domenica 22 Dicembre 2024
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Caffitaly, gli haker vanno all’assalto delle caspule di Gaggio Montano

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MILANO – Un attacco informatico di hacker ha avuto come obiettivo la logistica delle caspule di uno dei più importanti produttori italiani e internazionali. Si tratta della Caffitaly di Gaggio Montano (Bologna) sull’Appennino Bolognese. Dunque nei giorni scorsi c’è stata una carenza di capsule Caffitaly. Il motivo è presto detto: ci sono stati problemi logistici nelle consegne subíti dall’azienda di Gaggio Montano in coincidenza con il trasferimento dei magazzini dalla sede sull’Appennino al nuovo hub nel centro della Pianura Padana a Capriate in provincia di Bergamo. A questo si è aggiunto un attacco informatico su larga scala contro uno dei fornitori del gruppo. Che, per prudenza, ha convinto la società che fu fondata da Giovanni Zaccanti e Sergio Zappella a sospendere alcune attività, rallentando così in cascata la distribuzione, per evitare che l’attacco si estendesse ai propri sistemi informatici.

L’emergenza non è durata a lungo. “Tutto è stato risolto”, hanno spiegato i manager della Caffitaly. E ora l’azienda intende recuperare i rallentamenti nelle consegne “entro i prossimi giorni”.

CAFFITALY MAPPA SOCIETARIA
Stabilimento Caffitaly

Si tratta di un nuovo caso salito agli onori della cronaca. Ma la gran parte di questi episodi restano avvolti nel mistero. Talvolta anche contornati da ricatti economici. Nel caso Caffitaly, che è emerso, c’è la testimonianza di quanto la sicurezza informatica sia cruciale oggi per il mondo economico, sempre più legato ad algoritmi e computer per svolgere le proprie attività produttive e logistiche. Questo conferma di quanto siano agguerriti gli hacker, che sempre più spesso rivolgono alle imprese i loro attacchi. Chiedendo poi un riscatto. Si tratta di episodi sui quali, in Italia, svolge le indagini la Polizia Postale.

Nel caso dell’attacco informatico alla Caffitaly se ne sono accorti i clienti che nei giorni scorsi sono andati nei negozi del marchio a comprare le capsule. Di fronte alle richieste, qualche commerciante ha dovuto ammettere che la sede centrale dell’azienda ha avuto qualche problema informatico che ha avuto ripercussioni sulla distribuzione.

Sede Caffitaly

Mentre altri hanno raccontato anche di un attacco hacker che avrebbe coinvolto direttamente Caffitaly, arrivando a ipotizzare perfino una richiesta di riscatto cui si accennava prima. Il pagamento di una cifra per ottenere un codice per eliminare il blocco dei programmi o dei computer stessi.

Sull’attacco informatico è stata Caffitaly a intervenire per spiegare cosa è successo. Si perché l’azienda di Gaggio Montano era già successo che avesse avuto problemi nelle consegne delle capsule e nella fatturazione dei propri prodotti. Si trattava di problemi sono dovuti a due fattori che si sono sommati.

Da una parte “alcuni problemi legati al processo di avvicendamento del fornitore dei servizi logistici”, spiegano dall’azienda, cioè il cambio tra un’azienda e l’altra fra quelle che lavorano nei magazzini e nei trasporti. A questo però si sono poi aggiunti i problemi “legati a un attacco informatico inizialmente rivolto a un fornitore della società di servizi IT”, cioè una società di informatica che lavora per Caffitaly.

“Per questo, in via cautelativa – continua il gruppo – è stata disposta una breve sospensione, tra gli altri, dei servizi di fatturazione”. Ora però la situazione si è sbloccata, “ogni problema di operatività si è risolto – si precisa – e si prevede di riassorbire tutti i ritardi nelle consegne entro i prossimi giorni”.

Il caso di Caffitaly si aggiunge ad altri ben più gravi capitati ad aziende bolognesi, sempre in tema di sicurezza informatica. Celebre l’attacco arrivato alla Bonfiglioli di Calderara nel luglio 2019, quando pirati informatici riuscirono a bloccare parte delle attività dell’azienda, costretta a fermare alcuni stabilimenti in giro per il mondo, chiedendo un riscatto di 2,4 milioni di euro da pagare in Bitcoin. Un attacco respinto dai tecnici dell’azienda, che si rifiutò fermamente di pagare qualsiasi riscatto.

Più recente invece il caso di Vintag, l’app bolognese per vendere abiti vintage, che la settimana scorsa ha deciso di chiudere, mettendo in liquidazione la società, dopo un guasto capitato ai server forniti da un’azienda terza, che ha causato la perdita dei preziosi dati relativi ai suoi utenti registrati.

Gli azionisti hanno giudicato troppo alti i costi per recuperare tutto e troppo incerto l’esito del tentativo di ripristino dei dati perduti. Vintag ha annunciato una causa legale nei confronti del fornitore.

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