MILANO – Mentre i prezzi del caffè sono ingabbiati da mesi entro un un range ristrettissimo, quelli del cacao tornano a volare come non accadeva da tempo. Come osserva Sissi Bellomo in un’analisi scritta per Il Sole 24 Ore, solo a dicembre le quotazioni dei future languivano ai minimi decennali.
Da allora sono salite di oltre il 30%, a livelli che non si vedevano da oltre un anno: sopra 1.800 sterline per tonnellata a Londra. E sopra quota 2.600 dollari a New York. Il tutto in un mercato che rimane estremamente volatile.
Un rally improvviso
Il rally è iniziato a febbraio, in modo piuttosto improvviso, con una corsa dei fondi di investimento a ricoprire le posizioni corte, che erano state a lungo dominanti.
A cambiare in breve tempo l’orientamento sul mercato è stata una serie di fattori che hanno suggerito un ridursi della disponibilità di cacao superiore al previsto. L’International Cocoa Organization (Icco) a gennaio ha corretto al ribasso la stima sul surplus per la stagione 2016-17, portandola a 300mila tonnellate. E ha anticipato che nella stagione in corso l’eccedenza dovrebbe ridimensionarsi a 105mila tonnellate.
Consumi in ripresa
Senza contare che molti analisti sono ancora più pessimisti dell’Icco. Da un lato infatti crescono i timori per la produzione in Africa Occidentale, area da cui proviene oltre il 40% delle forniture di cacao. E dall’ altro i consumi sono in ripresa.
In Europa le macinazioni, da cui si ottengono burro e polvere di cacao, sono aumentate del 2,6% nel 2017 a 1,4 milioni di tonnellate, accelerando nel trimestre finale, quando la crescita è stata del 4,4% a 353mila tonnellate. I prossimi dati dalla European Cocoa Association (Eca) sono attesi a giorni.
È vero che in Nord America non va altrettanto bene: le macinazioni nel quarto trimestre 2017 sono scese a sorpresa, ai minimi da 5 anni per quel periodo.
Ma ci sono segnali preoccupanti sulle forniture
Il clima secco e ventoso in Costa d’Avorio e in Ghana, i due maggiori esportatori mondiali, minaccia il secondo raccolto annuale. Inoltre, Abidjan ha revocato incentivi statali per il rinnovo delle piantagioni e i prezzi a lungo bassi hanno indotto molti agricoltori a trascurare le coltivazioni. Anche la qualità delle fave è diventata più scarsa, spingendo al rialzo i prezzi delle forniture migliori sul mercato fisico europeo.