di Roberta Scagliarini*
Compatibili con Nespresso e compatibili con l’ambiente. Dopo Lavazza anche Caffè Vergnano, la più antica azienda di caffè nazionale di proprietà dell’omonima famiglia, lancia le capsule per l’espresso che si gettano nell’umido.
Ma con un dettaglio in più rispetto al leader di mercato: le cialde che non inquinano sono compatibili con le macchine targate Nespresso.
«Le nostre capsule — spiega Carolina Vergnano, responsabile export dell’azienda — saranno le prime in commercio certificate da Vinçotte (ente riconosciuto a livello internazionale) e smaltibili nel bidone dell’umido senza bisogno di separare l’involucro dal caffè».
Le cialde Lavazza sono in Mater B, la bioplastica inventata da Novamont; quelle di Vergnano invece sono in un biopolimero studiato e brevettato da un’altra azienda italiana, la Fi-plast di Varese.
Ambedue le dinastie piemontesi del caffè lavoravano alla compatibilità ambientale delle capsule da diversi anni.
«Il nostro progetto parte nel 2011 — prosegue Carolina —. Allora non c’erano player con capsule compatibili, noi abbiamo brevettato per primi quelle biodegradabili. Ma non bastava: questo è un mercato che si evolve velocemente, era necessario un nuovo passo avanti per eliminare il problema dei rifiuti. Così, visto il rumore nato attorno al fatto che le capsule inquinano, abbiamo investito sulla realizzazione di un contenitore compostabile».
Miglioramenti L’Italia, pur essendo un mercato maturo quanto a consumi di caffè, che avvengono per il 90% con la moka, «è un grande mercato per le capsule — prosegue l’imprenditrice — e i nostri focus group hanno rilevato la disponibilità dei consumatori a cambiare fornitore in caso di un miglioramento sul fronte della sostenibilità ambientale degli involucri».
Caffè Vergnano inserirà le nuove cialde, che costeranno dal 10 al 30% in meno di quelle della rivale svizzera, al posto di quelle vecchie.
«Gli astucci attualmente in distribuzione nei supermercati saranno cambiati progressivamente con la nuova linea smaltibile nell’umido».
La famiglia Vergnano, che da quattro generazioni controlla l’azienda, da questa novità si aspetta una nuova accelerazione dell’attività.
La prima c’è stata nel 2010 quando Franco e Carlo, rispettivamente ceo e presidente dell’azienda, ebbero l’idea di lanciare le capsule compatibili con il sistema chiuso Nespresso.
Erano scaduti i brevetti trentennali delle macchine pubblicizzate da George Clooney e diversi produttori in tutto il mondo avevano messo sul mercato della grande distribuzione (dove Nespresso non è presente) cialde a basso prezzo compatibili con la macchinetta della multinazionale di Vevey.
«Noi abbiamo aperto la strada in Italia — racconta Franco Vergnano, padre di Carolina —, abbiamo affrontato diverse cause legali con Nestlé e le abbiamo vinte».
Due anni fa il tribunale di Torino, ordinò a Nespresso di «astenersi dalle attività denigratorie delle capsule prodotte da Vergnano» e di eliminare le informazioni errate dalle istruzioni delle sue macchine per caffè.
«Oggi nel mondo sono più di cento i produttori di capsule compatibili — precisa Vergnano — ma in Italia siamo i leader di nicchia. Per noi la produzione di cialde compatibili ha rappresentano una svolta, nel 2010 fatturavamo 50 milioni, nel 2014 siamo arrivati a 72,5 milioni. E quest’anno pensiamo di crescere ancora di un 6-7%».
Vergnano vende 100 milioni di capsule l’anno ed è il terzo player di una categoria che lo scorso anno ha registrato una crescita del 18%.
«Ma c’è ancora spazio, le macchine hanno ormai un prezzo abbordabile da tutte le famiglie».
Gestione L’azienda nata 130 anni fa dalla drogheria di Domenico Vergnano nel centro di Chieri oggi è la sesta in Italia tra i fornitori di caffè della grande distribuzione, ha uno stabilimento di 13.500 metri quadri con 18 linee di produzione e dà lavoro a 125 dipendenti.
«Crediamo molto nell’export — prosegue l’imprenditore —. Oggi esportiamo il 15% dei nostri ricavi in 80 Paesi ma vorremmo aumentare. Puntiamo anche sullo sviluppo del settore retail, abbiamo già 80 locali Caffè Vergnano e contiamo di aprirne 10-15 nuovi ogni anno».
L’azienda, che «non ha mai avuto bisogno di amministratore delegato esterno», è controllata e gestita da cinque membri di due generazioni della famiglia Vergano: i nipoti del fondatore, Franco e Carlo, e i loro figli Carolina, Enrico e Pietro, tutti operativi con ruoli diversi.
«Ci hanno fatto tante proposte di acquisto — rivela Franco — ma abbiamo sempre detto di no, non abbiamo bisogno di finanziatori. Né abbiamo paura della concentrazione internazionale, non bastano le grandi dimensioni per competere ci vogliono le idee, noi siamo piccoli ma flessibili, prendiamo le decisioni in tempo reale”.