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Caffetteria e gastronomia di lusso: ma Eataly ha chiuso in rosso (in Italia)

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MILANO – Svanito l’effetto Expo, Eataly Distribuzione si ritrova con un buco nei ricavi di 32 milioni e una perdita netta di 11 milioni.

Nel 2016 le attività, prevalentemente italiane e di alcune partecipate estere, hanno registrato ricavi per 178,8 milioni (211,7 milioni l’esercizio precedente), un Ebitda di 14mila euro (13 milioni) e una perdita di 11 milioni (utile di 713mila).

La società ne prende atto e nella relazione di bilancio scrive che il risultato «è in controtendenza rispetto alle performance degli anni precedenti. L’andamento è determinato dalla riduzione del fatturato conseguente all’evento di Expo 2015 e al forte incremento della pressione competitiva di nuovi player con una proposta commerciale di qualità».

Ma venuti meno i costi di Expo come si spiegano la crescita del 5% del costo del lavoro e del 4% dei costi per servizi?

Il management ha lavorato per strutturare l’azienda, in particolare sul nodo strategico della logistica, sui sistemi informativi e sull’organizzazione dei punti vendita.

Peraltro l’anno scorso i negozi di medie dimensioni sono cresciuti mentre quelli piccoli sono rimasti “piatti”. L’azienda ritiene inoltre strategica l’integrazione tra canale fisico e online. «Questa è un’azienda in piena evoluzione – avverte Andrea Guerra, presidente di Eataly srl -. Pensi che l’anno scorso, in tre mesi, abbiamo raddoppiato i negozi negli Usa».

Per quest’anno il bilancio firmato dall’ad Francesco Farinetti prevede che «la crescita organica e l’apertura di nuovi punti vendita, associata alla maggior efficienza dei processi, consentirà alla società di ritornare ai consueti livelli di redditività».

Sul fronte italiano, a gennaio è stato aperto il negozio di Trieste, con un investimento di 2 milioni (e 3 per ristrutturare gli altri punti vendita).

La scorsa primavera è stata realizzata l’acquisizione e poi la fusione di Eataly Piacenza real estate.

Sul fronte degli investimenti finanziari internazionali, Eataly Distribuzione ha versato 3,9 milioni come apporto di capitale per la società tedesca. E finanziamenti agevolati per l’americana Eataly Usa (2,8 milioni) e Eataly Denmark (2,6 milioni). I finanziamenti sono stati coperti con una linea di credito bancaria di 8 milioni.

In Medio oriente, sono stati inaugurati, in franchising, il secondo negozio a Dubai negli Emirati arabi. Ma anche a Riad e a Doha.

Sul fronte asiatico, dopo la sfortunata campagna in Giappone, si è cambiato registro.

Eataly Distribuzione ha liquidato la società Eataly Japan KK. Il brand Eataly è stato affidato al franchisee Eataly Asia Pacific. Di cui la società italiana detiene il 2,5% del capitale. Il partner gestisce due punti vendita, a Tokyo e Osaka. E punta all’apertura di un terzo entro il 2017.

Eataly Distribuzione è controllata da Eataly srl, i cui azionisti sono Eatinvest (famiglia Farinetti) con il 58%, ClubItaly e Società Carlo Alberto con il 20% ciascuno, Coop Alleanza 3.0 con l’1,3%.

Eataly ha 38 negozi di cui 16 al’estero

L’intera rete commerciale della galassia Eataly conta 38 negozi, di cui 16 all’estero. Qual è il giro d’affari complessivo? «Nel 2016 è stato intorno ai 380 milioni – risponde Guerra»

E aggiunge: «Con un debito intorno ai 20 milioni, senza i 40 utilizzati per liquidare le quote dei soci Coop».

Guerra sottolinea poi che nel 2016 la società ha realizzato uno sforzo straordinario per lo sviluppo.

«E quest’anno raccoglieremo i frutti: raggiungeremo i 500 milioni di fatturato», dice il manager.

«Nel 2016 abbiamo inaugurato il secondo negozio di New York, Boston, Monaco, Copenaghen, Trento e tre punti vendita negli Emirati. Nel 2017 abbiamo tagliato il nastro a Trieste e a Mosca.

«A breve apriremo a Los Angeles e a Stoccolma. In agenda abbiamo da 3 a 5 inaugurazioni l’anno».

Senza contare Fico, il parco agroalimentare che sorgerà a Bologna.

Emanuele Scarci

 

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