ROMA – “Portinari, la mano senza fine” è questo il titolo della mostra individuale di Candido Portinari (1903-1962), uno dei nomi più importanti dell’arte moderna brasiliana del XX secolo, che si potrà visitare a Roma fino al 22 aprile, con entrata gratuita dal martedì al sabato (dalle ore 10.00 alle ore 18.00).
È la prima volta in assoluto che la capitale italiana e la Galleria del Palazzo Pamphili di piazza Navona, storica sede dell’Ambasciata del Brasile in Italia, ospitano una mostra individuale di Candido Portinari.
Le 26 opere esposte fanno parte della Collezione del Museu Nacional de Belas Artes di Rio de Janeiro (MNBA) che, insieme al Ministero della Cultura (MinC) e al Ministero degli Esteri (MRE), ha organizzato la mostra ospitata proprio nella Galleria che dal 1962 porta il nome del grande artista.
L’esposizione è stata inaugurata da S.E. Antonio de Aguiar Patriota, Ambasciatore del Brasile in Italia, il quale ha affermato: “È con grande piacere e orgoglio che presentiamo le opere di un artista che, con le sue mani senza fine ha lasciato una produzione di grande risonanza umana e universale, in linea con la sua doppia identità, brasiliana e italiana”.
Infatti Candido Portinari era figlio di emigranti italiani che varcarono l’oceano alla ricerca di una vita migliore.
Secondo Mônica Xexéo, direttrice del Museu Nacional de Belas Artes di Rio de Janeiro, anch’essa presente all’inaugurazione della mostra romana, l’obiettivo era trasportare nella capitale italiana una parte significativa dell’ opera di Portinari, dagli anni 30 fino agli anni ’60: “La scelta di Portinari è importante, è uno dei maggiori artisti brasiliani del secolo passato, riconosciuto internazionalmente. Roma non aveva mai ricevuto finora una esposizione dedicata solo a lui.
Così abbiamo incluso opere emblematiche come O Café (1935), un quadro fondamentale sul realismo sociale” (FOTO).
Nel 1935 il dipinto O Café venne premiato dal Carnegie Museum of Art di Pittsburgh, negli Stati Uniti, e Portinari fu il primo modernista brasiliano ad avere un riconoscimento internazionale.
O Café è di particolare importanza nella storia dei rapporti tra Italia e Brasile e nella biografia dello stesso Portinari, ma tutti i dipinti ad olio e i disegni esposti raccontano il suo percorso formativo.
Si tratta di illustrazioni per alcuni libri di scrittori brasiliani famosi quali Machado de Assis e José Lins do Rêgo. Bozzetti, oltre a disegni preparatori per murales, come i celebri pannelli “Guerra e Pace”, nel salone d’accesso alla Sala dell’Assemblea Generale dell’ONU a New York.
Candido Torquato Portinari nacque in Brasile il 29 dicembre del 1903 nella fazenda Santa Rosa. I suoi genitori, Domenica Torquato e Giovan Battista Portinari, erano italiani.
Emigrarono da Chiampo, in Veneto, per raggiungere Brodowski, nello stato brasiliano di San Paolo. Candido era secondogenito di dodici figli e mostrò la sua vocazione artistica fin da piccolo, quando aiutò a decorare la chiesa della cittadina. Nel 1918 si trasferì a Rio de Janeiro.
Nella Scuola Nazionale di Belle Arti studiò pittura e disegno con artisti brasiliani come Lucilio Albuquerque e Baptista da Costa. Nel 1928 ricevette dal Salone Nazionale di Belle Arti un viaggio premio all’estero per l’opera “Ritratto di Olegário Mariano”, che pure sarà presente nella mostra romana.
Portinari viaggiò in diversi paesi europei, conobbe i capolavori di Giotto e le opere del maestro del Rinascimento Piero della Francesca. Conobbe i grandi pittori che in quel periodo animavano la scena europea come Matisse, Modigliani, De Chirico e Picasso. Rientrò in Brasile nel 1931.
La sua ricerca pittorica derivava daí modernisti, si ispirava al Cubismo e al Surrealismo, ma non si allontanò mai dalla concezione di un’arte brasiliana. Le sue opere, dominate da tinte scure e terrose, spaziano su ricordi di infanzia, la povertà, il popolo brasiliano.
Nel 1936, su invito dell’allora ministro brasiliano Rodrigo de Melo Franco, iniziò una serie di pannelli murali che illustrano i cicli economici del Brasile: pau-brasil, canna da zucchero, bestiame, estrazione mineraria, tabacco, cotone, erba mate, caffè, cacao, ferro, cera carnauba e gomma da allestire nel palazzo del Ministero dell’Educazione e Cultura del Brasile (MEC), importante testimonianza dell’architettura modernista a Rio de Janeiro.
In questo lavoro, Portinari utilizzò i concetti propri della poetica del Rinascimento italiano. La sua ammirazione per l’opera di Piero della Francesca può essere osservata nei gesti fissi dei personaggi e nello sviluppo della figura in diversi momenti del lavoro. I murales sono stati un omaggio ai lavoratori, in particolare a quelli rurali.
Oltre ai pannelli, eseguì anche un progetto su piastrelle unendo motivi brasiliani della tradizione portoghese. Il suo avvicinamento alle tematiche sociali lo indusse a far parte del Partito Comunista Brasiliano, candidandosi prima a deputato nel 1945 e poi al Senato nel 1947, senza però essere eletto.
A causa della situazione politica in Brasile, andò in esilio con la sua famiglia in Uruguay, dove nel 1948, eseguì il capolavoro “Prima Messa in Brasile”.
Durante gli anni ‘50 il governo brasiliano indicò il nome di Portinari al segretario generale delle Nazioni Unite per eseguire i due grandi pannelli “Guerra e Pace” nella sede dell’organizzazione a New York.
Per queste opere Portinari ricevette il Premio Guggenheim e si affermò come uno dei più importanti artisti brasiliani della storia.
Oltre alle opere monumentali e ai dipinti, Portinari venne invitato da intellettuali, editori e scrittori brasiliani ad illustrare alcune opere letterarie, come “Memorie postume di Brás Cubas” e “L’Alienista”, di Machado de Assis (1839-1908) e l’edizione brasiliana di “Don Chisciotte della Mancia”, di Miguel de Cervantes.
Non ritrasse mai il carattere provinciale del Brasile, né il brasiliano idealizzato.
“Era un uomo plurale e umanista. La nostra intenzione è proprio quella di ritrattare la brasilianità di un grande artista che mostrò i vari aspetti del Paese” conclude la direttrice Mônica Xexéo. Candido Portinari amava la pittura e attraverso di essa si rese testimone del suo mondo, la sua infanzia, i suoi ricordi, immersi nella società brasiliana dell’epoca.
Nonostante i medici gli avessero proibito di dipingere, lui continuò sempre a dipingere con passione.
Morì a soli 59 anni il 6 febbraio 1962 a Rio de Janeiro, intossicato dal piombo dei colori che utilizzava per dipingere.
Ha lasciato in eredità una ricca produzione artistica dalle caratteristiche moderne, ma soprattutto nazionali, che oggi vengono ammirate in varie parti del mondo.