domenica 22 Dicembre 2024
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Caffetteria Canterino in difesa dell’espresso: “Il nostro, costa un euro e 40 già da due anni”

Canterino non ha molti dubbi: "Siamo pronti, nel senso che non ci si può più nascondere. Abbiamo imparato con la pandemia, anche attraverso certi esperimenti, che tutto si deve basare su un progetto. Non si può più tirare a campare. Bisogna andare in una direzione diversa. Questo periodo ci ha insegnato che alcuni grossi errori, come per esempio quelli fatti sulla gestione del personale, non vanno più sottovalutati."

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BIELLA – Tra le attività che si sono distinte nell’ultima edizione del premio bar dell’anno, tre chicchi e tre tazzine sono state confermate dal Caffè Canterino di Biella: un luogo che si riconferma anche dopo la pandemia, come consacrato alla cura dei prodotti serviti ai consumatori. La qualità della loro offerta, chiaramente, va di pari passo con il prezzo: diciamolo subito, l’espresso a un euro non è di casa in questa caffetteria. Abbiamo quindi voluto parlare con Pietro Canterino di questa filosofia, di questa missione, insomma, del caldissimo tema del prezzo della tazzina.

Canterino, perché il prezzo di un euro per l’espresso non può più esistere?

“Sul fatto che si associ un bene di prima necessità, un simbolo della cultura italiana a un prezzo così basso, mi pronuncio definendola quasi come una malattia tutta italiana, che però in quanto tale, non ha più ragione di esistere. I motivi sono tanti, alcuni banali: l’espresso deve poter coprire tutti i costi fissi che spettano a un barista e imprenditore, in primis quelli della materia prima, e deve rispondere anche a determinate necessità di guadagno. Questo non è un sentimento del proprietario del bar, ma di chiunque voglia portare a casa uno stipendio.

Questa è la prima cosa che chiedo per far riflettere, quando mi chiedono il perché del prezzo della tazzina più alto: come può un espresso costare un euro indistintamente, sia nel caso in cui si vada in un bar dove il caffè viene acquistato a 3 euro al chilo e arriva da un container proveniente da un luogo sperduto, sia entrando nel locale in cui viene preparata una miscela ad hoc selezionata, che magari costa 25 euro al chilo?

Non può esserci un’uniformità di prezzo di vendita tra due proposte così diverse. Bisogna comunicarlo. Il ruolo di quei bar che riescono a ottenere i tanto agognati tre chicchi e tre tazzine è quello di far aprire gli occhi al consumatore finale: non si può generalizzare il prezzo di un prodotto popolare.

Certo, non è facile aprire al mattino il proprio bar e far entrare una persona che non conosce la storia del locale, del prodotto, dei premi conquistati, che si aspetta di pagare un euro e invece si ritrova a pagare il doppio. – continua Canterino – Sono istintivamente ottimista e questa sfida non mi disturba più: amo la nostra clientela perché nel tempo siamo riusciti a comunicare questi concetti, anche remando contro un certo tipo di informazione che vuole fare polemica a tutti i costi.

L’offerta esiste per tutti: posso bere un buon calice di vino e spendere un tot, oppure un’alternativa a un costo più basso. È questione di scelte. È vero anche che la zappa sui piedi ce la siamo tirati un po’ addosso noi stessi operatori, perché per troppo tempo, (e la situazione è peggiorata con la liberalizzazione delle licenze), il mestiere del barista è stato improvvisato. Ora il consumatore deve saper riconoscere la qualità.

E la qualità ha dei costi che devono esser coerenti. Chi fa il furbo, non ha vita lunga anche nel nostro campo. Chi è onesto deve proporre i prezzi adeguati, anche attirandosi qualche critica. Certe materie prime si pagano.

Oggi tutto è diventato raggiungibile per tutti, ma fare ristorazione e horeca è un lusso sia per chi lo fa, sia per chi consuma. Nel futuro forse, consumare la tazzina, non sarà più visto come gesto abitudinario, ma come ricerca di un’esperienza e di piacere. Il caffè diventerà un prodotto di lusso, non più mainstream.”

