MILANO – L’indagine di Unioncamere e Infocamere ha portato in luce, alla vigilia di Pasqua, una statistica per alcuni versi allarmante, che ha fatto circolare sulla stampa generalista titoli estremamente forti, ma anche fuori luogo. Perché di tratta di numeri che ricalcano dati già letti in passato. E i numeri vanno sempre valutati con estrema attenzione. Vediamo in dettaglio che cosa è successo.
Sì perché se sono quasi 7.000 i bar in Italia ad aver chiuso a causa del Covid negli ultimi due anni, contemporaneamente ne sono stati aperti di più, ben 7.700. Che è un dato estremamente positivo e incoraggiante per tutto il comparto.
Ma stiamo ai dati riportati secondo i quali i 169.839 bar esistenti nel Paese a fine 2019 sono scesi di numero fino ad arrivare a 162.964, ovvero ben 6.875 in meno (-4,05%).
Tuttavia non si tratta di dati particolarmente alti. Perché come abbiamo sempre riferito puntualmente negli anni passati, secondo gli uffici studi il turn over dei bar è sempre stato attorno a questi livelli. Il dato andava comunque registrato.
I motivi delle chiusure, con l’aggravante questa volta della pandemia, sono sempre gli stessi. Gestori anziani che decidono di andare in pensione e chiudono, ma soprattutto baristi non all’altezza delle richieste del mercato che è in continua evoluzione e che non riescono più a starci dentro con i conti in rosso. E questo è sempre accaduto, anche negli anni passati, senza Covid di mezzo. Ma la voglia di investire e intraprendere nel settore bar resta sempre enorme. Come indicano molto bene i numeri.
Perché anche questa volta siamo riusciti ad individuare, sui documenti degli autori dello studio, i bar che hanno iniziato l’attività nel periodo: ben 7.700, quindi molti di più di quelli che hanno chiuso. E proprio queste ultime aperture hanno contribuito a tenere più basso il numero delle chiusure globali.
Esaminiamo ora i dati e le ragioni delle novità sul fronte aperture e chiusure.
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