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Come le bevande zuccherate incidono sul rischio di diabete di tipo 2

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MILANO – Le bevande zuccherate sono sicuramente una tentazione, soprattutto per i più giovani, per il loro effetto energizzante e anche, perché no, per il loro sapore dolce. Purtroppo però hanno anche un prezzo in termini di salute, perché hanno effetti deleteri sull’organismo e facilitando l’insorgenza di alcune patologie anche gravi. Leggiamo cosa ha fatto emergere uno studio scientifico dal sito nutrition-foundation.it.

Numerosi studi osservazionali hanno rilevato un’associazione significativa tra un consumo elevato di bevande zuccherate ed un maggior rischio di diabete di tipo 2, carie dentarie e obesità, nonché con una scarsa qualità della dieta. Un dato confermato da questo studio, basato sull’analisi dell’ampio database della popolazione americana, il Nhanes (National Health and Nutrition Examination Survey).

Bevande zuccherate: quali sono i rischi

Nello specifico, gli autori hanno valutato i dati relativi a 6.426 giovani sani di età compresa tra 12 e 29 anni, di tre diverse etnie, suddivisi in 3 gruppi in base ai livelli di consumo di bevande addizionate di zuccheri semplici: non consumatori (meno dell’1% delle calorie totali giornaliere da zuccheri aggiunti), bassi consumatori (dall’1% al 10% delle calorie totali giornaliere da zuccheri aggiunti) e alti consumatori (>10% delle calorie totali giornaliere da zuccheri aggiunti).

Dall’analisi dei consumi è emerso che il 20% degli adolescenti osservati di età compresa tra 12 e 18 anni non consumava bevande zuccherate, circa il 48% era un basso consumatore e il 32% era un alto consumatore. Per quanto riguarda invece i giovani adulti (tra 19 e 29 anni), i consumi erano nulli, bassi e alti rispettivamente nel 21%, nel 43% e nel 37% dei casi. In entrambi i gruppi d’età i non consumatori avevano una maggiore probabilità di essere donne e con un buon reddito familiare, mentre il consumo elevato era associato ad una maggiore probabilità di essere di sesso maschile e con un basso reddito familiare.

Inoltre, la qualità della dieta, determinata indipendentemente dal contributo delle bevande zuccherate e valutata mediante l’Healthy Eating Index (HEI), diminuiva

Sia tra gli adolescenti e sia tra i giovani adulti, all’aumentare del consumo delle bevande zuccherate. Tra i non consumatori di entrambi i gruppi è stata infatti rilevata una migliore qualità della dieta rispetto ai bassi consumatori, e ancor di più rispetto ai coetanei che erano alti consumatori.
In sintesi, il consumo di quantità elevate di bevande con zuccheri aggiunti (gassate, alcoliche o energetiche) sembra essere essenzialmente un marcatore di un’alimentazione di qualità non elevata. Un’osservazione che suggerisce come interventi focalizzati solo sulla riduzione dell’assunzione di bevande zuccherate (come le tassazioni selettive implementate in alcuni Paesi del mondo) ben difficilmente si rivelerà un intervento risolutivo per migliorare la qualità complessiva della dieta.

Sugar-sweetened beverage (SSB) consumption is associated with lower quality of the non-SSB diet in US adolescents and young adults

BACKGROUND: Since 2003-4, the United States has seen large declines in sugar-sweetened beverage (SSB) intake overall, especially among non-Hispanic white (NHW) subpopulations. However, obesity prevalence has not shown comparable declines in the 2 highest SSB-consuming groups, adolescents and young adults. Little is understood about the quality of the diet excluding SSBs (non-SSB diet).

OBJECTIVES: The objective of this study was to evaluate differences in non-SSB diet quality in SSB consumers and nonconsumers in adolescents and young adults and in the 3 major race/ethnic subgroups.

METHODS: This study utilized data from the NHANES, a cross-sectional, nationally representative survey of the US population. Data from 6426 participants aged 12-29 y from the NHANES (2009-2014) was included. Quality of the non-SSB diet was measured using the 2015 Healthy Eating Index (HEI). Multivariate linear regressions controlled for sociodemographic characteristics and included interactions by race/ethnicity [NHWs, non-Hispanic blacks (NHBs), Hispanics]. Individuals were classified as non-, low- (<10% of daily calories), or high-SSB consumers (≥10% of daily calories), according to the US Dietary Guidelines added sugar intake recommendation.

RESULTS: Non-SSB HEI scores differed among SSB consumer groups (53 for adolescent nonconsumers compared with 46 for high consumers, P < 0.001; 57 for young adult nonconsumers compared with 45 for high consumers, P < 0.001), although all scores were low and require improvement. Among NHBs, significant differences in non-SSB HEI were found only between non- and low-SSB consumers. In Hispanics, associations varied by age group, with significant differences found for young adults but no association found for adolescents.

CONCLUSIONS: Low non-SSB HEI scores in SSB consumers suggest that reducing SSB consumption alone will not be a sufficient strategy for improving dietary quality in adolescents and young adults. Future policies must also consider improving the non-SSB diet.

 

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