MILANO – Il caffè rimane il principale prodotto di esportazione del Burundi.
Nell’annata di raccolto 2014/15 (aprile-marzo), la produzione è stata di 13.790 tonn, pari a poco meno di 230 mila sacchi da 60 kg, stando alle statistiche comunicate in questi giorni dall’Arfic (Autorità di regolamentazione della filiera del caffè).
Un dato in parziale ripresa, rispetto ai 163 mila sacchi dell’anno scorso, ma tuttora lontano dagli oltre 400 mila sacchi di due anni fa. Dovrebbe andare un po’ meglio nell’annata appena iniziata: le prime stime parlano di un raccolto che potrebbe raggiungere le 18.680 tonn (circa 311 mila sacchi).
A dispetto di queste cifre, apparentemente esigue, il caffè è la principale voce dell’export del Burundi e fornisce, nelle annate migliori, sino all’80% delle entrate valutarie. La filiera è una fonte di reddito per oltre 600 mila famiglie.
Il paese punta a raddoppiare la produzione, di qui al 2021, attraverso investimenti per oltre 80 milioni di dollari avvalendosi del sostegno della Banca Mondiale.
Molto rilevante anche l’impegno dell’Ico, che coordina un progetto del valore di 9,4 milioni di euro promosso dalla fondazione ginevrina Kahawatu Foundation, che conta sull’importante contributo del torrefattore svizzero Sucafina.
Gli interventi comprendono il rinnovo degli arbusti, l’intensificazione delle colture, l’introduzione di tecniche agricole più razionali e moderne.