MILANO – L’industria dell’alimento più buono del mondo ancora oggi nasconde scenari loschi di schiavitù e sfruttamento. I bambini e i ragazzi che lavorano nelle piantagioni di cacao africane sarebbero, secondo alcune stime, più di 200mila di età compresa tra i cinque e i quindici anni, vittime di una vera e propria “tratta”.
Lavorano sottopagati se non gratuitamente, in condizioni pessime: vengono maltrattati e tenuti rinchiusi in baracche, spesso malnutriti. Il fenomeno riguarda numerosi paesi dell’Africa occidentale, tra i principali produttori di cacao del mondo (il 70% della produzione mondiale di cacao è coltivato qui): Costa d’Avorio, Mali, Benin, Togo, Ghana, Nigeria, Camerun, Burkina Faso.
I bambini lavoratori sono spesso esposti a condizioni estremamente dannose per la loro salute fisica e mentale, come afferma l’International Labor Rights Forum, una ONG statunitense.
La Nestlé, una delle maggiori aziende alimentari del mondo, nel 2005 è stata denunciata dall’International Labor Rights Fund e dalla Global Exchange per l’uso di manodopera ridotta in schiavitù.
Ma la multinazionale svizzera ha replicato dichiarando che il lavoro minorile è contro i principi della società. Nel 2001, infatti, la Nestlé, insieme ad altre grandissime aziende cioccolatiere, ha firmato il Protocollo Harkin- Engel (anche detto Protocollo sul cacao).
La convenzione internazionale nacque con l’obiettivo di “migliorare gli standard sul lavoro minorile, elaborare una certificazione del cacao e proibire le forme di schiavitù, ottenendo il sostegno dell’industria, dei governi nazionali e delle organizzazioni non governative”.
Il documento fu sottoscritto tra gli altri da Hershey, Mars e World’s Finest Chocolate e sembrò, dopo non poche difficoltà e avversità, la soluzione per tenere sotto controllo il fenomeno che ha aspetti drammatici, dopo i fallimenti di un Rapporto Unicef del 1998 e di un Rapporto sui diritti umani del Dipartimento di Stato americano del 2000; tali documenti denunciavano le condizioni assurde di lavoro nelle piantagioni di cacao in quelle aree dell’Africa, ma ebbero ben poca risonanza.
Nonostante la condanna del Parlamento europeo al lavoro minorile nelle piantagioni di cacao, l’esplicita richiesta di piena attuazione del Protocollo Harkin-Engel ed una Proposta di Risoluzione dell’anno scorso “di introdurre un sistema di tracciabilità per la catena di approvvigionamento del cacao controllato da un organismo terzo accreditato”, il protocollo non risulta ancora attuato.
Interessante è il documentario di Miki Mistrati e Roberto Romano, che racconta con immagini crude ed inequivocabili il fenomeno. Il viaggio-inchiesta dei due giornalisti, che si intitola “The dark side of chocolate” (che è possibile vedere qui in basso, con sottotitoli in italiano), indaga su come il traffico di esseri umani ed il lavoro minorile in Costa d’Avorio alimentino il mercato mondiale del cioccolato.
La questione è stata tra i temi centrali della manifestazione Altrocioccolato, organizzata da Umbria Equosolidale a Città di Castello a fine ottobre, così come di Io.Equo, una campagna di sensibilizzazione di Altromercato dedicata quest’anno al cacao.
Le iniziative avevano innanzitutto lo scopo di promuovere un modo diverso di consumare, più consapevole, che abbia alle spalle la certificazione che i prodotti non provengano dal lavoro minorile; ed inoltre quello di far conoscere il commercio equo e solidale come forma di commercio sostenibile ed etico, che garantisca ai produttori e ai lavoratori dei paesi in via di sviluppo un trattamento economico e sociale onesto e rispettoso.
Sebbene sulla carta esistano norme internazionali per eliminare il lavoro minorile nelle piantagioni di cacao, lo sfruttamento minorile per i lavori pesanti è un fenomeno ancora globale che riguarda non solo il settore del cacao, ma è purtroppo esteso a molti altri ambiti del mercato mondiale.
I numeri parlano chiaro: secondo le stime dell’OIL, nel mondo ci sono 215 milioni di bambini che lavorano in attività che andrebbero abolite; tra questi 152 milioni hanno meno di quindici anni, e 115 milioni svolgono lavori pericolosi. Dati dell’International Labor Rights Forum affermano che del numero globale di bambini lavoratori 120 milioni lavorano a tempo pieno per aiutare le famiglie sull’orlo della miseria, ma che il fenomeno non riguarda solo paesi poveri, ma tutto il pianeta. Stati Uniti compresi.
Fonte: lastampa.it
Per leggere l’originale: http://m.lastampa.it/2013/12/11/scienza/ambiente/inchiesta/i-mila-bimbi-schiavi-che-colgono-per-noi-il-cacao-cFeDJ9WHuPQvAEMbxaTK8J/pagina.html