domenica 22 Dicembre 2024
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Biasetto: “Servire un buon caffè significa poi attirare a sé degli intenditori della tazzina”

Il maestro racconta: "Da noi ogni giorno viene un signore per bere un espresso doppio e ristretto. Lo fa due volte al giorno, venendo in pasticceria con la macchina. Le volte che il caffè non è all’altezza delle sue aspettative, lo sente e ce lo comunica. Il bello di avere una miscela particolare è quello di avvicinare dei clienti più allenati."

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PADOVA – La pasticceria Biasetto unisce da vent’anni il dolce e il salato nei loro laboratori, grazie all’attività minuziosa dei due fratelli Luigi e Alessandro, che si spendono quotidianamente per regalare delle esperienze gustative ai propri clienti, dalla colazione all’aperitivo.

Un’idea di servizio che li ha portati a conquistare la prestigiosa stella per detenere da più di dieci anni consecutivi i tre chicchi e tre tazzine nella Guida del Bar d’Italia del Gambero Rosso e illycaffè.

Una ricerca sulla materia prima e sull’innovazione delle ricette, un occhio di riguardo anche alla sostenibilità – in quei punti della filiera su cui concretamente è possibile intervenire -: tutto questo e molto altro dentro la realtà Biasetto.

Facciamo finta di sederci in Via Facciolati, 12 a Padova per fare colazione: cosa troviamo nella Pasticceria Biasetto dalla brioche al caffè?

“Si trovano le offerte legate al caffè contemporaneo: dall’espresso classico al macchiato, dal cappuccino all’orzo e le sue varianti (che sono richieste dal 18% dei clienti); compreso il caffè freddo che è apprezzato soprattutto d’estate: il cold brew ha convinto anche i più scettici. È molto dissetante, fresco.

Dentro la pasticceria (@Lucio Linguanotto)

Poi abbiamo diverse proposte: 28 lievitati per dare modo di trovare a chiunque il proprio cornetto. Partiamo dal classico croissant con l’impasto senza lievito madre né uova, con una farina più friabile. Continuiamo con il pan au chocolate, fagottini con uvetta e ciò che chiamiamo ferri di cavallo: impasto ibrido chiamato danese dove il lievito madre incontra quello di birra.

Ma non manca ovviamente il cornetto classico o brioche, con uova e molto burro, a lievitazione molto lunga (sino alle 12 ore). Nella nostra gamma sono compresi anche i prodotti a base di soia a tradizione toscana, foglia di mele, confettura. Senza dimenticare il muffin, le frolle con il tortino di riso, ricotta pera. Abbiamo pensato anche al popolo vegano che, seppur rappresenti per ora meno dell’1% del totale dei clienti, abbiamo comunque
voluto intercettare perché, quando qualcuno entra vogliamo che sia soddisfatto.

Ora si parla molto di produzione ecosostenibile: ma ricordiamoci che l’olio di palma costa enormemente per l’ambiente. Noi lavoriamo così: il 100% dei nostri fornitori sono italiani oppure a 100 chilometri da noi per quanto ci è più possibile. Recentemente con la Relais Desserts, unica associazione al mondo che raggruppa i 100 pasticceri migliori al mondo abbiamo svolto un’indagine per capire in che punto esattamente, nelle fasi di produzione di un dolce, avviene il maggior impatto sull’ambiente.

Il 75% degli effetti dannosi sono legati al trasporto delle merci provenienti da altri paesi. Per il cioccolato è quasi normale, ma con altre materie prime come il pistacchio e la mandorla, lo zucchero, il latte, possiamo fare meglio. Che senso ha far arrivare il burro dalla Francia? Oppure, il latte UHT che costa magari meno, non è quello adatto a fare il cappuccino.”

Voi già nel 2015 avevate alzato a un euro e venti la tazzina: com’è andata e cosa state facendo adesso con l’inflazione?

“C’è un aumento fuori controllo sui costi dell’energia. Ora siamo a un euro e 50 e il cappuccino lo vendiamo a due euro e 50. Il cliente crede erroneamente che in un caffè ci siano solo 7 grammi di macinato. In quella tazzina c’è la qualità del servizio, della pulizia, e la bontà di una miscela come l’Intenso: abbiamo scelto questa referenza di illycaffè perché è più corposo, e io adoro il caffè napoletano che è lungo e si può quasi tagliare.

L’ultima macchina che abbiamo scelto esegue una pre infusione di 3 secondi prima di erogare la bevanda: La Cimbali M100. Avevamo provato anche degli altri modelli molto belli e validi in estrazione, a leva, ma con loro non usciva la tigratura in superficie: io bevo anche con gli occhi e non avere quell’effetto che per me è molto significativa alla vista, mi dispiaceva. La Cimbali ultimo modello ci è piaciuta proprio per questo. Abbiamo un macinino On demand.

