NAPOLI – Le origini del caffè spesso vengono fatte coincidere con delle precise città italiane, a seconda di chi esprime la sua opinione, legata a un gusto personale. Alcuni pensano che sia Milano, magari per i recenti sviluppi del settore che hanno visto il capoluogo meneghino al centro degli eventi al caffè.
Altri invece lo fanno risalire a Trieste, dove il commercio faceva circolare il chicco già da tempi antichi. Ma sicuramente, ci sono tanti che pensano a Napoli come Patria dell’espresso, con la ricetta del caffè napoletano preparato con la cuccuma.
A tal proposito, un curioso articolo pubblicato su napolimilionaria.it, ha esposto un’interessante correlazione tra un’espressione colorita, e la tazzina.
Ovvero, quando si dice: questo caffè è una ciofeca. Ma cosa significa davvero questa parola? Ne ripercorriamo l’etimologia nel testo seguente.
Ciofeca: greco, arabo? Cosa significa?
“Questo caffè è una ciofeca!” diceva Totò nel suo film “Totò a Colori” e grazie al successo cinematografico questo modo di dire si è diffuso in tutto lo stivale. In genere sta ad indicare un bevanda dal cattivo sapore.
Ma da dove deriva in realtà il termine ciofeca? Non sembra una parola “spagnoleggiante” come numerosi termini dialettali partenopei, così abbiamo cercato di approfondire imbattendoci in diverse scuole di pensiero. C’è chi attinge dal greco.
“Kofos” indicherebbe un’entità insulsa, priva di sapore e freschezza, come lo sarebbe un caffè annacquato o di pessima qualità. Potrebbe tuttavia derivare anche dall’arabo, infatti sono molte le parole napoletane con radice orientale. Dunque ciofeca deriverebbe da “sciafèk” (cosa scadente, liquido imbevibile).
Un’altra tesi, più vaga e meno radicalizzata, è quella che indica la ciofeca come bevanda fatta di orzo, fave e persino il carciofo
Che lontanamente emanava un odore simile a quello del caffè, ma appunto solo l’odore visto che il sapore era davvero pessimo! Anche se Napoli è considerata oggi patria del caffè, prima non era mica semplice reperirlo e in qualche modo si cercava di riprodurlo, ma con risultati poco encomiabili.
Tuttavia questo termine, per estensione, viene anche adottato per indicare una persona di scarso valore, una “vera ciofeca”, priva di ogni capacità
Insomma una ciofeca diventa tutto ciò che fa schifo o mal riuscito, come un dolce ad esempio, o ancora qualsiasi altro strumento o cosa mal funzionante.
Ma i napoletani si limitano al caffè, per tutto il resto si usano numerosi altri detti che indicano lo scarso valore di una persona, un esempio? “Si comm’ ‘a furchetta dint’ ‘o bror’, ‘nun sierv‘”. A cosa serve la forchetta nel brodo? appunto a nulla… e questo modo di dire potrebbe sostituire lo stesso “ciofeca” relativa ad una persona senza valore.