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lunedì 04 Novembre 2024
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Lubrano: «Ricordiamoci l’espresso di Napoli: da De Filippo a De André»

La fantasia dei bevitori di caffè, napoletani e ischitani e non solo include nel suo identitario i vari tipi di caffè, che vanno dal caffè espresso, detto anche «caffè normale» al caffè corto o ristretto Quest’ ultimo è un espresso molto ridotto, talvolta fino a poche gocce soltanto

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NAPOLI – Non ci si stanca mai del caffè espresso napoletano, che in tutta Italia si è fatto riconoscere per la sua peculiarità: tostato scuro, miscela Arabica-Robusta, con una crema spessissima e (diciamolo) pieno di zucchero. Ma dentro quella tazzina non c’è una semplice bevanda, ma una vera e propria tradizione che in tanti artisti negli anni hanno saputo celebrare, rendendola immortale. Vediamo questa storia, leggendo il punto di vista di Michele Lubrano su ilgolfo24.it.

di Michele Lubrano

Caffè napoletano: un’identità partenopea

La fantasia dei bevitori di caffè, napoletani e ischitani e non solo include nel suo identitario i vari tipi di caffè, che vanno dal caffè espresso, detto anche «caffè normale» al caffè corto o ristretto Quest’ ultimo è un espresso molto ridotto, talvolta fino a poche gocce soltanto. Il caffè preparato in questo modo esprime al massimo l’aroma della bevanda e ha un contenuto di caffeina molto basso.

Poi c’ è il caffè lungo, che è ottenuto con le macchine espresso facendo defluire più acqua del solito. Un caffè lungo, sebbene sia meno concentrato, contiene più caffeina di quello normale, e ancor più di quello ristretto, proprio perché la stessa quantità di posa di caffè viene «sfruttata» in misura maggiore.

Il caffè americano o semplicemente americano, il quale è un espresso allungato con acqua. Inoltre il caffè macchiato, che si ottiene aggiungendo al caffè una «macchia» (ovvero una piccola quantità) di latte o, seppur meno diffusa, di panna. Ancora il caffè schiumato, che è un tipo di caffè macchiato in cui il latte aggiunto è caldo e spumoso.

Ancora il caffè corretto, che si ottiene dall’aggiunta al caffè espresso di grappa, anice o altro alcolico o superalcolico. Poi il caffè freddo, un semplice caffè ma servito dopo essere stato raffreddato in frigo (solitamente servito d’estate).

Infine il caffè sospeso che lo è quando dal cliente generoso è pagato due volte per consentire a chi non se lo può permettere, passando per il bar, di riceverlo gratis

Ma il caffè entra nel teatro da protagonista ancor più del suo cantore. ll grande Eduardo De Filippo nella sua commedia ‘Questi Fantasmi’, interpreta lo squattrinato Pasquale Lojacono Tra gli indimenticabili monologhi della commedia in tre atti c’è quello sul caffè sul balcone, rivolto al dirimpettaio Professore , che è entrato di diritto nella storia del nostro teatro. “Professore, esordisce Eduardo, il caffè è pronto. Ne volete un po’…

Accidenti, tutto compiaciuto Eduardo, questo si che é un caffè… Vedete quanto ci vuole poco per rendere felice un uomo: una tazzina di caffè presa, tranquillamente, qui fuori… con un simpatico dirimpettaio… ; perché voi siete simpatico, professore… Adesso mezza tazzina la conservo, e me la bevo tra una sigaretta e l’altra…A noialtri italiani, toglieteci tutto ma questo poco di riposo in terrazza… Io, per esempio, a tutto rinuncerei tranne a questa tazzina di caffè, presa tranquillamente qua, fuori in terrazza, dopo quell’oretta di sonno che uno si fa dopo mangiato.

Però il caffè me lo devo fare io stesso, con le mie mani. Questa è una macchinetta per quattro tazze, ma se ne possono ricavare anche sei, e, se le tazze sono piccole, anche otto… quando vengono gli amici… d’altra parte il caffè costa così caro…Sul becco io ci metto questo coppitello di carta… Pare niente, questo coppitello, ma ci ha la sua funzione… E già, perché il fumo denso del primo caffè che scorre, che poi è il più carico, non si disperde.

Come pure, professo’, prima di colare l’acqua, che bisogna farla bollire per tre o quattro minuti, per lo meno, prima di colarla, vi dicevo, nella parte interna della capsula bucherellata, bisogna cospargervi mezzo cucchiaino di polvere appena macinata. Un piccolo segreto! In modo che, nel momento della colata, l’acqua, in pieno bollore, già si aromatizza per conto suo. Professo’, voi pure vi divertite qualche volta, perché, spesso, vi vedo fuori al vostro balcone a fare la stessa funzione.

E io pure. Anzi, siccome, come vi ho detto, mia moglie non collabora, me lo tosto da me

Pure voi, professo’?… E fate bene… Perché, quella, poi, è la cosa più difficile: indovinare il punto giusto di cottura, il colore… A manto di monaco…” La canzone di Frabrizia De Andrè è un altro omaggio al caffè. l brigadiere Pasquale Cafiero chiede piaceri a don Raffaè: gli chiede il cappotto per un matrimonio, gli chiede un posto di lavoro per il fratello. E al centro di tutto c’è il caffè, l’ottimo caffè «Che sulo a Napule sanno fa»

(che solo a Napoli sanno fare), verso chiaramente ripreso dal brano ‘O ccafè di Domenico Modugno Il testo in dialetto napoletano della canzone sul Caffè cantata da Fabrizio De Andre’ Io mi chiamo Pasquale Cafiero / E son brigadiero del carcere oiné / Io mi chiamo Cafiero Pasquale / E sto a Poggio Reale dal cinquantatré / E al centesimo catenaccio / Alla sera mi sento uno straccio / Per fortuna che al braccio speciale / C’è un uomo geniale che parla co’ me /Tutto il giorno con quattro infamoni / Briganti, papponi, cornuti e lacchè / Tutte l’ore co’ ‘sta fetenzia / Che sputa minaccia e s’a piglia co’ me / Ma alla fine m’assetto papale /Mi sbottono e mi leggo ‘o giornale / Mi consiglio con don Raffae’ / Mi spiega che penso e bevimm’ ‘o café / Ah che bell’ ‘o café / Pure in carcere ‘o sanno fa / Co’ a ricetta ch’a Ciccirinella / Compagno di cella /Ci ha dato mammà”

michelelubrano@yahoo.it

Michele Lubrano

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