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venerdì 22 Novembre 2024
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A BRESCIA I CINESI CONQUISTANO I BAR – Leonessa modello Chinatown a colpi di acquisti in contanti

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BRESCIA – Il cappuccino è buono, il servizio rapido, i prezzi convenienti. La barista è sorridente, cordiale e attenta. Serve altro? No. I clienti sono più che soddisfatti. E i bar cinesi a Brescia, soprattutto in provincia, continuano ad aumentare. Lo confermano gli ultimi dati della Camera di Commercio (321 imprenditori cinesi nella ristorazione al 30 giugno 2013). Già da tempo lo suggeriscono i sensi: vista e papille gustative.

Bar cinesi alla conquista di Brescia

Se chi ha aperto in stazione (Chinatown?) – tra empori, parrucchieri, call center e negozi cinesi – decidesse di abbassare la saracinesca, di certo se ne sentirebbe la mancanza.

Passano inosservati anche quelli in via San Faustino e Corso Mameli, dato che lì vivono moltissimi stranieri. Ma che dire dei bar di via Crocifissa, via XX settembre, via Veneto e delle altre decine sparsi per la città?

E il bar «Caligola» in centro a Gavardo, sul Garda, che dal 9 giugno ha cambiato cittadinanza? Sono lontani i tempi dell’involtino primavera e del riso alla cantonese take-away; quando le domande dei clienti si smarrivano nell’aria agrodolce, perché chi di turno alla cassa non sapeva una parola di italiano.

Negli anni, i cinesi di Brescia hanno osservato e capito i nostri gusti, le nostre tradizioni, le nostre abitudini. E si sono piazzati dietro al bancone del bar.

Nei bar cinesi si sta come a casa

Ti salutano – in italiano – e sorridendo ti chiedono – in italiano – se il pirlo lo vuoi con Aperol o Campari, se il caffè lo vuoi corto, lungo, corretto, macchiato, decaffeinato.

Ti chiamano per nome e si ricordano cosa ti piace bere e che cosa hai fatto ieri. Al punto di chiederti com’è andata quella riunione col capo che tanto dicevi ti preoccupava.

Se poi l’italiano del cameriere non è proprio perfetto o al locale non guasterebbe una ritoccatina all’arredamento, non importa. Si perdona facilmente in nome del prezzo, della gentilezza, della qualità.

Un diverso punto di vista

Le cose sono proprio cambiate. D’altronde, immaginate di trasferirvi in Cina e di aprire una attività per vivere. Magari proprio un bar o un ristorante, visto che da italiani qualcosa ne sappiamo.

Aprireste un locale cinese che serve tè verde di varie qualità e grappa di riso – senza biascicare una sillaba di cinese – o piuttosto un ristorante con cucina italo-bresciana, dove il vostro solo parlare italiano spiccherebbe quasi come un valore aggiunto? La seconda, non c’è dubbio.

Eppure Gigi, il proprietario cinese del bar «Da Oscar», la vede diversamente. «Prima gli italiani avevano i soldi e andavano al ristorante, mentre adesso non ne hanno più e possono solo bere il caffè!».

E quindi, per il bravo imprenditore cinese dall’acuto senso per gli affari, il passaggio da ristorante a bar sarebbe stata una mera necessità commerciale. Puro business. La faccenda non è però così semplice. «La prima volta che il cliente entra, scappa via subito perché siamo cinesi – spiega – ma poi torna e prova il caffè. Quando si accorge che è buono e che noi siamo simpatici, diventa nostro amico e cliente affezionato!».

Quello che ancora non è del tutto chiaro è come mai a un barista bresciano che molla il colpo, non subentri un altro bresciano, anziché un cinese.

Corre voce che i cinesi offrano di più e paghino in contanti. Sarà l’unica risposta? O forse in questo lavoro sono oggi più tagliati di noi? Prezzo, gentilezza, qualità…
Fonte: Corriere di Brescia

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