MILANO – L’evento online organizzato dal Consorzio promozione caffè a cura di AstraRicerca si è svolto comodamente (come ormai detta la nuova era del virus) sulla piattaforma Zoom. Caffè: tra gusto, rito e salute, ha accolto i partecipanti attorno alla tazzina, con tanto di mascherina, in compagnia del vice presidente del Consorzio Patrick Hoffer e dell’attuale nuovo presidente Michele Monzini, del direttore AstraRicerche Cosimo Finzi e del fondatore della Mumac Academy, Luigi Morello e il suo collaboratore Filippo Mazzoni. Sotto la moderazione dell’antropologa dei consumi Oprg Patrizia Martello, che ha scandito armoniosamente i diversi interventi da una postazione illuminata a regola d’arte seguendo i consigli degli influencer più quotati. Insieme, a distanza, per capire attraverso un’indagine, quali sono le abitudini di consumo degli italiani.
Dopo i primi colpi di assestamento per settare l’audio e controllare che tutti fossero ben collegati, comincia lo spettacolo.
Caffè: tra gusto, rito e salute: l’indagine sulla tazzina
Ci si è chiesti com’è cambiato il mondo del caffè in Italia, come si sono trasformate le modalità di consumo e le preferenze. Si aprono le danze con il saluto dell’ospita Patrick Hoffer – già presidente del Consorzio promozione caffè ora vice perché si è alternato nella carica con l’ex vice Michele Monzini alla vigilia della conferenza stampa – che invita i partecipanti a un caffè virtuale, per riflettere sulla crisi che sta colpendo la torrefazione italiana e l’horeca. Il Comitato, alfiere del consumo di caffè di qualità da oltre 20 anni, oggi si trova a dover rispondere a questa nuova sfida sul futuro.
Con questo fine è avvenuta la ricostruzione del quadro completo a partire dalla ricerca Caffè tra gusto, rito e salute, che aggiorna i dati ricavati dall’ultima analisi del 2014.
Nel vivo dei numeri
Caffè, tra gusto rito e salute emerge dopo sei anni di fermo, indagando il rapporto d’amore con la tazzina che è in parte confermato e in parte mutato. Lo studio ha intercettato un target tra i 18 e i 65 anni di età, coinvolgendo mille persone alla fine di ottobre. Il 96,5% degli italiani ancora consuma il caffè, e resta fermo su almeno due o tre tazzine al giorno, meno delle sei possibili (300 mg di caffeina/giorno) secondo le ricerche dell’Efsa. Chiaramente ora si beve soprattutto a casa, vivendo nel periodo della pandemia: un numero che dal 2014 è passato dal 89,4%, al 90,3%.
E’ mancato innanzitutto il rito sociale, il momento per passare del tempo con conoscenti e dialogare: lo affermano il 60,3% degli intervistati. La mattina è il momento più importante per bere il caffè, ma anche di pomeriggio non ci si tira indietro. E’ diminuito, a causa della chiusura di scuole e uffici, la pausa caffè di metà mattina. Tiene però ancora il momento del pranzo. Comprensibilmente, si assiste a un calo dal giorno alla sera e alla notte.
Le modalità di preparazione
Gli italiani portano ancora nel cuore la moka. E’ un dato di fatto (37,2%), anche se rispetto a sei anni fa le capsule primeggiano con un 39,5%. Colpisce la perdita di più di 16 punti percentuale nel consumo di caffè puro rispetto invece alle sue ricette con aggiunta del latte per esempio. Ci stiamo quindi allontanando dalla versione originaria e ci stiamo aprendo ad altre soluzioni (e culture probabilmente). Tra l’altro la miscelazione di latte con il caffè avvicina l’Italia all’abitudine del consumo nel mondo dove è soprattutto il latte a girare nelle caffetterie, a cominciare dalle grandi catene.
Il driver fondamentale che influisce sulle abitudini è quello anagrafico: i più giovani sono polarizzati, quindi tendono a non avere un rapporto con la bevanda particolarmente evoluto. A fronte di un altro gruppo che invece è più curioso e ha un’esperienza più variegata.
