Ma la puntata di Report sul caffè, che ha distrutto un mito italiano, ha esagerato?
“L’inchiesta è in buona parte vera – ci dice Fulvio Rossi, storico torrefattore milanese che gestisce un locale che è anche caffetteria aperto dal 1946. È vero tutto ciò che riguarda le varietà di caffè che si vendono e si propongono al bar: scadenti.È vero tutto l’aspetto del marketing. Già 20 anni fa, alle Giornate del Caffè di Trieste, si parlava solo di business, di come aggirare le finanziarie e avere soldi dalle aziende per ristrutturare i propri locali.È verissimo che da tanti anni a questa parte i torrefattori puntano più sul servizio che sul prodotto e anzi, i piccoli torrefattori come me non esistono più e tutto il mercato è in mano alle industrie del caffè, dove certamente le regole le fa il profitto. Insomma, non siamo tutti uguali, ma Report ha mostrato l’attuale tendenza dei bar nel nostro Paese”. “Io – continua Rossi – se sono fuori città non bevo caffè al bar, o, se lo faccio, trovo solo prodotti scadenti”.
Il bar di Fulvio è una torrefazione Hodeidah che la sua famiglia gestisce dagli anni ’70: “Negli anni ’80 è iniziata la nostra crisi, ci si aspettava che noi vecchi innovassimo adeguandoci ai prodotti industriali. Invece abbiamo mantenuto la tradizione e oggi finalmente siamo apprezzati”.
Ed è vero: il suo piccolo bar ha ancora l’arredamento originale, è trafficatissimo e famoso, e offre davvero un caffè speciale: il caffè. “Quello che appena l’hai finito ne vorresti un altro: ecco la regola d’oro per poter dire se un caffè è buono”.
“Certo però, nell’inchiesta hanno esagerato sul ‘purge’, sul fatto che si debba sciacquare la macchina dopo ogni caffè”, continua Rossi. “La manutenzione è importante, la pulizia quotidiana di sottocoppa, filtri e gruppi è fondamentale. Ma Report ha mostrato un “guru” del caffè che degustava il suo prodotto dopo un’accurata pulizia: questo è impossibile se fai tanti caffè. Altro discorso, e verissimo, è che tanti bar non puliscono neanche i gruppi, non cambiano le guarnizioni né le macine. La macchina va revisionata spesso, bisogna smontare tutto e pulire attentamente. Si deve controllare l’addolcitore dell’acqua e i suoi filtri, che trattengono il calcare: fatto importantissimo che a volte – ammette – non si riesce a fare tutti i giorni”.
Sulle cialde – ci spiega – resta un mistero che anche Report non ha indagato adeguatamente. “Cosa ci sia nelle cialde non si sa: si è riusciti a capire che c’è molto meno caffè di quello che si metterebbe in un espresso”. È impossibile riprodurle e, insomma, viene quasi il dubbio che dentro ci sia solo caffè.
Infine, ecco come riconoscere perché il caffè che state bevendo fa schifo: “Se è molto amaro o acido significa che la miscela è sbagliata, oppure che i chicchi sono stati tostati male, o macinati male, o che quel caffè è stato sovra o sotto-espresso (sovra-espresso: tempo di infusione troppo lungo, si brucia la polvere. Sotto-espresso: è sceso troppo velocemente). Tutto questo dipende da come si regola la macchina, che va fatta controllare al manutentore periodicamente, quando il risultato del nostro caffè non ci convince. L’ideale è anche misurare la temperatura del caffè all’uscita, ma lo fanno in pochi: ad esempio, se la miscela ha molta arabica serve una temperatura più alta”.
“Per verificare che il caffè del vostro bar abbia una discreta qualità, controllate infine la schiuma: se è scura, vuol dire che nella miscela c’è molta parte di robusta, ovvero la qualità meno pregiata”.