MILANO – Gli italiani bevono sempre meno aranciate, gassose, chinotti, Cole, tè freddi e più in generale bibite gassate. Sarà per le diete e anche per ragioni economiche. Il fatto è che in dieci anni, dal 2006 al 2016, le vendite, riferisce l’Adnkronos, sono letteralmente crollate: il 20% in meno (-19,43%).
È un vero e proprio grido d’allarme quello che arriva da Assobibe-Confindustria, l’associazione italiana degli industriali delle bevande analcoliche.
Si tratta di una crisi profonda per il settore, che fattura 1,9 miliardi di euro e che, in termini di Pil, vale 0,8%.
“Il calo forte è dovuto da una parte alla crisi congiunturale, poi si registrano anche cambiamenti nelle abitudini dei consumatori”, afferma all’Adnkronos David Dabiankov, direttore generale di Assobibe.
Una curva discendente delle vendite, sempre più accentuata, che ha toccato il picco più basso nel 2016, con -4,63% rispetto all’anno precedente. Mentre nel 2017 si scorge una lieve ripresa nel secondo semestre, complice l’estate torrida.
Agli ultimi posti in Europa
Questo segmento, delle cosiddette ‘soft drinks’, perde quote di mercato tanto che l’Italia risulta agli ultimi posti in Europa per consumi, con 38,8 litri di bevande analcoliche pro capite, molto al di sotto della media Ue di 67,1 litri. In vetta alla classifica, stilata da Canadean, si pongono Danimarca con oltre 106 litri e Germania con oltre 105 litri.
“Siamo lontani anni luce dai volumi pro capite di altri paesi Ue o degli Usa” prosegue Dabiankov. E i consumi contribuiscono soltanto all’1% dell’apporto calorico medio complessivo giornaliero pari a 11 Kcal.
“C’è un mercato che si evolve anche – spiega il direttore generale di Assobibe – rispetto alla sensibilità sui prodotti zuccherati e calorici. E le aziende hanno fatto molto per aumentare l’offerta di bevande con meno calorie o senza zuccheri. Si è lavorato tanto sull’innovazione”.
In controtendenza solo le Energy Drink
Uniche bevande in controtendenza le Energy Drink, sconsigliate dai nutrizionisti per l’elevato contenuto di caffeina. Infatti, la classica lattina da 250 ml contiene una quantità di caffeina equivalente a circa una tazzina di caffè.
Ma alcune marche arrivano a contenuti nettamente superiori. Le Energy sembrano essere, tuttavia, molto gradite ai teenager e alla fascia d’età fra i 30 e i 40 anni. Rappresentano comunque l’1% del totale dei volumi in Italia e in Europa delle bevande analcoliche.
Il Ministero della Salute ha comunque fissato limiti rigorosi in relazione al quantitativo di caffeina (320 mg/l) di glucoronolattone (2400 mg/l) e di taurina (4000 mg/l). E con una circolare ha previsto, per finalità di monitoraggio, la notifica, prima della commercializzazione, delle etichette e delle caratteristiche della bevanda ai propri uffici.
È anche colpa dell’Iva
Oltre al calo delle vendite, il settore delle bibite soffre di una tassazione elevata, lamentano inoltre gli industriali. In Italia il costo delle bevande analcoliche è gravato da una aliquota Iva tra le più elevate in Ue, 22% rispetto ad una media del 10%, diversamente da altri alimenti che godono in Italia di aliquote al 4% o 10%.
E la recente “battaglia” condotta contro le ‘aranciate senza arance‘, gli agricoltori, gli stessi che hanno bisogno di vendere il succo di arancia all’industria di trasformazione, ha dato un’ulteriore colpo al comparto.
La scelta ‘autolesionista’ di applicare i nuovi divieti alla sola produzione italiana, approvata alla Camera, favorisce i competitor degli altri Paesi, secondo la denuncia di Assobibe