domenica 22 Dicembre 2024
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CAPROTTI (ESSELUNGA) – “La mia vita da droghiere”

Caprotti: "La mia vita da droghiere, niente pace con i figli, per anni ho combattuto la politica e i sindacati". Le confessioni del numero uno del gruppo Esselunga (7 miliardi di ricavi): voglio continuare a investire ma il Paese deve scardinare la burocrazia e il premier non può fare tutto da solo

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di FRANCO VANNI

MILANO – Bernardo Caprotti ha 89 anni e una chiavetta usb nella tasca della giacca. “È sempre con me, è magica, dentro c’è tutto quello che mi serve”. Aspettando di parlare al circolo della Stampa, invitato dal Rotary Club Milano di cui è socio, si siede nella penombra, al tavolo d’angolo del bar chiuso.

Sulle ginocchia ha un sacchetto giallo Esselunga. “È la mia ventiquattrore, non è una busta normale, l’ho fatta fare con plastica più pesante, più ricca”.

Cosa c’è dentro?
“Le schede di presentazione di una ricerca in cui credo molto. Sono qui per presentarla. Per resuscitare la Pianura padana e l’Italia bisogna investire nell’aeroporto di Montichiari nel Bresciano. È vicino ai maggiori distretti economici del Paese, o a quello che ne resta. Vorrei dirlo a Renzi”.

E perché non glielo dice?
“Il premier non ha tempo per incontrare un droghiere come me. Lunedì inaugura una scuola, martedì una fiera, mercoledì fa un annuncio. Ma deve stare attento: la settimana è corta, e nei giorni che restano è difficile risollevare un Paese al disastro”.

Lei, pur senza cariche formali in Esselunga, è a capo di un gruppo con 20mila dipendenti e 7 miliardi di fatturato. Cosa pensa della politica economica del governo?
“Per ora ho visto poco. Renzi è intelligente ed è stato un buon sindaco. Non deve fare l’errore di Berlusconi, uomo leale e generoso, che si è illuso di potere cambiare il Paese solo con la propria forza di volontà. A livello di intenzioni, mi piace quello che Renzi sta cercando di fare sul lavoro”.

L’articolo 18 va abolito?
“L’articolo 18 è una piccola parte del problema, ne faccia ciò che vuole. L’importante è scardinare davvero la morsa di burocrazia, divieti e resistenze sindacali che strangola le imprese”.

Eppure da settant’anni lei investe e guadagna in Italia, non altrove.
“Vengo da una famiglia di gente nata qui. E altro non so fare. Eppure, non mi arrendo alla più grande delle assurdità: viviamo nell’unico Paese in cui un’azienda non può scegliere i propri collaboratori “.

Di collaboratori lei ne ha cacciati parecchi.
“Non quelli bravi. Nemmeno uno. Aldo Botta, direttore della rete di vendita, lavora con me da quarantotto anni. Giovanni Maggioni, vicepresidente, ha cominciato a 18 anni e oggi ne ha 70. Abbiamo rapporti familiari, nel vero senso del termine”.

Lei è in attesa che la Cassazione si pronunci sulla contesa per la proprietà di Esselunga che la oppone ai suoi figli. Che rapporto ha con loro?
“Non ho rapporti e non mi illudo di recuperarli a breve. La mia famiglia oggi sono le persone con cui lavoro da una vita. E sopra a tutto c’è mia moglie, al mio fianco in ogni battaglia, compresa questa sugli aeroporti”.

Davvero pensa che la rivoluzione del sistema aeroportuale del Nord possa rilanciare il Paese?
“Sarebbe un passo avanti. Malpensa mangia soldi e basta. Chi dovrebbe spendersi per investire su altri scali lombardi è la Lega. Ma prima Bossi e poi Maroni hanno creato un grumo di potere a Varese, loro città. La responsabilità è anche dei primi promotori di Malpensa: il ministro Burlando e il mio amico Bersani”.

Lei, nemico giurato delle Coop rosse emiliane, è amico di Pierluigi Bersani?
“Molto. Ha provato a fare le liberalizzazioni. Sono andato a trovarlo quando è stato male. Ha ammesso di avere sbagliato su Malpensa. Riconosce che oggi quello scalo è ottimo per chi abita a Stresa, sul lago Maggiore, o nel Canton Vallese in Svizzera. Non si dica però che è un aeroporto milanese “.

Come vede oggi la sua Milano?
“Non mi sembra che in città succeda nulla di interessante”.

Ci sarà Expo 2015 sul tema dell’alimentazione, ed Esselunga deve all’alimentare l’80 per cento del fatturato.
“Davvero? A noi nessuno ha detto nulla. Chi organizza l’esposizione è interessato a Eataly. Loro sono alla moda, noi siamo antichi. Pretendiamo di vendere l’alta qualità insieme a prodotti di primo prezzo più economici rispetto a quelli dei discount”.

Ha mai più incontrato Marco Brunelli, un tempo suo socio, poi fondatore di Gs e suo storico rivale?
“Non lo vedo da anni. Una volta ci hanno convocati per venderci Standa, ma nessuno dei due era interessato. Ormai siamo vecchi e malandati. Parleremmo del più e del meno, se ci incontrassimo. Solo che è difficile, visto che lui sta a Montecarlo mentre io, nonostante tutto, preferisco stare qui”.

Le piace il sindaco Giuliano Pisapia?
“Non ho mai avuto il piacere di conoscerlo. Mi piace la sua vice, Ada Lucia De Cesaris. È brava e competente, potrebbe essere un buon primo cittadino”.

E Maurizio Lupi, per il centrodestra?
“È un’altra ipotesi valida. Se la Lega lo appoggia, forse può farcela. Abbiamo un buon rapporto, ma come ministro dei Trasporti deve ancora cominciare a fare ciò che serve. Ossia affrontare il tema degli aeroporti. A proposito: sa cosa mi ha raccontato un compagno di caccia?”.

Lei a quasi 90 anni va a caccia?
“Ormai faccio finta. Passeggio nel Monferrato e ogni tanto sparo. Comunque: un mio socio di caccia mi ha raccontato che per volare da Milano a Buenos Aires ha preferito come scalo Francoforte a Roma. Non Madrid, che avrebbe un senso: Francoforte! A Malpensa, intanto, i giapponesi appena atterrati da Tokio devono avere pronta in tasca una moneta da un euro per prendere il carrello delle valigie”.

Come all’Esselunga.
“Esatto! Solo che di solito da noi non atterrano in corsia voli internazionali. Oggi il Nord Italia è isolato dal mondo. Riesce a viaggiare solo chi parte con lo zaino per le vacanze e può permettersi di perdere due giorni per attraversare l’oceano. Un territorio così maltrattato non ha futuro”.

E per la sua azienda, che futuro immagina?
“Non posso permettermi il lusso di immaginare. Devo muovermi, ogni giorno. Con i tempi della burocrazia italiana, devo progettare adesso i negozi del 2050. A 89 anni devo pensare come un giovane. Anzi, posso chiederle una cosa? ”

Prego.
“Facciamo un selfie insieme?”.

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