domenica 22 Dicembre 2024
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Espresso italiano: il sì del ministero, Caballini, Morello, Quarta e Lino Banfi firmano la carta dei valori

Il Conte Caballini di Sassoferrato: "Dal Brennero a Lampedusa a questo punto l'Italia è tutta unita. Rappresenta la testardaggine dei veneti e dei friulani, l'operosità lombarda, la simpatia emiliana, la fantasia di Napoli e la grande ospitalità della terra siciliana: tutta l'Italia è rappresentata nel nostro dossier. Quando siamo uniti siamo una forza."

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ROMA – Appuntamento imperdibile nella Sala Cavour del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nella capitale, per assistere alla presentazione della candidatura Unesco de “Il caffè espresso italiano fra cultura, socialità, rito e letteratura nelle comunità emblematiche da Venezia a Napoli”. Riuniti attorno alla tazzina, molti esponenti politici per promuovere il dossier: Stefano Patuanelli, ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali, Gian Marco Centinaio, sottosegretario per le politiche agricole, alimentari e forestali, Vincenzo De Luca, presidente della regione Campania.

Naturalmente, con la penna pronta tra le dita non poteva che esserci il conte Giorgio Caballini di Sassoferrato, presidente del Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale. Presente all’appello anche Luigi Morello, presidente del comitato scientifico del Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale.

E poi, come sempre si è dimostrato in tutti questi anni (l’iter verso il riconoscimento non si è mai fermato dal suo avvio nel 2015), a sostegno della candidatura si è mosso dal Salento a Roma anche Antonio Quarta: come rappresentante della comunità emblematica e del caffè leccese, ha voluto letteralmente, metterci la firma.

E non è stato il solo: ad accompagnarlo in questo gesto formale e simbolico, il celebre Lino Banfi, che da bravo pugliese ha scelto Quarta Caffè per il suo ristorante romano Orecchiette Banfi e conferma il suo legame firmando insieme al torrefattore.

Espresso italiano: si va avanti dritti verso l’Unesco

Sud e nord Italia si incontrano sulla carta dei valori delle comunità emblematiche, per promuovere l’espresso italiano e il suo valore culturale che si esprime in diversi modi lungo tutto lo Stivale ma con la stessa forza della tradizione.

Un lungo filmato ad aprire l’evento, per introdurre la storia dietro la tazzina del vero espresso italiano tradizionale: una carrellata di bar storici, tazzine, operatori, clienti, tostatrici, macchine a leva. E il sentimento condiviso per questa bevanda dell’accoglienza. Un ethos comunicato che merita di esser elevato.

Nelle riprese fa il capolino anche il Maestro della pasticceria mondiale, Iginio Massari: “È il caffè che ci intrattiene per ricordarci un momento di gioia. Che fa stringere le mani alle persone che non conosciamo. Il caffè è la cultura italiana, cosa vogliamo di più?”

Il ministro Stefano Patuanelli, che è triestino, si inserisce: “Credo che questa candidatura nasca da un percorso virtuoso che in qualche modo rappresenta il superamento delle diversità. Due candidature che si uniscono per arrivare al riconoscimento del valore del caffè espresso italiano. Riconosciamo il valore della tazzina in tutte le latitudini del nostro Paese.

Ci sono molti elementi in più che ci fanno pensare che sia una candidatura molto credibile: il tema della sostenibilità, della filiera, dei luoghi dove si coltiva la pianta, accompagnati in un percorso di diritti dei lavoratori e lavoratrici.

Questa è la stessa solidarietà che ritroviamo nel caffè sospeso, che è la comprensione del fatto che anche le persone che coltivano hanno dei diritti. C’è poi un valore economico e industriale: siamo il Paese che ha una produzione di macchine incredibile, una filiera importantissima.

Tutti questi fattori fan sì che la tazzina rappresenti ben più del liquido buonissimo contenuto al suo interno, ma è lo spirito italiano, la capacità di superare assieme i momenti difficile, di esser gli uni vicini agli altri.

Uno di quei momenti importanti per far capire quali sono le nostre eccellenze, proponendole alle comunità internazionali con credibilità.”

Gian Marco Centinaio, sottosegretario ha proseguito: “Due comunità hanno collaborato in modo importante, partendo da presupposti diversi che però arrivano ad un unico risultato.

All’attenzione dell’Unesco e del mondo, una sintesi partita dalle singole peculiarità. Il caffè espresso italiano, fra cultura, rito, società: parole che sembrano banali ma, se andiamo ad osservarle bene, sono l’essenza della nostra vita e storia.

