BRUXELLES – Fatti e opinioni. Sempre rigorosamente separati. Per i giornalisti. Non così per i politici. Tuttavia alcune volte anche le opinioni più estremistiche vanno pur conosciute. Per questo riportiamo di seguito un’analisi che è stata pubblicata sul blog di Beppe Grillo, tra i fondatori e attualmente garante del Movimento 5 stelle. Un articolo che riguarda i consumi all’interno della Commissione Europea, scritto da Ignazio Corrao.
D’altronde proprio la Commissione dovrebbe esser l’esempio di rettitudine, verso un unico obiettivo comune, ovvero il bene dei cittadini. A Bruxelles insomma, ogni cosa dovrebbe essere mantenuto sulla linea dell’eticità. Persino il cibo e le bevande servite dentro gli uffici che governano, o dovrebbero governare, l’Europa.
Se le vostre opinioni non coincidessero con quello che leggerete sotto oppure avrete altri dati da aggiungere al dibattito, non esitate a comunicarceli.
Quanto leggete sotto non coincide con la linea di Comunicaffè.
di Ignazio Corrao
Caffè etico o austero?
Negli edifici che ospitano la Commissione Europea, la parsimonia non è proprio la caratteristica che va per la maggiore però. Difatti, l’acqua acquistabile al suo interno, resta la più costosa del Belgio. Pagata a più del doppio del prezzo di mercato; 2,20€ nei confronti degli 0,80 cent di € chiesti nel più caro supermarket di Bruxelles.
Naturalmente tutto ciò che mangiano o bevono è rigorosamente certificato eticamente
Caffè, frutta, tè, cioccolato, costano un po’ di più del normale. Perché è garantito che per produrre quei cibi nessun diritto umano o ambientale è stato violato. Tutto garantito sulla carta.
Perché anche qui, si tratta solo di percezione della realtà. Nelle istituzioni europee si paga una tazza di caffè mediamente un euro, poi ci sono le eccezioni della solita commissione europea che lo paga il 20% in più.
L’Europa è uno dei maggiori consumatori di caffè
Mentre i paesi produttori di caffè sono per lo più paesi poveri come il Sud Sudan e il Guatemala. Ecco, dovete sapere che di quell’euro che pagate per una tazza di caffè, spesso eticamente certificato, meno di un centesimo va a chi lo ha raccolto in condizioni di povertà estrema.
L’Europa è la prima beneficiaria del lavoro minorile e della povertà estrema
Alcuni giornalisti hanno documentato minuziosamente come il meccanismo che porta alle certificazioni per il cacao e il caffè, meccanismi finanziati dall’UE (“Fairtrade” e “UTZ”) contribuisca a confondere il consumatore.
Oggi le principali compagnie di caffè sono alla ricerca di zone di montagna nelle regioni povere del mondo. Dove abbonda manodopera conveniente e la migliore terra fertile, spesso foreste e terre vergini, per istallare nuove piantagioni di caffè.
Eradicare la povertà nei paesi poveri e produttori di caffè richiede trasparenza, visione e responsabilità sociale di impresa
Nei paesi sviluppati, come in Europa, l’industria di caffè è poderosa, genera miliardi di euro di fatturato e conseguentemente di tasse. Di tutto ciò arriva molto poco o niente ai lavoratori del campo e alle loro famiglie.
Anche se i marchi etici ci assicurano che il maggior prezzo pagato servirà per far studiare e crescere bene i bambini nei paesi poveri e produttrici di caffè, solo una bambina su 20 riuscirà a diplomarsi. Le altre saranno sfruttate tutta la vita.
Era il 1914 quando Henry Ford decise di pagare i suoi operai minimo 5 dollari al giorno. Avviando coscientemente la classe operaia statunitense verso la classe media.
Ancora oggi, dopo essere passato più di un secolo, ci sono persone al mondo che prendono meno di 5 dollari per poter garantire alla propria famiglia il sostentamento. Cafeteros, bananeros, ma succede anche in Italia con le vittime del caporalato o nella civilissima e ricchissima Svizzera nel settore dell’edilizia.
Però con una sostanziale differenza, i 5 dollari che pagava Ford ai sui dipendenti attualizzandoli oggi varrebbero 120 dollari; mentre i nostri 5 dollari di oggi nel 1914 equivarrebbero a 21 centesimi.