MILANO – La Costa d’Avorio, maggiore produttore di cacao al mondo, non ha ancora registrato alcun caso, ma ha comunque da tempo chiuso le sue frontiere con i vicini Liberia e Guinea, da dove normalmente arrivarono molti lavoratori stagionali, e ora il raccolto è rischio. La Costa d’Avorio produce in media circa 1,6 milioni di tonnellate di cacao l’anno, il 33 per cento del totale nel mondo, e il contraccolpo sui prezzi si è già fatto sentire, mentre le maggiori aziende internazionali del settore si stanno organizzando per raccogliere fondi da donare in aiuti per combattere e prevenire il virus.
Il governo ivoriano ha disposto la chiusura delle frontiere con i sui vicini sin dallo scorso agosto e a settembre i costi dei futures del cacao si sono impennati. Da una media tra i 2.000 e 2.700 dollari per tonnellata, hanno raggiunto i 3.400 dollari, scrive Politico.com, secondo cui nelle ultime due settimane, tra alti e bassi, si sono stabilizzati attorno a 3.100 dollari.
E i giganti del cioccolato si sono già mobilitati. La World Cocoa Foundation (Wcf) ha avviato una sottoscrizione tra i suoi 115 membri, tra cui Nestlè e Mars, per ottenere donazioni da devolvere attraverso la sua Cocoa Industry Response to Ebola Initiative, e mercoledì alla sua riunione annuale, a Copenhagen, renderà noto come i fondi arriveranno agli operatori sanitari in prima linea, come la Croce Rossa o la Caritan International.
Ma c’e anche chi va oltre. Una delle maggiori aziende internazionali del cioccolato in Costa d’Avorio, il gigante svizzero Barry Callebaut, ha avviato corsi di prevenzione per tutti i suoi dipendenti sul posto, così come la Nestlè.
La paurà è però comunque tanta. Come riferisce Politico, Tim McCoy, consigliere del Wcf, lo ha potuto constatare di persona, nel corso del suo ultimo viaggio in Costa d’Avorio, a settembre. “Nelle riunioni – ha raccontato – di solito ci si stringe la mano e spesso tra uomini e donne ci si scambia un bacio sulle guance. Ma ora nessuno lo fa più”.