Abbiamo voluto mettere da Venezia a Napoli, ma queste due città rappresentano tutto il Paese. Si arriva a Palermo, da Alzano lombardo a Lampedusa, vogliamo raccontare tutti.

Mia nonna diceva sempre: prendere un caffè fa talmente parte della nostra tradizione, che durante la guerra anche senza aver a disposizione la materia prima, si preparava comunque con altri ingredienti, perché era un modo di stare in famiglia e star vicini ai propri cari. ”

E’ il turno del presidente De Luca sull’espresso italiano

“E’ una bella giornata per noi. Ci auguriamo di concludere così un trittico che ci può riguardare come Regione Campania. Abbiamo già avuto il riconoscimento per l’arte della pizza napoletana e per la dieta mediterranea. Con il caffè pensiamo di completare il nostro cammino nei confronti del bene dell’Unesco.

Sono contento di questo percorso: essere uniti su una cosa in Italia è un piccolo miracolo. È un obiettivo di missione: non stiamo litigando, almeno sul caffè abbiamo trovato una linea di intesa straordinaria.

Non significa che abbiamo lo stesso caffè ovunque, non esageriamo. Saluto però con grande affetto gli amici del Consorzio che avevano iniziato questa iniziativa.

L’Italia è il caffè nel mondo.

Socialità: indubbiamente dietro la tazzina c’è una filosofia di vita. Entra nello stile di vita degli italiani: la mattina c’è il caffè. Uno dei nostri tormenti all’estero è quello di fare colazione. E’ un modo di riprendersi quando si è stressati, di iniziare la giornata.

A Napoli è un modo per trovare un attimo di respiro, per umanizzare i tempi di vita. Per ritrovare se stessi. L’immagine classica è quella di Eduardo De Filippo sul balcone.

Produzione: c’è un’estensione del caffè nella produzione industriale delle macchine del caffè, settore in cui siamo leader indiscussi. (il 70% delle macchine professionali per l’espresso è made in Italy n.d.c.).

Richiamo culturale: nelle città del nord, con i caffè letterari, gli intellettuali si sono ritrovati per scambiare le proprie opinioni, è parte della tradizione.

Un riferimento anche va ai 70 Paesi produttori di caffè: in genere abitati da gente povera (100 milioni di agricoltori e altrettante famiglie; in Africa, Asia e nell’America centrale; N.d.C.), che conta spesso su una mono produzione o su di una principale che è proprio il caffè. Si regge su questo prodotto.

E poi il caffè sospeso, tutto napoletano: parla un po’ delle due facce di Napoli. Dove si trova il meglio e il peggio del mondo, dal punto di vista dell’umanità.

Un altro elemento forte nella tradizione popolare: quando ci sono lutti e funerali, uno dei modi a Napoli, il conzuolo dei parenti, è quello di portare il caffè.

E’ un piccolo privilegio, regalo, che nella nostra cultura serve a rincuorare chi vive quei momenti di grande tristezza.

E’ un piccolo chicco, ma è legato a tante cose straordinarie: socialità, cultura, economia, modo di vivere il ritmo della quotidianità. Noi presentiamo questo lavoro comune, lo preserviamo in un periodo complicato per tutti noi.

Auguriamoci che questo piccolo segno di unità e di umanità che si ritrova, possa prevalere anche con la ragione a livello internazionale e che possiamo ritrovarci tra qualche mese ancora qui, senza immagini di morte e di sangue che arrivano da un Paese invaso in questo momento.

Intanto, noi partiamo con questo segno di speranza.”

Un breve excursus di com’è nato il Consorzio e questa iniziativa, dal Conte Giorgio Caballini:

Il Conte Caballini di Sassoferrato, firma la carta dei valori (foto di Antonio Quarta)

“Nel dicembre del 2013 è arrivata la notizia che il caffè turco era diventato patrimonio Unesco. Di qui mi sono posto la domanda: e il caffè espresso italiano? Così ho iniziato a lavorare per raccogliere adesioni ed è nato nel settembre del 2014, il Consorzio di tutela.

Successivamente venne elaborato il dossier e nel 2015, il caffè venne protocollato a livello ministeriale. Poi nacque anche il rito e l’arte del caffè espresso italiano, presentato nel settembre 2021 e questo in contemporanea della cultura del caffè napoletano.

Così la commissione Unesco si trovò di fronte al dilemma di dover scegliere tra le due. A quel punto ci venne riferito che avremmo dovuto trovare un punto di incontro.

