MILANO – La Federazione nazionale dei produttori di caffè della Colombia lancia l’allarme El Niño. Secondo un’analisi condotta dal servizio di assistenza tecnica di Fnc, il fenomeno avrebbe già colpito una porzione significativa delle aree di produzione del paese, con conseguenze negative preventivabili sin d’ora sul prossimo raccolto.
La conferma dal direttore esecutivo Roberto Vélez: “Calcoliamo che quasi il 18% della produzione stimata per il secondo semestre 2015 risulterà compromesso, in un modo o nell’altro, dalla carenza di pioggia” ha dichiarato la settimana scorsa il nuovo numero uno della Federazione.
L’attuale episodio di El Niño ha ormai assunto caratteristiche di tipo strong, portando a un aumento di almeno un grado centigrado della temperatura marina sull’oceano Pacifico equatoriale.
Stando alle ultime previsioni disponibili, l’attuale fase positiva dell’ENSO è destinata a intensificarsi e durare sino al termine dell’inverno 2015-2016.
Tale scenario, contemplato dalla maggior parte dei modelli, avrebbe il 90% di probabilità di realizzarsi. Spingendoci oltre, El Niño potrebbe prolungare il proprio ciclo vitale sino alla primavera del 2016, con una probabilità stimata attorno l’80%.
Tornando in Colombia, i cafeteros temono, in particolare, un forte incremento (sino al 50%) dei costi unitari causato dalla necessità di rafforzare le misure di controllo delle infestanti.
L’efficienza produttiva nelle operazioni di raccolta e lavorazione per via umida potrebbe ridursi anche del 40%, sostiene FNC. La Federazione non ha comunque fornito, sino ad ora, dati precisi quanto al possibile impatto sulla produzione, peraltro in forte ripresa nei mesi trascorsi.
“Se l’intensità del fenomeno sarà quella prevista, ci troveremo alle prese con una situazione complessa in termini di redditi e costi di produzione” ha aggiunto Vélez.
Le aree di produzione colombiane presentano un diverso grado di vulnerabilità agli effetti negativi del Niño. Le più esposte sono quelle nella fascia altimetrica al di sotto dei 1.300 metri s.l.m., con una temperatura media superiore ai 21.5°.
Il deficit idrico rende più difficile lo sviluppo degli arbusti (specie delle piante più giovani), con conseguenze sulla produzione, sulla qualità del raccolto e sulla redditività dei produttori.