MILANO – La patria dell’espresso ha aperto le sue porte al caffè americano, che è il più bevuto e apprezzato nel mondo intero. Accade da qualche tempo ormai, tanto più dopo l’approdo epocale a settembre 2018 di Starbucks in Piazza Cordusio. Una diffusione che ormai ha preso piede non solo in più punti della metropoli meneghina, ma che continua lungo tutto lo Stivale. Fino a raggiungere la capitale.
Che cosa significa per i consumatori italiani? Questa è già una prima bella domanda. Una seconda però riguarda i turisti che, se di solito erano affascinati dalla vera tazzina di espresso, ora cercheranno il sogno di Howard Schultz in tutte le città italiane in cui la sirena canterà attirando a sè i clienti internazionali.
Anche Roma, presto, vedrà bicchieroni fumanti vagare sotto il Colosseo. Sull’effetto della catena di caffetterie che ha conquistato anche il Bel Paese, lasciamo un approfondimento di Mauro Evangelisti, su Repubblica.it. Che pone alcuni problemi sull’argomento.
Caffè americano o caffè italiano? Questo è il problema
In una delle strade principali di Bangkok c’è una caffetteria che con alcuni cartelli annuncia di servire il caffè romano più diffuso (Palombini); in alcuni grandi centri commerciali di Seul puoi trovare gelaterie che propongono uno dei brand storici dell’Esquilino, il Palazzo del Freddo di Fassi.
Sono solo due esempi per spiegare che non per forza Roma è terra di colonizzazione. A volte sono i marchi locali a viaggiare.
La premessa serve a guardare con più razionalità e senza diffidenza ad un evento, l’arrivo di Starbucks, in zona Prati. Ha alimentato il dibattito sui social, che già aveva avuto dei prequel quando la notizia era ancora nel territorio dell’incertezza, se non del fake.
C’è chi grida al sacrilegio
Perché ritiene che il caffè espresso sia un patrimonio italiano che non può diventare oggetto di conquista per la multinazionale che, secondo i conservatori, servirebbe prodotti di scarsa qualità a prezzi troppo alti.
Molti altri invece pensano l’esatto contrario: a Roma la qualità media (con le dovute eccezioni) dei bar e dell’espresso non è memorabile, lo sbarco di Starbucks può dare una scossa. Tenendo conto che i turisti, anche i più avventurosi, ogni tanto cercano un ambiente conosciuto e di cui conoscono le liturgie. «Frappuccino» o «che me fai un latte macchiato con latte freddo, poca schiuma»: che la sfida abbia inizio.