Generalmente, al crescere dell’età la varietà diminuisce. Per cui per il futuro ci si più aspettare due movimenti opposti e contrari: meno diversificazione, maggiore apertura.
Nella ricerca Caffè, tra gusto, rito e salute, non mancano anche gli aneddoti divertenti: il bicchiere d’acqua. Molti preferiscono berla, sia prima che dopo aver preso il caffè. Da Nord a Sud questo cambia. Zucchero sì o zucchero no? Prevale soprattutto il sì.
Il caffè è…
Da una parte è piacere, per alcuni relax, un modo per ripartire e anche condivisione. C’è l’idea che la bevanda faccia bene all’umore e che, in generale, non abbia effetti negativi sulla salute. Sono stati inoltre individuati 5 tipi da caffè: gli abitudinari, i chiacchieroni, gli edonisti, i rilassati e i ripartenti.
Altri dati della ricerca Caffè, tra gusto, rito e salute
Per gli italiani bere il caffè è un’esperienza sensoriale: 9 su 10 traggono soddisfazione principalmente dall’olfatto e dal gusto. Ma non mancano anche gli affezionati alla vista e al rumore dell’erogazione.
Soltanto circa un terzo degli intervistati però, ha dichiarato di esser informato sulla filiera caffeicola. Nonostante l’interesse verso questo mondo sia elevato. Vorrebbero conoscere la differenza tra le varietà esistenti, ma anche le caratteristiche di gusto e la lavorazione o la provenienza.
Un altro aspetto che è emerso dalla ricerca è stata la maggiore sensibilità al tema della sostenibilità sia dal punto di vista sociale che ecologico. Gli acquisti sono fortemente orientati a seconda di questo elemento e anche sulla quantità di informazioni contenute nelle etichette.
Luigi Morello anche con la location del suo intervento, la Mumac coffee Academy, colpisce il consumatore e lo guida nella scelta di un bar rispetto a un altro. ma anche il sentire lavorare le macchine, l’odore che sprigionano nell’erogazione, sono già un primo assaggio che preparano il palato alla tazzina. Ed è su tutti questi sensi che si basa l’esperienza degustativa dell’espresso. Imparando a riconoscere le varie percezioni, traducendole in linguaggio anche grazie le schede d’assaggio come l’espresso chart. Divisa in fase visiva, olfattiva, gustativa e retro olfattiva.
Un approfondimento: sostenibilità o capsule, quale tendenza vince?
Cosimo Finzi risponde: “La verità è che il consumatore in Italia non è un unicum. Quando sono stati proposti diversi aspetti sul tema alcuni preferiscono sottolineare il fattore della compostabilità delle capsule altri no. Il quadro è quindi molto sfaccettato: per molti consumatori non percepiscono questo prodotto come un problema ambientale.
Ci facciamo aiutare un po’ dai numeri: tra gli intervistati un 18,1% chiede come prima soluzione le capsule compostabili, o comunque gestiti da sistemi di raccolta e riciclo. Per molti però resta il fatto che questo non è un tema fondamentale e così le aziende rispondono in maniera diversa.
Sembra ci sia spazio per proposte di sostenibilità differenti, anche legati agli aspetti sociali. C’è come sempre anche il componente di servizio: la capsula è comoda, veloce. Per cui il consumatore premia questi elementi rispetto alla sostenibilità. ”
Migliore qualità più consumo: ci si aspetta una crescita dei volumi e di qualità offerta dalle azienda. Anche in termini di varietà
Il percorso è un po’ quello che abbiamo visto per il vino e recentemente per la birra: conoscere e capire di più, potrebbe determinare un aumento nei consumi. Si passerà ad un rapporto non solo basato sull’amore, ma anche di conoscenza. E’ stato provato comunque che dove si trova qualità in tazza, e nella preparazione del barista, torna il cliente.
Dunque possiamo esser fiduciosi verso il futuro della bevanda, sempre più compresa dal consumatore finale che le riconosce il giusto valore sia per quanto riguarda la qualità in tazza, sia apprezzandone i processi produttivi e di erogazione. Non bisogna esser dei super esperti per capire la bontà del prodotto finito: è sufficiente un minimo di consapevolezza in più per trasformare un piacere, in uno ancora più grande.