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Alla scoperta del Caffè Fernanda, la caffetteria della Pinacoteca di Brera

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MILANO – All’interno della Pinacoteca di Brera c’è il Caffè Fernanda dedicato a Fernanda Wittgens. La quale “dopo le distruzioni della guerra dedicò se stessa al risorgere della città della cultura della Pinacoteca di Brera. Attuando nell’antico istituto il moderno concetto del museo vivente”. Ne parla Paola Bulbarelli, in un articolo pubblicato sul Foglio, di cui riprendiamo i passaggi più interessanti.

Le parole sopra citate furono scritte da Tommaso Gallarati Scotti

Il presidente onorario degli Amici di Brera, su un blocco di marmo donato dalla Fabbrica del Duomo con lettere disegnate da Giacomo Manzù.

E Non c’è dubbio – osserva Paola Bulbarelli – che anche la ex direttrice (una Giusta tra le Nazioni), prima donna in Italia a dirigere un museo, avrebbe condiviso la scelta “moderna” di una caffetteria in un luogo come Brera. Contaminandolo con i più contemporanei usi e costumi che ormai coinvolgono pure i sacri luoghi alla cultura.

Tavolini all’aperto sotto il portico colonnato, poltroncine all’interno. Dove, sopra al bancone, svetta una grande opera di Pietro Damini (“San Bernardo converte il Duca D’Aquitania”).

Il sacro e il profano vanno a braccetto nella caffetteria, inaugurata nel 2018 dopo tre anni di lavori per il riallestimento delle sale, in occasione della presentazione della mostra “VII Dialogo – Attorno a Ingres e Hayez: Sguardi diversi sulle donne di metà Ottocento”, arredata con uno stile che si rifà al bon ton anni Cinquanta. Molto milanese.

Oltre il bookshop

La nuova filosofia sovverte la visione del bookshop come unico spazio aggiuntivo, aprendo le porte dei musei al “volgare” bere e mangiare ormai riabilitati al pari di una visita guidata. Perché a Milano ormai mangiare o prendere un drink al museo è bello come vedere una mostra.

Perché tutto è di alto livello, nelle caffetterie e ristoranti d’arte milanesi, perfino un semplice panino ha l’allure di un manicaretto se servito tra opere d’arte. E’ la storia di un nuovo modo di fare ospitalità culturale che Milano ha imparato – molto ben imparato – dai grandi musei internazionali. Panini, sì. Come quelli gourmet proposti al Bar Luce della Fondazione Prada, progetto firmato da Wes Anderson, il regista di Grand Budapest Hotel, che ha ricreato l’atmosfera di un tipico caffè della vecchia Milano.

Il bar in un museo è un valore aggiunto

“Il bar o un ristorante in un museo è un valore aggiunto – spiega Anna Maria Montaldo alla guida del Polo museale arte moderna e contemporanea di Milano – e nel caso del Mudec e del Museo del Novecento, dal punto di vista della ristorazione, si tratta di due ristoranti di grande levatura e anche quello è un aspetto in più che aggiunge qualcosa alla bellezza e qualità del museo”.

Enrico Bartolini, l’unico chef nella storia della Guida Michelin ad aver conquistato quattro stelle in un sol colpo, due delle quali al ristorante che porta il suo nome all’interno del Mudec, il Museo delle Culture di Milano. E Giacomo al Novecento.

Un modo nuovo di organizzare i musei

“Ad altissimo livello in entrambi i casi, ma non alla portata di tutti in visitatori”. Al Mudec, però, c’è anche il bistrot a misura di qualunque visitatore. Entrambi i ristoratori sono presenti fin dalla data di apertura dei musei: Giacomo da dieci anni, Bartolini dal 2015. Ovvero: non sono spazi aggiunti, ma un’idea di ristorazione che si coniuga con altre offerte che era già presente dall’inizio. E siccome funziona, sta cambiando il modo di organizzare i musei, ma anche di decidere per una cena con gli amici, dei milanesi.

Anche il delizioso LùBar nasce dalla creatività di una intera famiglia che da sempre è abituata al bello. Un nome un programma: Lucilla, Lucrezia e Ludovico, i tre fratelli Bonaccorsi (impegnati in prima fila) ma anche Luna, Luchino, Ludovico, Lucio e Luisa Beccaria, stilista famosa, moglie e mamma “sempre di aiuto avendo un gusto incredibile”, sottolinea la figlia Lucrezia.

Nell’aprile 2017, il LùBar partecipa al bando per la creazione di un ristorante alla Villa Reale di Milano che ospita la Galleria d’arte moderna, in via Palestro. Affronta così una nuova sfida: un caffè, bistrò e ristorante con un menu più elaborato e uno stile curato che si distingua nel minimo dettaglio, ricordando le origini siciliane, pur mantenendo l’atmosfera rilassata dello street food e rispettando il prestigio della location.

Un pubblico trasversale

LùBar Villa Reale è aperto da mattina a sera e accoglie un pubblico trasversale: dalle colazioni dei campioni per sportivi ai visitatori stranieri interessati alla vicina Galleria, dai pranzi di lavoro a chi cerca un posto nuovo all’aperitivo o una cena con musica dal vivo.

Anche questa è Milano, nei giorni del Fuorisalone: i posti migliori per mangiare sono al riparo dal caos, nascosti nei musei.

Paola Bulbarelli

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