Andrea Illy, sulla minaccia del clima: “Miglioriamo le pratiche agronomiche rigenerative e biodiversità”
I coltivatori alle origini non stanno conoscendo benefici dall'aumento dei consumi della materia prima e anzi, sono investiti da nuove ondate di povertà che li spinge sempre più ad abbandonare la produzione. Una soluzione, potrebbe essere proprio ricorrere all'innalzamento dei prezzi per sostentare la coltivazione di caffè di qualità
MILANO – Il caffè diventa argomento di interesse per un pubblico più ampio, che supera i limiti di chi si muove già all’interno di questo settore: su Repubblica.it sono stati dedicati due articoli a questa materia prima, alle sue prospettive di mercato di fronte all’inevitabile cambiamento climatico.
Il primo pone il focus proprio su come cambierà il rapporto tra domanda e offerta in risposta ad un prodotto che potrebbe subire un crollo della qualità e della quantità, firmato da Anna Lombardi; il secondo di Rosaria Amato, supportato dalle parole del presidente di illycaffè, Andrea Illy, a commento di questi nuovi fenomeni alle origini.
Riportiamo il contenuto di entrambe le notizie da Repubblica.it.
Caffè minacciato dalle alte temperature
Il primo effetto di questa minaccia, gli aumenti dei costi del verde. E così, bersi una buona tazza di espresso potrebbe diventare un lusso, proprio in un periodo storico – si parla degli ultimi 30 anni – caratterizzato da una crescita a doppia cifra dei consumi e non solo: i mercati asiatici cominciano ad avere sete di caffè, oltre che di tè, insieme a quelli dell’Africa sub-sahariana. Su Repubblica.it, i numeri sono ben chiari: ” Se va avanti così arriveremo a una richiesta quotidiana di 6 miliardi di tazzine entro il 2050.
Ma l’emergenza è dietro l’angolo: secondo uno studio del Columbia Center on Sustainable Investment avremo bisogno del 25 per cento di caffè in più entro il 2030. Ma quello prodotto da un’industria pressata dalla crescente domanda potrebbe non bastare, già a breve. Negli ultimi due anni, la domanda ha infatti superato l’offerta.”
Cosa succede dunque all’interno della filiera?
Un ruolo importante lo gioca appunta il clima, che porta all’impoverimento dei terreni dedicati alle colture, seguito poi dalla minaccia di El Nino. Il risultato si è notato già nei mesi scorsi, quando i prezzi del verde hanno toccato i picchi massimi da 15 anni.
A confermare questo andamento sempre più verso una commodity che si potranno permettere in pochi, l’intervento sul Financial Times e poi ripreso da Repubblica.it della direttrice esecutiva dell’Organizzazione interanzionale caffè (ICO) Vanusia Nogueira: «Non solo aumenteranno i prezzi Purtroppo, potrebbe cambiare il sapore. Meno buono proprio a causa delle alterazioni del suo ambiente naturale ».
Considerato che l’Arabica è meno resistente rispetto alla Robusta – che comunque non è del tutto immune ai cambi climatici e alle malattie – il destino sembra segnato dalle varietà selvatiche da incrociare con le Arabiche pure per creare varietà in grado di sopravvivere a condizioni più difficili.
Anna Lombardi su Repubblica.it traccia ulteriori prospettive possibili: “Le previsioni sono inquietanti: entro il 2050 metà del terreno coltivato a caffè potrebbe essere inutilizzabile. I maggiori produttori del prodotto – Brasile, Vietnam, Colombia e Indonesia – avranno sempre meno aree idonee. Ma attenzione, altri potrebbero approfittarne: paesi al di fuori dei tropici come Stati Uniti, Argentina, Uruguay e Cina. Un’opportunità? Bisognerà vedere, perché comporterà comunque costi ecologici notevoli in termini di deforestazione.”
Restano dei dati di fatto che non si possono più ignorare: i coltivatori alle origini non stanno conoscendo benefici dall’aumento dei consumi della materia prima e anzi, sono investiti da nuove ondate di povertà che li spinge sempre più ad abbandonare la produzione. Una soluzione, potrebbe essere proprio ricorrere all’innalzamento dei prezzi per sostentare la coltivazione di caffè di qualità.
Andrea Illy: Come affrontare la sfida del cambiamento climatico
Il presidente di illycaffè riprende il tema caldo – in tutti i sensi- delle minacce alla produzione caffeicola, nell’intervista di Rosaria Amato su Repubblica.it.
Esordisce con alcuni dati: «Secondo uno studio condotto nel 2015 dalla Columbia University entro il 2050 il 50% delle terre attualmente coltivabili a caffè non saranno più utilizzabili. Non potendo aumentare le terre coltivabili dobbiamo ricorrere ad altri mezzi».
Non è possibile al momento espandere i terreni agricoli, che sono ormai arrivati alla saturazione, a discapito spesso delle foreste che ora invece si vogliono conservare.
E scendendo nel dettaglio della domanda di caffè, le cui modalità di consumo sono cambiate verso un modello più degustativo-esperenziale, Andrea Illy spiega su Repubblica.it: «Le vie sono due: migliorare le pratiche agronomiche rigenerative e aumentare la biodiversità, creando cultivar particolarmente resistenti ai cambiamenti climatici, dalle alluvioni al caldo eccessivo».
A conclusione, per fronteggiare questi importanti fenomeni che stanno mettendo a rischio il futuro del caffè, l’esempio da seguire indicato da Andrea Illy, resta l’applicazione delle pratiche rigenerative, di cui illycaffè si fa promotrice da anni.
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