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venerdì 22 Novembre 2024
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Caffè Girani: ecco la storia dietro la più antica torrefazione di Venezia

E' la più antica torrefazione di caffè di Venezia, è gestita da tre donne che stanno progettando l'apertura della bottega del caffè, un sorta di contenitore culturale in cui non si disperda l'arte dell'artigianato gravemente colpito dal Covid

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VENEZIA – Caffè Girani è uno dei tanti esempi di torrefazioni a conduzione familiare che arricchiscono il made in Italy da generazioni. A Venezia si perdono le sue origini lontane, che raccontano la storia di un’attività storica della città che continua a restare attiva e contemporanea ancora oggi. Leggiamo di questa impresa da veneziaradiotv.it.

Caffè Girani: dietro la torrefazione più antica di Venezia

Abbiamo intervistato Roberta Girani, artigiana del caffè di Venezia. Roberta Girani discende da una famiglia di torrefattori di caffè. Il nonno è Giuseppe Girani, conosciuto nel mondo del calcio per essere stato allenatore del Venezia. Si innamorò di una triestina, e da quell’amore nacque anche quello per il caffè che ha trasferito a Venezia, fondando la più antica torrefazione della città.

Un’azienda familiare

“La nostra è un’azienda a carattere familiare. Noi siamo le eredi di questa tradizione artigianale, siamo tre donne, io, mia sorella e mia madre. Ovviamente abbiamo degli aiutanti e persone che portano in giro il caffè per bar ristoranti e alberghi di Venezia. Stiamo pensando di creare una sorta di museo del caffè, un luogo in cui non solo si degusta il caffè ma si racconta anche la sua storia. Noi donne ci teniamo molto alla tradizione, a conservare, e ci mettiamo il cuore. Non volevamo perdere la memoria del caffè a Venezia, che dall’oriente è stato portato qui e da qui si è propagato in tutta Europa. Oltre al fatto che ci teniamo alla qualità del prodotto, quindi a conservarne la miscela nella sua qualità”.

Un caffè più nordico

I Girani sono grossisti e anche creatori di miscele, famosi per una torrefazione fatta a bassa temperatura che conserva di più gli aromi, chi mitiga l’amaro del caffè. “È più sul dolce, – spiega Roberta – abbiamo miscele fatte su misura, chiamate con nomi di persone. Hanno qualità molto particolari, che non si trovano facilmente. Il nostro caffè non ha un colore molto scuro, è medio, non è molto tostato come al sud, è più nordico, e si presta meglio a Venezia, essendo umida”.

La miscela Fassina e il macchinario degli anni 40
“La miscela Fassina è particolarmente laboriosa. Ha undici qualità di diversa provenienza prevalentemente dal centro America, ma anche da Etiopia, Guatemala e Costarica. Fassina era molto esigente e voleva una miscela arabica ma molto ricca, è una sinfonia di aromi. È la bellezza delle miscele italiane, il saper mescolare i diversi aromi in dosi adeguate”.

“La nostra macchina è degli anni 40, prima era a carbone, poi è diventata a gas. Quando si entra da noi si vive un mestiere che si tramanda per esperienza, i tempi sono lunghi, la sapienza della persona è prevalente e si passa di generazione in generazione. C’è poco di tecnologico, molto di manuale”.

L’arrivo della pandemia vissuto da Caffè Girani

“Fornivamo un po’ tutti prima della pandemia, abbiamo sempre fornito i migliori, il Cipriani, Ca Sagredo… Vari posti simbolici di Venezia prendevano il caffè da noi, prima della pandemia, ma ora c’è poco movimento, non c’è riscontro, non ci sono turisti, sono tutti fermi. Abbiamo un dipendente che è il torrefattore, e abbiamo dovuto ancora ridurre, per problemi del periodo. Per ora non abbiamo avuto aiuti. Noi siamo convinti che la nostra attività, anche se toccherà il fondo, potrà ripartire. Il caffè in generale è un bene particolare, e siamo certi che dovremo cambiare strategia: non lavorare più per un caffè veneziano e solo per alberghi e ristoranti di Venezia, ma rivolgerci più a un mercato esterno, anche online. Abbiamo molti estimatori stranieri” spiega Roberta Girani.

Il caffè nella storia di Venezia

“Il caffè inizialmente arrivava a Venezia, è esploso con le botteghe del caffè del 1700. Ma ha iniziato ad approdare proprio qui, si è diffuso in modo capillare, non c’erano le botteghe ma veniva venduto per le strade dai rivenditori di acqueviti e malvasia. Hanno trovato nel caffè una bevanda amatissima ed economica. Poi nel 700 si sono formate queste bellissime botteghe e c’è stato il boom”.

Il caffè alla turca

“Inizialmente era solo indiano, Goldoni racconta bene come lo facevano alla turca. L’ambasciatore l’aveva visto in Turchia, ha individuato la bevanda che riscuoteva successo e l’ha copiata, era bevuto alla turca. L’idea della miscela è stata molto successiva, ed è stata un’idea italiana. Il tutto per aver un prezzo e qualità costante nonostante l’andamento della singola qualità che dipende dalla stagione o dall’annata. Ci permetteva di avere un prezzo calmierato, abbiamo iniziato a fare le miscele anche con le robusta, che sono qualità un po’ meno pregiate rispetto alle arabiche” ha concluso Roberta Girani.

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