MILANO – Primo produttore mondiale con 66,3 milioni di sacchi da 60 kg nel 2023, pari al 39% del raccolto a livello planetario, il Brasile si conferma un riferimento e un modello di avanguardia per la produzione e la lavorazione del caffè. Lo affermano alcuni soci di CSC – Caffè Speciali Certificati che hanno effettuato il sopralluogo periodico nelle terre di produzione: Giovanni Corsini di Caffè Agust, MarieLuise Millemaci di Blaser Café, Graziano Carrara, presidente della Commissione Tecnica CSC e titolare di Carrara Coffee Agencies ed Enrico Romano titolare di C.B.C., Coffee Brokers Company, che racconta “abbiamo visitato produttori storici di CSC come le fazendas Samambaia, Monte Alegre e Impanema nella parte meridionale dello stato di Minas Gerais, inoltre due cooperative: la più grande del Paese, Cooxupé, e Minasul”.
Il viaggio di Caffè Speciali Certificati in Brasile
“In tutte le realtà abbiamo incontrato grande attenzione al mercato, ricerca, sperimentazione, voglia di crescere e un clima molto positivo: in genere le fluttuazioni del mercato del caffè sono legate alla siccità, alla gelata o alla roja che si verificano nell’immenso Paese sudamericano. Per la prima volta avevano grandi quantità di sacchi di arabica e di robusta da vendere a prezzi superiori alla media senza esserne la causa diretta: una situazione ideale”.
Alcuni dati tratti dal rapporto statistico mensile del Consiglio brasiliano degli esportatori di caffè (Cecafé) evidenziano come le esportazioni del mese di luglio (il primo del raccolto 2024-25) abbiano totalizzato 3,774 milioni di sacchi da 60 chili, con un aumento in volume del 25,7% e del 47,9% per gli incassi.
Globalmente il raccolto è stato buono, anche se condizionato dalla grande ondata di calore (superiore a 27°C per più giorni) che si è verificata nel mese di maggio che ha causato un rallentamento della fotosintesi da parte delle piante di caffè (un meccanismo automatico di “difesa” delle piante): questo ha comportato la maturazione contemporanea di frutti più piccoli rispetto ai classici raccolti.
“Ci si aspetta una minore disponibilità di crivello 17 e 18, che in genere rappresentava il 35% circa del raccolto, ma questo non ci preoccupa – afferma Graziano Carrara -: da anni abbiamo verificato come la maggiore dimensione del chicco non influisca sulla qualità del prodotto in tazza; preferiamo investire in una selezione migliore, magari con un crivello 16, ma uniforme (molto importante per il torrefattore) e di qualità molto alta, senza difetti: come sempre badiamo più alla sostanza che alla “facciata” del nostro prodotto”.
La ricerca dei produttori brasiliani prosegue su più fronti. Si stanno piantando nuove varietà botaniche in grado di fruttificare più rapidamente ovvero dopo 2 anni invece che i classici 4-5 dalla messa a dimora, e si sperimentano nuovi incroci di varietà arabica che oltre ad avere maggiore produttività e resistenza, hanno la prerogativa di maturare più tardi, permettendo di distribuire meglio nel tempo la raccolta e la lavorazione delle drupe.
C’è poi un obiettivo che più di un addetto ai lavori ha affermato si raggiungerà nel corso di 5-6 anni: diventare il Paese primo produttore al mondo di robusta, considerato che probabilmente il Vietnam vedrà diminuire la produzione nei prossimi anni anche a causa della conversione di numerose piantagioni in colture di durian, un frutto decisamente puzzolente, che al gusto offe un mix di dolce, piccante e speziato molto gradito (e ben pagato) nel Sud Est Asiatico.
Il Conillon è la varietà coltivata in Brasile che – riprende Enrico Romano – “dà una tazza aggressiva e astringente; ricorda i robusta del Vietnam di 25 anni fa, prima che cominciassero a lavorarlo bene e a migliorarne la qualità. Per questo ad oggi è utilizzato per lo più dall’industria del solubile e del liofilizzato, ma anche in questo caso si stanno sperimentando nuove varietà botaniche al fine di ottenere un miglioramento qualitativo nel giro di qualche anno”.
Le visite ai produttori sono per CSC un momento importante di confronto: “ormai i produttori di caffè sono all’avanguardia da un punto di vista tecnologico e qualitativo – osserva Graziano Carrara -, ma per loro rimaniamo un riferimento importante: chiediamo “the best coffee for espresso” e garantiamo un buon margine, da sempre. Per questo sono molto attenti alle nostre osservazioni e pronti a correggere il tiro”.
Un’ultima nota: i produttori d’oltre oceano si sono bene organizzati anche per realizzare l’export con l’Eudr, il nuovo regolamento dell’Unione Europea contro la deforestazione che entrerà in vigore il1° gennaio 2025: a uno dei soci CSC, Blaser, la Cooperativa Cooxupé ha inviato un container con caffè provenienti da 52 piantagioni diverse, fornendo per ognuna la documentazione necessaria. Il problema del Vecchio Continente rimane tuttavia come utilizzare e come verificare questa grande mole di dati. I dubbi già espressi sulla nuova normativa da parte di CSC, permangono.
Il mondo CSC
Le torrefazioni che aderiscono a CSC sono Barbera 1870 – Messina; Blaser Café – Berna (CH); Caffè Agust Brescia; Caffè Moreno – Casoria (NA); DiniCaffè – Firenze; Goppion Caffè – Preganziol (TV); Le Piantagioni del Caffè – Livorno; Mondicaffè C.T.&M. – Roma.
I torrefattori che vogliono avere la certezza di approvvigionarsi di un prodotto di qualità superiore, possono associarsi a CSC, che non acquista direttamente, ma organizza ed effettua i controlli necessari per garantire i migliori caffè, mettendoli a disposizione degli associati.
Quando ne viene acquistata una partita, i suoi assaggiatori la confrontano con il campione testato in precedenza: se le sue caratteristiche sono in linea con il prodotto di riferimento, può ricevere la certificazione di caffè speciale certificato, dunque il bollino. È la garanzia che in quelle confezioni ci sono prodotti con una storia: un importante strumento di vendita per il barista e un piacere in più per il cliente.