MILANO – Novità quasi assoluta fino a pochi anni fa, oggi il caffè dilaga anche per la vie di Yangon, come di altre metropoli asiatiche. Per molti è diventato simbolo di un nuovo status quo, per altri di un divario crescente nelle possibilità dei birmani.
L’equivalente di due dollari per una tazza di caffè in stile occidentale rappresenta un lusso per molti, ma un ostacolo che tanti aspirano a superare. Per gli esperti e gli importatori, nei prossimi tre anni l’industria nazionale del caffè avrà uno sviluppo esponenziale, guidato dall’apertura di locali, anche parte di catene birmane e internazionali e ben oltre la capitale commerciale Yangon, verso la seconda città del paese, la centrale Mandalay, e verso la remota capitale politica Naypyidaw.
Superato l’ostacolo posto un tempo dal regime militare a influenze occidentali considerate negative, superata anche la prima ondata di appassionati, in maggioranza turisti, sono ora i locali a costituire il grosso della clientela, circa il 70% del totale.
L’urbanizzazione accentuata, che dal 13% del 2010 potrebbe arrivare al 25% nel 2030, e il relativo benessere in un paese che tra il 2010 e il 2030 potrebbe più che quadruplicare il suo Pil arrivando a 200 miliardi di dollari l’anno, porranno molti a contatto con una realtà cittadina e una classe media che inizia allo stesso tempo ad acquisire nuovi stili di vita e a suggerire tendenze.