domenica 22 Dicembre 2024
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Matteo Borea: “Sostenibilità nel caffè? Per i giganti sono solo parole per vendere di più”

L'esperto: "In questo scenario, il vero cambiamento nasce dalla consapevolezza e dalle scelte di ciascuno di noi. Sostenere i piccoli produttori etici, informarsi sulla provenienza del caffè che consumiamo, rifiutare i prodotti di aziende che ignorano i diritti umani per gonfiare i propri profitti, sono passi concreti verso un'industria del caffè che sia sostenibile non solo sull'etichetta, ma nella realtà delle piantagioni. Di fronte alla crescente commercializzazione dell'etica, è nostro dovere scavare più a fondo, andare oltre le apparenze, per riscoprire il vero valore del caffè: un valore che risiede non solo nella sua qualità, ma anche e soprattutto nella giustizia e nel rispetto per chi, ogni giorno, lavora perché quella tazzina arrivi sulle nostre tavole. È il momento di scegliere da che parte stare e dobbiamo farlo ogni singola volta che entriamo in un bar o acquistiamo un pacchetto di caffè".

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Matteo Borea, Barista Coach e terza generazione della torrefazione La Genovese di Albenga (Savona), ha voluto esprimere la sua opinione riguardo il futuro dell’industria del caffè che, secondo l’esperto, appare grigio per gli agricoltori che lavorano per le grandi aziende e “vedono la loro terra e la loro vita svalutate da un mercato che premia il profitto al di sopra di ogni altra cosa“.

Borea ha portato come esempio l’atto di ribellione di alcuni coltivatori in Messico, i quali hanno dato fuoco ai sacchi di caffè, simbolo della loro vita e del loro lavoro, per protestare  contro un sistema che soffoca le loro voci, denunciando il comportamento di Nestlé. Leggiamo di seguito la suo opinione.

L’etica? Una mera decorazione per le etichette

di Matteo Borea

Nel cuore pulsante dell’industria del caffè, si nasconde una verità amara che nessun aroma può mascherare. La narrazione dell’etica e della sostenibilità, propagandata dai colossi, si scontra brutalmente con la realtà dei fatti, lasciandoci un retrogusto di ipocrisia difficile da ingoiare.

La facciata luccicante di responsabilità sociale si sgretola, rivelando un panorama di sfruttamento e di profitto costruito sulle spalle curve degli agricoltori messicani, ridotti, per dirla senza giri di parole, in condizioni di moderna schiavitù.

Si parla tanto di etica, di sostenibilità ambientale, di responsabilità. Ma quando queste parole vengono strumentalizzate per vendere più caffè, perdono ogni loro significato.

Le inchieste, come quella condotta da Public Eye in Messico, squarciano il velo di questa farsa corporativa, dimostrando come i giganti dell’industria considerino la sostenibilità un mero orpello, buono per arricchire brochure e campagne pubblicitarie, ma assente nelle piantagioni dove la vita degli agricoltori si consuma tra povertà e disperazione.

Nel tessuto di questo racconto, la situazione in Messico emerge come un inchiostro indelebile, testimoniando l’estremo a cui gli agricoltori sono stati spinti per farsi sentire. Dare fuoco ai sacchi di caffè, simbolo della loro vita e del loro lavoro, non è un gesto di disperazione, ma un urlo potente contro un sistema che soffoca le loro voci.

Quest’atto di ribellione illumina la profondità della loro lotta, trasformando ogni granello di caffè bruciato in un messaggio impossibile da ignorare. È un promemoria crudo che, mentre il mondo si delizia del comfort di una tazzina di caffè, esiste una realtà parallela di lotta e sacrificio, dove il fuoco non distrugge, ma parla

Matteo Borea: il futuro del caffè tra etica e sopravvivenza

Ogni tazzina di caffè nasconde storie non dette, storie di agricoltori che vedono la loro terra e la loro vita svalutate da un mercato che premia il profitto al di sopra di ogni altra cosa. Sono storie di promesse infrante e di terre impoverite, dove il costo reale del caffè non si misura in denaro, ma in vite umane. La narrazione popolare ci vuole far credere che stiamo bevendo un prodotto etico, ma la realtà è che ogni sorso è intriso di ingiustizia.

Il futuro dell’industria del caffè si prospetta fosco. Con il continuo deterioramento delle condizioni etiche e organolettiche dei prodotti industriali, il caffè di qualità sta diventando un lusso che pochi possono permettersi. Il divario tra il caffè “commerciale” e quello di “eccellenza” si allarga, prefigurando un futuro in cui godersi un buon caffè sarà privilegio di una ristretta élite.

Per i piccoli e medi players, il bivio è netto: o si sceglie la strada dell’etica e della qualità, o si affronta un declino inesorabile.

Di fronte a questa realtà, l’indifferenza non è più un’opzione. È giunto il momento di alzare la voce, di rifiutare il velo di falsa eticità che l’industria cerca di gettare sui nostri occhi. È tempo di esigere trasparenza, di sostenere quei produttori che, nonostante le difficoltà, scelgono la strada della responsabilità sociale e ambientale.

Perché il caffè che scegliamo di bere non dovrebbe solo soddisfare il nostro palato, ma anche rispecchiare i valori di giustizia e dignità per chi lo produce.

In questo scenario, il vero cambiamento nasce dalla consapevolezza e dalle scelte di ciascuno di noi. Sostenere i piccoli produttori etici, informarsi sulla provenienza del caffè che consumiamo, rifiutare i prodotti di aziende che ignorano i diritti umani per gonfiare i propri profitti, sono passi concreti verso un’industria del caffè che sia sostenibile non solo sull’etichetta, ma nella realtà delle piantagioni.

Di fronte alla crescente commercializzazione dell’etica, è nostro dovere scavare più a fondo, andare oltre le apparenze, per riscoprire il vero valore del caffè: un valore che risiede non solo nella sua qualità, ma anche e soprattutto nella giustizia e nel rispetto per chi, ogni giorno, lavora perché quella tazzina arrivi sulle nostre tavole.

È il momento di scegliere da che parte stare e dobbiamo farlo ogni singola volta che entriamo in un bar o acquistiamo un pacchetto di caffè”.

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