BOLOGNA – E’ ancora fresca la ferita inferta durante la giornata del Primo Maggio al caffè-libreria romana La Pecora Elettrica. Uno spazio preso di mira da un gruppo di neo-fascisti, che hanno dato fuoco al locale. La solidarietà verso i proprietari per ricostruire e il sostegno in nome delle lotte democratiche del passato, non si sono fatti attendere.
Di fronte a quest’ultimo esempio – ma ce ne sarebbero altri, come il dibattito ora in corso sul Salone del Libro di Torino – leggere dell’esistenza di bar che fanno del fascismo un punto distintivo, fa sicuramente sorgere qualche perplessità. E’ il caso del Bar Nerini di Bologna, dove i riferimenti al duce si sprecano. A partire proprio dalle citazioni del dittatore sulle buste dello zucchero.
Leggiamo la storia dall’articolo di Rosario di Raimondo su bologna.repubblica.it.
Bar Nerini: uno scherzo o un omaggio?
Non è ben chiaro, neppure confrontandosi direttamente con il proprietario dell’attività. Che ha deciso di servire un caffè corretto alla nostalgia. Sugli Stradelli Guelfi, appena fuori città; lungo la vecchia strada che da Bologna porta al mare per evitare gli ingorghi estivi dell’A14, c’è un bar che catapulta i clienti in un passato lontano che sembra sempre dietro l’angolo.
Si chiama “bar Nerini” ma l’insegna non inganni, è soltanto il cognome del proprietario
Sul bancone, accanto alle solite bustine di zucchero, ce ne sono alcune griffate con il volto e le frasi di Benito Mussolini. Accanto alle tazzine si possono così leggere i vecchi tristi slogan: “Chi osa vince”, “Molti nemici molto onore”; “Grazie a Dio sono italiano”, “Duce sei sempre nel mio cuore”.
Basta alzare lo sguardo e a destra della macchina del caffè c’è il volto del dittatore con sotto la scritta “Me ne frego”, tornata in auge di questi tempi
In alto una tazza con la faccia di Benito e due parole: “Caffè nero”. Dalla strada sembra un baretto come tutti gli altri. Tavolini e sedie fuori, un signore che legge il giornale, le pareti con il classico colore rosso bolognese. Dentro le tonalità sono decisamente diverse. Il proprietario del locale farcisce panini dietro il bancone.
È bolognese, ha 58 anni e, spiega, nessuna intenzione di rilasciare interviste. Soprattutto su un argomento del genere.
Ci sono clienti, però, che quelle bustine le hanno viste e non le hanno mandate giù. Il titolare allora annuisce e racconta: “Sì, lo so, una volta una signora giovane è venuta qui a prendere il caffè, ha guardato le bustine, mi ha chiesto: ‘È una cosa seria?’. Poi ha scosso la testa e se n’è andata.
Pazienza, immagino non ami le battute. Ognuno la pensa come gli pare, c’è libertà di parola. La mia è soltanto una goliardata – continua il proprietario – nella mia famiglia sono tutti rossi. Ho anche parenti partigiani che oggi, vedendo la situazione politica, si rivolterebbero della tomba. Mi permetto solamente di scherzarci sopra, ma a livello bonario. La guerra non è bella e ormai è finita”.
E infine assicura: “Non faccio propaganda. Il mio lavoro è soltanto fare caffè”.