Ora siamo pronti al cambio di prezzo?

Canterino non ha molti dubbi: “Siamo pronti, nel senso che non ci si può più nascondere. Abbiamo imparato con la pandemia, anche attraverso certi esperimenti, che tutto si deve basare su un progetto. Non si può più tirare a campare. Bisogna andare in una direzione diversa. Questo periodo ci ha insegnato che alcuni grossi errori, come per esempio quelli fatti sulla gestione del personale, non vanno più sottovalutati.

L’offerta dentro la caffetteria da tre chicchi, tre tazzine, di Biella

Preferisco pensare che un domani compreremo il caffè al giusto prezzo per dare da mangiare al personale che va pagato in maniera adeguata. Non può più reggersi questa situazione, anche se è difficile da scardinare.”

Canterino, secondo lei la nuova tendenza del caffè di alta qualità, dei monorigine e degli specialty sta influenzando questo costo fisso?

“Le nuove generazioni, ovvero i ragazzi nati dagli anni ’90 in poi, hanno una cultura legata ai prodotti molto differente da quelle che le hanno precedute. Questo sta aiutando a ricalibrare le cose. Ben vengano quindi gli specialty, perché hanno coinvolto il pianeta del caffè dicendo delle cose che valorizzano anche l’espresso. Sono mode, ma sono fondate e radicate nel Nord Europa: aiutano tutto il movimento a impreziosire una bevanda finita ai piani bassi.”

Da voi quanto costa l’espresso e che miscele o monorigini usate?

“In alcuni periodi dell’anno proponiamo delle monocultivar, dei caffè particolari. La tazzina che somministriamo sempre invece, è un mix di 100% Arabica che facciamo noi, per mantenere un concetto di produzione, di prezzo e di qualità sempre costante. Ogni sei mesi compriamo i lotti di crudo e li facciamo tostare da una nostra azienda locale, per garantire il prodotto così come lo vogliamo noi. Sempre valutando l’incostanza del mercato. È un’esperienza che abbiamo acquisito nel tempo, proprio per distaccarci già trent’anni fa dal discorso di una tazzina senz’anima. Il nostro espresso costa un euro e 40 già da due anni.”

E ora con gli effetti della pandemia, la carenza di materia prima, i prezzi che si crescono all’infinito, che cosa è necessario fare dentro i bar?

Il caffè nel locale Canterino, è una cosa seria

“Cerchiamo di educare il cliente sul fatto che il prodotto ha un’anima e quindi è influenzato da tanti fattori. Voglio proporre una bevanda di un certo livello e il cliente lo deve comprendere. Si tenta prima di tutto di fare informazione: molti lo capiscono e con chi non lo fa… porteremo pazienza. Gli eventi glielo faranno capire col tempo.

Un prodotto può cambiare la sua storia, ma non la sua qualità. Quindi, invece di prendere l’espresso come medicina di corsa, si comincerà a scegliere di andare a prenderlo con calma il fine settimana. Bere il caffè non è più come fumarsi una sigaretta. E questo cambiamento non è negativo: spostarsi dall’euro dà il giusto valore alla tazzina e in questo processo, la comunicazione è importantissima.

Noi ci siamo arrivati gradualmente, anche se dagli ultimi 11 anni abbiamo scelto di aumentare il prezzo periodicamente, inseguendo un certo tipo di materia prima, senza scendere a compromessi. Avremmo potuto anche noi trovare delle scorciatoie. Ovviamente non si può aumentare il prezzo ogni 15 giorni, ma quando si percepisce che la materia prima ha innescato quel meccanismo, bisogna continuare su quella via.

Il fatto che ci sia la polemica, non toglie comunque il buon umore a chi vuole servire la qualità. In realtà poi, la percezione che ha chi viene da altre nazioni dei nostri prodotti, è molto elevata. Non è praticamente quasi mai motivo di scandalo, pagare il caffè 5 euro in Piazza San Marco. Noi italiani siamo fatti così.”

Quanti macinadosatori utilizzate da Canterino? Quale macchina per espresso avete scelto?