Servire un buon caffè significa poi attirare attorno a te degli intenditori della bevanda: da noi ogni giorno viene un signore per bere un espresso doppio e ristretto. Lo fa due volte al giorno, venendo in pasticceria con la macchina. Le volte che il caffè non è all’altezza delle sue aspettative, lo sente e ce lo comunica. Il bello di avere una miscela particolare è quello di avvicinare dei clienti più allenati.

Sono stato a Vienna due settimane fa e non mi ha colpito vedere il prezzo dei caffè a due e 20. Mentre a Parigi è a due euro e 50. È vero che c’è anche un diverso consumo di caffè. Ma facciamo due conti: oltre i 7 grammi, una tazzina a un euro e 20 non dà margini neppure per pagare i contributi.”

La Pasticceria Biasetto è anche viaggio nei sapori: qual è il tragitto compiuto per conoscere e valorizzare una materia prima come il caffè nei suoi dolci?

“Il caffè, nel dolce da condividere all’italiano tendenzialmente non piace – al contrario della Francia, dove c’è anche particolare attenzione all’uso di monorigini -. Nel pasticcino invece sì, perché è una cosa da consumare individualmente. Il caffè nel dessert è apprezzato solo nel tiramisù, e lo possono mangiare anche i bambini. Se io però propongo un’altra ricetta al caffè in monoporzione piace molto. L’italiano non è particolarmente alla ricerca di un dolce da mettere in mezzo al tavolo da spartire con gli altri.

Ed è un peccato: ad esempio noi abbiamo creato un dessert che ha vinto nel 2014 come migliore degustazione Odissea, con un’infusione di caffè e che però vendiamo soltanto se non enfatizziamo il fatto che al suo interno ci sia il caffè come ingrediente. Ne facciamo un altro che durante il mese di San Giuseppe, una zeppola che vende tantissimo con il caffè, ma solo perché monoporzione.”

Entrando invece nel “tempio della dolcezza” il vostro atelier, la palla passa all’altro fratello Biasetto: come procede il lavoro in laboratorio?

“Partirei dicendo che oggi, così come è sempre stato, nei momenti di grande incertezza e paura, uno dei rifugi più scontato è il dolce. Lo zucchero dà al nostro cervello dell’energia pura e stimola lo sviluppo di una serie di sostanze chiamate anche droghe positive: per questo principio la pasticceria se la passa meglio rispetto ad altre attività. Questo è il periodo critico in cui le persone si rivolgono alla tradizione, a ciò che piace, anche se rivisitata.

Una fetta della setteveli (@Lucio Linguanotto)

Il pasticcino mignon sta sempre facendo più tendenza perché dà l’impressione che si assorbiscano meno calorie – ed è effettivamente così – si può anche assaggiare così più cose e fare un percorso di degustazione. È anche un momento di grande diffusione per i prodotti italiani che conquistano l’estero. Tra macaron, tiramisù e panettone, l’interesse del mondo nei confronti del made in Italy di qualità sta crescendo.

Abbiamo quasi raddoppiato l’anno scorso la nostra produzione di panettoni, e per il 2022 aumenteremo ancora e di questi, una buona fetta va all’estero. C’è un riconoscimento del dolce italiano ultimamente, molto forte.”

Nota dolente obbligatoria: carenza di personale, come state affrontando la questione?

“In questo momento non ci sono laureati in medicina a sufficienza, non ci sono becchini nei cimiteri, non ci sono autisti nei pullman, non ci sono piloti negli aerei. Mi chiedo, come tante persone: dov’è finita la gente? Noi non troviamo un addetto alla pulizia per 1400 euro al mese. Chiediamo solo di lasciar pulito. Eppure non troviamo nessuno da assumere. In questo momento alla facoltà di chimica di Padova, su 100 posti, di occupati ce ne sono solo 40.

L’unico luogo dove ancora arrivano i giovani è la pasticceria, con l’idea errata che si lavori poco e si diventi superstar, a causa dell’immagine trasmessa dai programmi in televisione. Una ragazza ha fatto qualche settimana da noi in stage, avendo frequentato il master da 18mila euro per tre mesi della scuola Alma di Marchesi, e ci ha detto che è un lavoro ripetitivo: ma io mi chiedo, non è così ovunque? Cosa si aspettano oggi i ragazzi?

