Marco Schiavon, amministratore delegato di Caffè Borbone, ripercorre la storia dell’azienda fino ad arrivare all’obiettivo quasi raggiunto di 300 milioni di euro di fatturato e la sfida di imporsi nel mercato statunitense. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Raffaella Polato per il quotidiano Il Corriere della Sera.
Il percorso e gli obiettivi di Caffè Borbone
CAIVANO (Napoli) – Massimo Renda è il self-made man che l’ha inventata. Carlo Pesenti il nome blasonato che, a un certo punto dell’avventura, l’ha affiancato per spingere la crescita là dove il fondatore, con i suoi soli mezzi, non sarebbe potuto arrivare.
Marco Schiavon l’uomo che, due anni fa, Renda e Pesenti hanno chiamato per la terza fase dello sviluppo: l’internazionalizzazione. È lui qui, in questa conversazione che ripercorre (anche) i momenti chiave di una case history mai raccontata davvero dai diretti protagonisti, a indicare gli obiettivi ora che Caffè Borbone è a un passo dal tetto dei 300 milioni di fatturato.
Raggiunto di corsa: un quarto di secolo appena. Ma realizzato, tutt’ora, quasi per intero in Italia. È anche questo a spiegare perché, a Caivano, quei 300 milioni previsti per il bilancio 2023 — utili industriali netti, tanto per dare subito un’idea dei tassi di redditività: tra il 25 e il 27% — li festeggeranno , è ovvio, ma come si festeggiano i traguardi intermedi. E okay, d’accordo: è quello che fanno tutti gli imprenditori.
Nessuno guida aziende senza avere per obiettivo la crescita. Trovarne, però, di track record simili. Ricostruirne le tappe ha senso non solo perché questa è la storia di un successo imprenditoriale, raggiunto oltretutto in un territorio difficile come lo è quell’area del Napoletano.
C’è di più. È quasi una manuale delle scelte che ogni piccolo imprenditore prima o poi è costretto a fare. Vai da una parte e diventi via via un po’ più grande. Vai dall’altra, e magari vivi persino meglio, ma avrai soffocato le potenzialità dell’azienda.
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