MILANO – La Bubble tea è una bevanda di origina taiwanese a base di tè inventata a Taichung negli anni 1980. Il termine bubble tea in lingua inglese letteralmente significa tè con le bolle, in tale lingua è nota anche come pearl milk tea (letteralmente “tè al latte di perle”), boba milk tea, boba juice o semplicemente boba).
La maggior parte delle ricette di bubble tea contengono una base di tè mischiato/agitato con frutta o latte, al quale sono spesso aggiunte perle di tapioca gommose e gelatina di frutta.
Le varietà mescolate con ghiaccio sono solitamente mescolate con frutta o sciroppo, il che dà una consistenza melmosa.
Ci sono molte varietà delle bevanda con un’ampia gamma d’ingredienti. Le due varietà più famose sono il bubble tea al latte con tapioca e il bubble tea di tè verde al latte con tapioca.
Da New York a Milano
Milano è ancora una città da bere anche per l’espansione della Bubble tea che ha invaso da mesi la città facendo diventare il fenomeno veramente di massa a livello quasi mondiale.
Solo a Milano si trovano quasi una decina di punti vendita (tra gli specializzati, per esempio Frankly Bubble Tea and Coffee, QQTea Taiwan Bubble Tea, Boba, Chateau Dufan, Bubble Tea), mentre sono oltre una quindicina in tutta Italia.
Uno studio dell’Università di Milano
Non credo sia un fenomeno passeggero: nel resto del mondo dura da oltre 30 anni e anche i locali italiani hanno buoni riscontri. Il bubble tea deve il suo successo a una donna: la manager Lin Hsiu Hui che un giorno durante una riunione fece scivolare delle palline di tapioca nella bevanda tradizionale dell’isola e la bevve.
Il riscontro fu tale che ben presto nacquero una trentina di locali specializzati. Poi è stata la volta di Tokyo, dove i bubble bar si moltiplicarono, anche grazie alla passione dei giovani per i manga, di cui la bevanda ricorda un po’ i fumetti tipici giapponesi, Corea del Sud e Cina.
Agli inizi del 2000 gli Stati Uniti lo indicarono come uno dei grandi trend dei consumi per gli anni successivi.
Coloratissimo, dolce e gustoso, da consumarsi sia freddo sia caldo, è stato sdoganato dalle Chinatown nostrane per suscitare l’interesse anche del mondo accademico.
Tanto che persino la Facoltà di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università degli Studi di Milano si è presa la briga di spiegare il procedimento scientifico di sferificazione che sta alla base delle famose bubbles durante la scorsa edizione della Milano Food City.
Giuseppe Ino