Come mai non si trova personale invece per altri ruoli? Penso che stiamo iniziando a toccare con mano una decrescita della popolazione in Italia. Molti giovani oggi, soprattutto dopo la pandemia, sono terribilmente confusi: a 16 anni si sono trovati a stare chiusi in casa.

Tanti hanno deciso che dopo essersi diplomati non vogliono continuare con gli studi o nel mondo del lavoro, per prendersi una pausa. Questo provocherà almeno un anno di mancanza di risorse disposte a mettersi in gioco e lavorare, studiare, prepararsi per il futuro. Non c’è più quel minimo di ambizione necessaria a formarsi una prospettiva. In pasticceria Biasetto, due addetti alle pulizie si sono dimessi, uno a luglio e uno a fine settembre.

Sono tornati al proprio Paese, sono cingalesi, per ricongiungersi con la famiglia. Uno dei due mi ha richiamato da poco perché c’è una povertà incredibile nello Shri Lanka: questo è un esempio di come le persone si prendono del tempo fino a che poi non si rendono conto di aver bisogno di lavorare e guadagnare.

La ristorazione è stata la prima ad esser colpita da questa carenza, perché quando si è riaperto c’è stato un momento di vuoto di personale: un mio collega a Napoli ha dovuto chiudere tre locali su otto, perché non ha trovato dipendenti. Stessa cosa una mia collega in provincia di Padova. Un’altra ragazza ci ha detto di non voler firmare un contratto per non perdere il reddito di cittadinanza.”

Sull’aspetto della sostenibilità, come si sta muovendo la Pasticceria Biasetto?

“Gli studi svolti in collaborazione con l’Associazione Relais Dessert ci hanno chiarito le modalità di impatto ambientale del nostro operato, identificando determinate aree: trasformazione della materia (partendo proprio dalla produzione del latte e dalle mucche.

Bisogna fare attenzione: è vero che una mucca consuma dell’energia e produce Co2 mentre rumina, ma emette molto più ossigeno l’erba che mangia, soprattutto se l’animale è in libertà). Lo zucchero arriva dal nostro territorio, da uno zuccherificio bio a distanza da 50 chilometri. Le farine che utilizziamo sono prodotte a Piacenza con grani italiani, burro latte e panna locale, il pistacchio e le mandorle italiane.

La conservazione del prodotto dev’essere molto breve: quando si usa il frigo per un giorno ha un costo. Noi abbiamo accelerato le produzioni, facendo in modo che arrivi nell’arco di pochi giorni i clienti e rivenditori. Questo aspetto incide tra l’8% e il 15% sull’ambientale.

La nostra azienda lavora spesso la mattina presto quando non c’è sole: il fotovoltaico era tra i nostri obiettivi nel 2016, ma la sua resa all’epoca non corrispondeva a un ammortamento sufficientemente rapido. Sarebbe stata una spesa inutile: il fotovoltaico avrebbe coperto appena l’11%12 del nostro fabbisogno.

Ora gli impianti sono migliorati e riusciremmo a produrre il 28% dell’energia. Per questo avevamo attivato la disposizione dei pannelli sopra allo stabilimento, ma per cause ancora non chiarite, il valore del fotovoltaico è triplicato.

Con la 110 la maggior parte di quello che valeva 100, è arrivato a costare 300-500. Allora per noi non è stato più conveniente, perché avremmo ammortizzato l’investimento iniziale in 30 anni. Crediamo nel fotovoltaico, ma non può esser applicato in tutti i luoghi.”

E nel vostro futuro, quanta dolcezza vedete?

“Sono un osservatore. Ho l’opportunità di confrontarmi con i colleghi da tutto il mondo. Assisto a dei fenomeni in alcuni Paesi molto sviluppati rispetto all’Italia. Dico con rammarico e tristezza: il piccolo artigiano non potrà mai affrontare il futuro. Perché? Gli oneri necessari, obbligatori, per poterlo fare a un certo livello sono insostenibili nel nostro Paese.

Bisogna cambiare questo fatto: l’artigiano che in una giornata fa 10 tipi di dolci quotidianamente, non può sopravvivere. Fare una vita di sacrifici e impegno e poi
a fine mese non vedere non soltanto un minimo margine di profitto, ma andare addirittura in perdita, non dà prospettive.

La pandemia ci ha portato a doverci bloccare tutti: abbiamo preso delle decisioni strategiche che abbiamo adottato tutti. I cambi continui che adesso affrontiamo ci impediscono di fare piani a lungo termine: dobbiamo operare pensando di doverci adattare costantemente, anche dal punto di vista dei prodotti. Bisogna essere aziende dinamiche, costantemente aggiornate.”

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