Compostabile o biodegradabile? La differenza sta nel tempo ed è una questione che riguarda da vicino anche gli utilizzatori di capsule per caffè espresso. Questi due termini, spesso confusi per sinonimi, hanno una differenza sostanziale che bisogna conoscere per non incorrere in errori quando si fa la raccolta differenziata.
Un elemento biodegradabile non è infatti automaticamente anche compostabile. Per fare chiarezza, partiamo dalla definizione: si definisce biodegradabile qualsiasi materiale che possa essere scomposto da batteri, luce solare e altri agenti fisici naturali, in composti chimici semplici come acqua, anidride carbonica e metano.
Un processo che coinvolge una moltitudine di materiali ma che può prevedere per ogni elemento un suo tempo, anche lungo, di degradazione. La normativa europea stabilisce però dei paletti.
Per essere definito biodegradabile un prodotto deve decomporsi del 90% entro 6 mesi.
Si definisce invece compostabile (trasformabile in compost, un concime naturale) quel materiale che non solo è biodegradabile ma anche disintegrabile e il cui processo di decomposizione avviene in meno di 3 mesi.
Ma nella vita di tutti i giorni come ci riguarda? Ci riguarda, per esempio, quando prendiamo un sacchetto e lo mettiamo nel bidone per la raccolta dell’umido.
Se ormai abbiamo imparato a buttare nell’umido solo gli scarti alimentari e organici che possono di diritto entrare nel processo di compostaggio, dobbiamo stare attenti a scegliere solo sacchetti di bioplastica o di carta per raccogliere questi rifiuti.
Infatti le buste biodegradabili non sono compostabili e quindi non vanno ‘mischiate’ con l’organico. Le plastiche biodegradabili vanno comunque buttate nella plastica.