domenica 22 Dicembre 2024
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Burundi: gli esperti dell’Onu contro la privatizzazione del settore caffeicolo

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MILANO – No alle privatizzazioni attuate a ogni costo. Questo l’appello lanciato, a fronte della privatizzazione in atto del settore del caffè in Burundi, da due specialisti dell’Onu: Olivier De Schutter, relatore speciale Onu sul diritto all’alimentazione, e Cephas Lumina, esperto indipendente su debito estero e diritti umani. Il Burundi “sta riformando il settore del caffè in un modo che rischia di destabilizzare i mezzi di sussistenza di un gran numero di piccoli produttori” sostengono De Schutter e Lumina in una nota diffusa giovedì.

Burundi: il caffè contribuisce all’80% dei proventi dell’export

Che secondo alcune statistiche è il terzo paese più povero del mondo. Il 55% della popolazione (circa 750mila nuclei familiari), in massima parte piccoli produttori, dipende da questa coltura. La privatizzazione della filiera è stata avviata dal governo nel biennio del 2008-2009.

“Le popolazioni vulnerabili non devono essere prese in ostaggio dalle politiche fallite del passato” affermano i due esperti con riguardo alle politiche di adeguamento strutturale che hanno incoraggiato i paesi in via di sviluppo a privatizzare le imprese pubbliche nei decenni trascorsi. “Gli Stati non devono confondere le loro priorità con quelli delle imprese”.

“Vi sono segni inquietanti che dimostrano come gli interessi dei produttori non siano stati tenuti in alcun conto nel processo di riforma nonostante l’apertura delle organizzazioni dei caffeicoltori a una riforma della filiera che consentisse loro di salire nella catena del valore” dichiarano ancora Schutter e Lumina, che criticano in particolare l’operato della Banca Mondiale, che avrebbe subordinato il suo sostegno ai programmi di assistenza sanitaria all’attuazione delle riforme nel settore del caffè.

“Ci rammarichiamo del fatto che la Banca continui a ritenere di non essere tenuta a prendere in considerazione i diritti umani nei suoi processi decisionali quando le politiche che essa raccomanda hanno un impatto molto concreto sui diritti e i mezzi di sussistenza dei produttori” conclude la nota.

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