domenica 22 Dicembre 2024
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Brasile: un viaggio alla scoperta delle origini

Silvio Farnese: “Negli anni ‘90, è iniziato questo movimento per cui era importante fare un caffè con questo valore aggiunto perché il mercato era diventato esigente. Sebbene il caffè tradizionale, passato nell’infusore sia il metodo di consumo più tradizionale, le capsule e anche le dosi singole stanno guadagnando mercato per la loro praticità”.

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MILANO – Il Ministero dell’agricoltura del Brasile ha pubblicato un articolo informativo per divulgare la storia del caffè spiegando come il Paese del Sud America è diventato il maggiore produttore ed esportatore di una delle bevande più amate. Riportiamo di seguito l’articolo completo che trasporta il lettore in un viaggio nello spazio e nel tempo alla scoperta di uno dei Paesi simbolo del caffè.

Il caffè in Brasile

MILANO – Da quando le capre della regione dell’Abissinia, l’odierna Etiopia, mangiarono i frutti giallo-rossi di una pianta fino ad allora sconosciuta, il caffè ha conquistato le civiltà e ottenuto preparazioni diverse così da rispondere ai gusti più differenti.

In Brasile, il consumo di caffè caldo è il maggiore del mondo. Se si considera anche la versione estratta a freddo, il cosiddetto cold brew, il Paese occupa la seconda posizione, preceduto dagli Stati Uniti. Quanto alla leadership nella produzione ed esportazione, queste sono imbattibili, e il Brasile risponde di circa un terzo della produzione mondiale di caffè.

Correva l’anno 800 quando si osservarono per la prima volta le proprietà stimolanti del caffè, sia per il consumo diretto del frutto che per infusione in acqua. Intorno al XV secolo, poi, la specie aveva raggiunto il Nord Africa ed era entrata nel mondo arabo.

Come maggiori produttori di caffè dell’epoca, gli arabi adottarono misure per mantenere il predominio nella commercializzazione del prodotto, vendendolo ad esempio solo tostato.

Ma le barriere protettive furono infrante dagli olandesi che riuscirono a contrabbandare i frutti freschi nelle loro colonie asiatiche (Giava, Ceylon e Sumatra) e, successivamente, nelle Antille Olandesi, nell’America Centrale.

I vari usi del caffè e il viaggio dal vecchio al nuovo continente

In Europa, inizialmente, il caffè veniva consumato come medicinale per combattere vari disturbi, e solo a partire dal XVII secolo iniziò a essere adottato come bevanda.

Dal vecchio continente all’America del Sud, il caffè arrivò nelle colonie europee. Militari olandesi portarono le piantine in Suriname e, dopo, in Francia, nel suo territorio della Guyana francese. Si racconta, addirittura, che le prime piante brasiliane ebbero come origine la Reggia di Versailles.

Sarebbe andata nel seguente modo: dopo essere state piantate da Luigi XIV a Parigi, le piantine di caffè furono portate nel territorio della Guyana dal governo francese.

In occasione di una visita nel paese vicino, il sergente maggiore brasiliano Francisco e Mello, con il pretesto di risolvere controversie territoriali, portò le prime piantine e i semi di caffè a Belem, nel Pará, intorno all’anno 1720.

Un Paese adatto alla coltivazione del caffè

Per via delle condizioni climatiche, dei rilievi e del territorio, alla metà del XIX secolo, la cultura del caffè si affermò con maggiore forza nella Valle del Rio Paraíba, negli stati di Rio de Janeiro e di São Paulo, dando inizio a un nuovo ciclo economico in Brasile.

Con l’inserimento della produzione nel mercato internazionale, il caffè divenne il principale prodotto delle esportazioni brasiliane, essendo per quasi un secolo la principale ricchezza nazionale.

Le sue valute hanno incentivato lo sviluppo del Paese, con la creazione di città e l’espansione di altri centri urbani nell’interno di Rio de Janeiro, di São Paulo, di Minas Gerais e del Paraná.

Nel 1850, il Brasile era già il maggiore produttore mondiale con il 40% della produzione totale. La città di Vassouras, nello stato di Rio de Janeiro, era considerata la capitale mondiale del caffè.

Per più di 150 anni, lo status del Brasile come il maggiore produttore di caffè del mondo si mantiene. In volume totale, dati del Coffee Executive Summary registrano 47,7 milioni di sacchi di caffè in grani nel raccolto 2020/21.

Per il periodo produttivo 2021/22, la previsione della Compagnia nazionale di approvvigionamento (Conab) è di 55,7 milioni di sacchi da 60kg ciascuno.

Ciò significa un aumento del 16,8% rispetto al periodo precedente, dovuto, principalmente, alla natura biennale del caffè arábica – fenomeno fisiologico della pianta del caffè che alterna una maggiore produzione in un raccolto e una minore nella successiva.

Arabica e Robusta

Il caffè Arabica (Coffea arabica L.) consente al consumatore di gustare un prodotto più fine, raffinato e di migliore qualità. Questo tipo di caffè viene coltivato ad altitudini superiori agli 800 metri. Predomina nelle coltivazioni di Minas Gerais, São Paulo, Paraná, Bahia, Rio de Janeiro e in parte Espírito Santo.

Il caffè Robusta o Conilon (Coffea Canephora) è utilizzato principalmente per la produzione di caffè solubili e in alcune miscele con l’Arabica. Ha un sapore unico, meno acidità e più alto contenuto di caffeina. Predomina nelle coltivazioni di Espírito Santo, in Rondônia e in parte di Bahia e Minas Gerais.

