MILANO – La “tazzulella”, quella nessuno ce la leva. Ma forse i giorni sono maturi perché la passione italiana per il caffè sfondi l’ultimo muro.
E faccia il suo ingresso adulto nella cocktail era che stiamo vivendo. Per intendersi: non più soltanto espresso, non più soltanto dolci e gelati, ma drink capaci di aggiungere sapori nuovi al ventaglio che ciascuno di noi conosce.
In principio fu l’Irish coffee, inventato nel 1942 all’aeroporto irlandese di Foynes.
Poi, nel 1949, arrivarono il Black e il White Russian, dall’ispirazione del bartender del Metropol di Bruxelles, Gustave Tops.
Ma il grande coffee drink degli ultimi anni è l’Espresso Martini di Dick Bradshaw, inventato a Londra alla fine degli anni Ottanta e best seller attualissimo in buona parte del mondo tranne che in Italia. Il motivo non me lo so spiegare.
Per provare quel che si sta muovendo, vale la pena di farsi un giro, nei giorni del Salone del mobile, in Via Ventura 3 a Milano.
Qui, la gloriosa Faema un tempo aveva lo stabilimento in cui si realizzavano le leggendarie E 61, le macchine da caffè italiane conficcate nell’immaginario del mondo.
E qui è in corso il progetto Art & caffeine, che nei giorni del Salone del mobile, agli altri eventi per i fan del caffè, aggiungerà anche uno spazio dedicato alla miscelazione, curato da Fabio Perugini del Melchionni Café di Alessandria.
Fabio proporrà due drink, uno analcolico e uno alcolico.
Per esempio?
“Il senza alcol è semplicissimo, l’idea è quella di aggiungere alla gamma dei sapori del caffè una nota acida, allungandolo con il chinotto e nebulizzandolo con un olio essenziale di cedro”.
Il cocktail alcolico invece “aggiunge al classico espresso un liquore al cardo e al carciofo, il Cardamaro, e uno a base di bergamotto, oltre a succo d’arancia e lime”.
Il punto è che l’aggiunta del caffè agli ingredienti di un bar, se ben organizzata, può aprire una strada tutta italiana alla mixology.
Se ne è accorto Tony Conigliaro, guru globale della miscelazione, che a Londra ha aperto il Bar Termini, un sofisticatissimo concept bar che ricrea l’atmosfera della caffetteria di una stazione italiana anni Cinquanta.
Lo guida Luca Bergagna che ne è convintissimo: “Da quel che vedo, sono ormai tantissimi i bartender che lavorano sul caffè: creano tantissime infusioni, aromatizzano il vermouth, infondono gin, vodka, rum e parecchi altri spiriti. Per esempio, vedo moltissimi Negroni al caffè”.
Insomma, ora tocca a noi scoprire il prossimo grande drink. I suggerimenti sono incoraggiati. Del resto, ogni scusa è buona per un caffè…
Marco Cremonesi