi il marchio delle scarpe di lusso Jimmy Choo, e quello svizzero della pelletteria Bally. Fino a due anni fa i Reimann volevano infatti creare un grande polo del lusso tipo la LVMH di Bernard Arnault; provarono anche ad acquistare i profumi della Avon, ma la scalata non andò in porto.

Adesso ci riprovano col caffè, complice anche l’impennata dei prezzi senza precedenti: quelli dell’arabica sono infatti saliti dell’81 per cento nei primi quattro mesi dell’anno, e la eccezionale siccità in Brasile, primo produttore mondiale, rischia di farli salire ulteriormente nei prossimi mesi.

Il caffè diventerà bene di lusso, avvertono gli analisti di materie prime, e così i Reimann si sono messi in testa di sfidare gli svizzeri del Nespresso: il conglomerato che nascerà dalla fusione avrà un fatturato di 5 miliardi di euro (e in Italia porterà in dote i marchi Splendid e Hag), e soprattutto è pronto a inondare il mondo di capsule: Mondelez l’anno scorso ha lanciato infatti una sua linea molto simile a quella svizzera, e che sembra anche sfottere un po’ l’onomastica stravagante Nespresso.

A fronte di macchine che si chiamano Inissia, e qualità dai nomi bizzarri (Volluto) o di un treno ad alta frequentazione (Vivalto) almeno per noi italiani, il sistema “fine di mondo” di Mondelez si prepara a sfidare i concorrenti con un prodotto che si chiama giustamente Tassimo. I tedeschi su Tassimo ci contano molto, grazie anche alla partnership con Bosch che ci mette le macchine, e ad accordi con Milka e con Twinings per produrre non solo caffè ma anche cioccolate calde e tè.

Fonte: Il Foglio

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