 Dal caffè commodity al caffè specialty

La buona prestazione delle coltivazioni soddisfa un mercato sempre più esigente. Secondo l’Associazione brasiliana dell’industria del caffè (Abic), il consumo interno di caffè nel Paese sudamericano ha registrato una crescita nel 2021.

Tra novembre 2020 e ottobre 2021, sono stati consumati 21,5 milioni di sacchi, un aumento dell’1,71% rispetto al período precedente (da novembre 2019 a ottobre 2020). Questo volume rappresenta il 45,3% del raccolto di quell’anno.

Se consideriamo una base più ampia, dal 1997 al 2021, il consumo interno brasiliano è passato da 11,5 milioni di sacchi a 21 milioni di sacchi, secondo il Consorzio Ricerca Caffè, coordinato da Embrapa Café e che riunisce 50 instituti d’istruzione, ricerca ed estensione rurale per incentivare la ricerca nel campo della produzione caffeicola nel Paese.

Vale la pena sottolineare che il Brasile è il maggior consumatore dei suoi caffè nazionali. Analizzando il consumo pro capite, si osserva che, nel 2021, il brasiliano ha consumato 6,06 kg di caffè crudo all’anno e 4,84 kg di caffè tostato.

Le prospettive di crescita del mercato

Il direttore commercializzazione e approvvigionamento del Ministero dell’agricoltura del Brasile, Sílvio Farnese, valuta che il mercato consumatore, sia brasiliano che internazionale, presenta ancora prospettive di crescita, influenzato dai caffè specialty e dall’avvento dei caffè in capsule.

“Negli anni ‘90, è iniziato questo movimento per cui era importante fare un caffè con questo valore aggiunto perché il mercato era diventato esigente. Sebbene il caffè tradizionale, passato nell’infusore sia il metodo di consumo più tradizionale, le capsule e anche le dosi singole stanno guadagnando mercato per la loro praticità”, spiega.

Tra il 15% e il 16% del caffè attualmente esportato dal Brasile è già un specialty coffee. Il volume di specialty coffee esportato dal Brasile in Italia è in forte crescita. Oltre alla migliore qualità, aroma e sapore differenziati, c’è anche una valorizzazione esponenziale nella commercializzazione del prodotto.

La storia recente del mercato registra che un sacco di caffè specialty, di 60 chili, è arrivato a essere venduto per un valore del 1.300% più caro rispetto a un sacco di caffè commodity, che si aggira sui R$ 1.200.

Il caffè sostenibile

Il Brasile ha circa 300 mila stabilimenti produttori di caffè distribuiti in 17 stati, di cui il 70% è considerato da agricoltura familiare. Minas Gerais, Espírito Santo, Bahia, São Paulo e Rondônia sono i maggiori stati produttori.

“Quindi, socialmente, il caffè ha un ruolo molto forte. Negli stati che producono di più, come in Minas Gerais, lo si vede molto chiaramente. Quando arriva il periodo del raccolto del caffè, la città va bene, i supermercati sono pieni, giacché genera denaro, cosa che non accade con nessun’altra coltura.”

“Inoltre, in Brasile abbiamo una questione ambientale molto forte, che non è presente in nessun altro paese del mondo, riuscendo a rispettare tutti i requisiti legali, ambientali e lavorativi in maniera integrate”, ha evidenziato Farnese.

L’attività caffeicola si sviluppa sulla base di rigorose legislazioni del lavoro e ambientali, che prevedono la conservazione di foreste e fauna autoctona, il controllo dell’erosione e la protezione delle fonti d’acqua.

La ricerca di un equilibrio ambientale tra flora, fauna e caffè è una costante e garantisce la conservazione di una delle più grandi biodiversità del mondo. Le leggi brasiliane sul lavoro e sull’ambiente sono tra le più rigorose tra i paesi produttori di caffè.

Come criterio di sostenibilità, è stato anche osservato dal 1997 l’aumento della produttività in un’area ancora minore, rafforzando l’effetto risparmio-terra.

Il Consorzio Ricerca Caffè registra che, alla fine degli anni ‘90, l’area produttiva era di 2,4 milioni di ettari e la produzione di 18,9 milioni di sacchi da 60 kg, con una produttività di 8,0 sacchi/ettaro.

Dopo 25 anni, si è avuta una riduzione dell’area a 1,82 milioni di ettari, e il Paese dovrebbe produrre 55,7 milioni di sacchi da 60kg nel 2022, con una produttività di 31 sacchi/ha.

Un equilibro all’insegna dell’ambiente

“Il mondo è sempre più esigente riguardo alle questioni ambientali. Il lavoro ora viene svolto con la tracciabilità del caffè, a partire dalla semina, come viene fatto, quali prodotti vengono utilizzati, fino ad arrivare alla tavola del consumatore.”

“Tutto ciò consentendo al mercato produttore di accedere ai sigilli di conformità”, sottolinea il direttore commercializzazione e approvvigionamento. Aggiunge inoltre che la produzione e la commercializzazione nazionali sono aderenti alle certificazioni di sostenibilità e commercio equo.

Tale accreditamento mondiale della produzione nazionale si pone come opportunità per rafforzare le relazioni commerciali e aprire più mercati all’esportazione del caffè, che ha già gli Stati Uniti e l’Europa come principali destinazioni.

Il prodotto è il 5º nella lista delle esportazioni brasiliane, avendo movimentato US$ 6,4 miliardi nel 2021, il che ha rappresentato l’8,28% di partecipazione tra i prodotti nazionali esportati.

Entro il 2030, la proiezione è che la domanda mondiale di caffè avrà una crescita media annuale prossima al 2%, il che porterà gli attuali 169 milioni di sacchi a circa 209 milioni (punto medio della proiezione), secondo il Consiglio degli Esportatori di Caffè del Brasile (Cecafé).

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