“La macchina per espresso non appartiene a una marca precisa. Un ingegnere che all’epoca lavorava per la Lavazza, ha incontrato mio padre, e ci ha fatto una macchina quasi su misura. I macinadosatori sono due, elettronici per 4 tipi di caffè. Devo dire che la manutenzione in effetti è un problema in termini di tempo, ma fa parte della volontà di proporre un certo tipo di prodotto di qualità elevata.

Ci si impiega anche più di 40 minuti per pulire e anche sostituire alcuni pezzi. Abbiamo cercato per quanto possibile, di avere dei collaboratori validi che periodicamente se ne occupano, quando i flussi sono troppo grossi da gestire noi da soli.”

La questione del personale:

Canterino ha provato a farsi un’idea: “La faccenda è molto delicata e ancora non ho ben capito per quale avvenimento preciso questo fenomeno abbia subito un’accelerazione così repentina. Resta comunque un dato di fatto che ci sia mancanza di personale specializzato, ma è un problema che esiste da un po’ di tempo.

Faccio alcune considerazioni: di sicuro c’è stato un momento in cui ci si è approfittati degli stagionali. Nel momento in cui lo Stato ha dato alcuni criteri di assistenza a queste persone, diventava insensato accettare un lavoro sottopagato, quando c’era l’ammortizzatore statale. Gli stagionali preferiscono prendere il reddito di cittadinanza che esser sfruttati.

Questo è legato a una politica del prezzo ancora una volta: per tenere basso il costo del prodotto, spesso si paga poco il personale. Ora i nodi vengono al pettine. In realtà, prima della pandemia si assisteva a un fioriere di scuole pubbliche e private, dove tanti ragazzi studiano la cucina, la pasticceria, la panificazione. Quindi gli addetti non mancano: è solo che non sono più disposti a fare quel tipo di gavetta. Perché? Non è solo questione di mancanza di voglia di mettersi in gioco: si è sbagliato in precedenza a creare delle condizioni di cattiva retribuzione.

È un argomento che va a braccetto con i costi a livello europeo e globale: se io invece di assumere un ragazzo italiano, ne assumo uno dalla Romania che prende la metà così da mantenere l’espresso a un euro, contribuisco a mantenere attiva una spirale difficile da interrompere.

Noi abbiamo diversi dipendenti, prima anche tanti. I problemi di un’azienda che assume personale sono da sempre gli stessi. In questo periodo poi, ci sono situazioni particolari che rendono difficile fare il nostro mestiere senza considerare degli eventuali aumenti di prezzi di vendita. Il personale è uno di questi. E non è tanto differente in altri Paesi: è molto comune invece, quindi bisogna iniziare a difendere certi principi.”

Conclude Pietro Canterino:

“Penso che sia evidente, è stato detto, che quando ci sono periodi di crisi economica, necessariamente si cerca di sfruttare situazioni nuove. Il sentimento di chi ha un’attività è quello di cogliere l’occasione per fare cose diverse. Spesso si hanno delle gratificazioni inaspettate. Il momento critico obbliga a fare degli esperimenti e spesso crea nuove opportunità non solo economiche ma anche di esperienza. Nel nostro settore è ancora più vero: la gente ha bisogni nuovi.

Io sto assistendo al fatto che la voglia di andare al cinema ora non c’è più ed ecco che nascono soluzioni diverse: acquistare lo spettacolo, l’evento sportivo attraverso le tecnologie. Non si rinuncia al consumo, ma si trasforma il modo di fruizione. E questo
credo sia una cosa bella per chiunque abbia già qualche anno alle spalle: si rinasce. Una bella sensazione, nonostante tutto.

Nelle prime edizioni del premio del Gambero Rosso è stata una grande fatica conquistare i tre chicchi e le tre tazzine, uno sforzo che andava rinnovato negli anni. In questo ultimo periodo ho visto con gli altri colleghi, diventa quasi un’esigenza obbligata controllare cosa è successo nella regione di riferimento. E ho notato che comunque, fare bene, consente di alzare il prezzo, ma è una scelta legata alla natura di chi porta avanti questo tipo di filosofia.”

Caffè Canterino,
Via F.lli Rosselli 102 13900 Biella, Piemonte

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