Il dottor Giuseppe Ambrosio ci convinse di poter fare un unico dossier: è un’opera di notevole entità.

Dal Brennero a Lampedusa a questo punto l’Italia è tutta unita. Rappresenta la testardaggine dei veneti e dei friulani, l’operosità lombarda, la simpatia emiliana, la fantasia di Napoli e la grande ospitalità della terra siciliana: tutta l’Italia è rappresentata nel nostro dossier.

Quando siamo uniti siamo una forza.

Il caffè rappresenta un elemento di socialità, è interculturale, interreligioso. Un caffè può esser bevuto da un ricco e da un povero: ci unisce e in questo momento ne abbiamo tanto bisogno.

Ringrazio chi ci ha fornito il materiale per poter giungere a questo risultato e tutti gli operatori del settore che hanno contribuito a questo obiettivo.”

Intervenuto anche Lino Banfi, ambasciatore per l’Italia dell’Unesco, sollevando tante risate: “Credo ai casi della vita: troppe coincidenze si sono verificate affinché io fossi presente qui.

Nel film “Vieni avanti cretino” c’è proprio la scena celebre del caffè dove divento nervoso per averne bevuto troppo. Ancora oggi, a distanza di 42 anni da quel film, nel bar mi chiedono: lo vuoi sheckereto con la mia cadenza, o “lo vuoi con utopia”?.

Stranamente, oggi nell’Orecchietteria dei miei figli, si beve il caffè di Lecce, del signore di cui non farò il nome accanto a me, Quarta Caffè, che mi aveva già coinvolto anni fa come rappresentante dei prodotti pugliesi.

Il mio sogno è sempre stato quello di fare una pubblicità di caffè, perché rappresenta l’Italia.

A proposito di coincidenze, sto scrivendo da circa due mesi, un soggetto che si chiama “il caffè del cappuccino“: il racconto di un frate cappuccino, che ha imparato da missionario a coltivare la pianta del caffè e prova a rifarlo a Bari.

Aldo Cursano vice presidente della Fipe, Federazione italiano pubblici esercizi, si è unito al coro: “Rappresento il mondo dei bar italiani con Fipe. In un momento importante come questo, mi piacerebbe ricordare che il bar è la casa fuori casa degli italiani.

Il caffè è il simbolo, l’orgoglio dell’italianità. I nostri sono i luoghi dove la società si incontra, condivide i momenti belli.

Rappresenta uno stile di vita che noi dobbiamo custodire. Con la pandemia, la loro mancanza, ci ha ferito.

Il caffè è l’espressione più democratica della nostra società. Intorno alla tazzina c’è il mondo, che ha ispirato grandi movimenti letterari, le più belle canzoni, i più bei film.

In questa occasione, chi come me vive nei bar, rappresenta questo valore di relazione che è il punto di riferimento della comunità.

In un momento così cupo che ha messo a rischio un intero modello, è una boccata d’ossigeno. La tazzina come simbolo della storia e della cultura del nostro Paese.

Dobbiamo salvaguardare questa identità come patrimonio immateriale e materiale dell’Italia.

L’onorevole Maria Chiara Gadda conclude: “Un momento di gioia. Viviamo certamente un momento difficile, ma regalare un sorriso, un simbolo di unità, è quello che ci contraddistingue.

Dobbiamo portare questa nostra positività, esser costruttori di pace e benessere, proprio in questo periodo storico. Ricordiamo i tantissimi italiani sparsi nel mondo: il caffè è stata l’occasione di unità vera in tutti i luoghi in cui i nostri cittadini hanno sviluppato la ricchezza e il buon nome del nostro Paese.

E proprio attorno al caffè hanno mantenuto i valori che porta dentro di sé, legate alla nostra bellezza e al nostro saper fare.”

Si chiude l’evento con la firma dei rappresentanti di ciascuna comunità emblematica: Luigi Morello come responsabile di tutte le comunità emblematiche, Marco Ferraro per Urbino, per Trieste Omar Zidarich, per Venezia Giorgio Caballini di Sassoferrato, per Roma Ilaria Danesi e Aldo Maria Cursano per Roma, per Pescara Arnaldo Saquella, per Napoli Antonio Sergio e Massimiliano Quintiliani; per Lecce Pasquale Zagaria (Lino Banfi), Antonio Quarta e Lino Banfi, per Palermo Arturo Morettino, per Modica Giovanni Spadola.

 

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