MILANO – Per il Camerun, il 2013/14 è stato un’altra annata deludente, in cui l’auspicata ripresa produttiva si è materializzata solo in minima parte.
Secondo l’Ico, il raccolto di quest’anno è risalito a 400.000 sacchi, in parziale recupero rispetto al minimo storico di 366.000 sacchi del 2012/13. Meno di un quarto dei volumi prodotti ai tempi d’oro. E meno della metà rispetto a quanto il paese africano riusciva a raccogliere ancora nei tardi anni zero.
Produttori, commercianti, esportatori, organizzazioni di settore sono tutti concordi nel puntare l’indice accusatore contro le politiche governative degli ultimi decenni, che avrebbero contribuito in modo determinate alla decadenza del comparto.
“Il settore del caffè è in un pessimo stato di salute” osservava di recente in un’intervista a VOA il segretario esecutivo del Consiglio interprofessionale del cacao e del caffè (Cicc) Omer Gatien Maledy.
“La produzione è ai livelli più bassi dagli anni cinquanta, quando la coltura del caffè venne introdotta nel nostro paese. Certamente ci sono stati anni migliori. Nel 1990, ad esempio, l’export raggiunse le 156.000 tonnellate: la migliore performance di sempre per la nostra filiera”. All’epoca, il Camerun era il 12° produttore mondiale di caffè. Oggi non rientra nemmeno tra i primi trenta.
Tra gli anni settanta e i primi anni novanta, i grandi produttori locali erano tra le famiglie più ricche del paese. Oggi la coltura del caffè non sembra interessare più nessuno. Tanto che i cali produttivi degli ultimi anni sono passati quasi inosservati.
“Molte piantagioni versano ormai in stato di totale abbandono, poiché le vie di accesso non sono più praticabili” spiega l’esportatore Ngewou Thomas, che opera nella città coloniale di Nkongsamba, nota un tempo come la capitale camerunese del caffè. “Spesso, i suoli sono ormai esauriti: i vecchi proprietari sono morti e gli eredi hanno preferito vendere o affittare i terreni ai coltivatori di banane”.
La decadenza è figlia di molte cause. Non ultima, la maggiore durata della stagione delle piogge, imputata al mutamento climatico, che determina una forte defoliazione delle piante prima dell’impollinazione. La redditività è stata sempre più compromessa nel tempo dall’assenza di economie di scala, dagli elevati costi degli input e dallo scarso supporto fornito dallo stato.
“Bisogna essere onesti” aggiunge Thomas “sono le politiche condotte dai governi a partire dagli anni novanta, che ci hanno portato al punto in cui ci troviamo ora”.
Alla totale liberalizzazione del settore non hanno fatto seguito misure di sostegno ai produttori. Stop agli aiuti, ai contributi e alle sovvenzioni. Lo stato si è sostanzialmente disinteressato del settore e ha fatto poco anche per quanto riguarda la manutenzione delle infrastrutture di base, a cominciare dalle vie comunicazione.
Produttori e cooperative si sono ritrovati alle prese con insormontabili problemi di gestione e costi esorbitanti rispetto alle loro capacità economiche.
Le diagnosi dei mali del comparto sono appurate da tempo, afferma il Cicc: ora è tempo di passare ai rimedi. Un problema soprattutto di volontà politica. Di recente, per fortuna, qualche segnale positivo è arrivato.
Il Consiglio ha reperito i fondi necessari per varare un piano di salvataggio da 1,1 milioni di euro, che fornirà assistenza e supporto ai produttori, nell’intento di arrestare il declino produttivo.
Il governo ha inoltre contattato degli esperti brasiliani che potrebbero venire in Camerun per insegnare le migliori pratiche colturali.
Molto potrà essere fatto anche attraverso i programmi formativi e di trasferimento tecnologico gestiti dall’Ico.
Ma le speranze sono riposte soprattutto nella sovvenzione non rimborsabile approvata dall’Unione Europea per il rilancio della produzione del caffè robusta in Africa e Madagascar. Secondo quanto si apprende dalla stampa africana, il Camerun dovrebbe essere il principale beneficiario e ottenere circa l’80% della somma prevista.
Novità importanti anche sul fronte del settore privato. Nestlé ha reso noto il mese scorso che, entro agosto 2014, Nestlé-Cameroun produrrà caffè solubile principalmente a partire da materia prima locale. Il caffè verde verrà sottoposto a una prima lavorazione in Costa d’Avorio e tornerà quindi in Camerun sotto forma di prodotto semi-lavorato, beneficiando di particolari agevolazioni doganali.
La domanda mondiale è in crescita e i principali produttori – come il Brasile, il Vietnam e l’Indonesia – non sono in grado di espandere ulteriormente le superfici coltivate, sostiene Maledy. In questo scenario “il Camerun ha enormi opportunità e sarebbe un errore non approfittarne”.