Le bevande energetiche, pare che in realtà non diano una vera sferzata di energia, ma più che altro eccitazione. Gli atleti – e non solo – consumano quotidianamente bevande energetiche per supplire alla costante fatica fisica. Eppure, secondo un recente studio condotto dai ricercatori Spagnoli, questo genere di bevande oltre all’energia potrebbero fornire qualche problema alla vita di tutti i giorni. In particolare, molti soggetti divengono più nervosi, agitati e insonni.
A rivelarlo è stato il tema di ricerca della da Camilo Jose Cela University (UCJC) di Madrid (Spagna). Il lato positivo è che gli atleti ne traggono particolare vantaggio a livello di prestazioni sportive, che le vedono migliorate dal 3 al 7%.
Juan Del Coso Garrigos, a titolo di studio, ha chiesto a giocatori di pallacanestro, pallavolo, tennis, rugby, hockey, ma anche calciatori, nuotatori e scalatori, di assumere circa tre lattine di drink energetici o placebo prima di una competizione sportiva – sia in squadra che non – di intensità medio alta.
Se è pur vero, come accennato prima, che dal punto di vista sportivo si ottenevano effetti benefici; dall’altra parte si avevano anche gli effetti collaterali tipici di bevande contenenti caffeina.
Tra i membri di sesso maschile e femminile non sono state trovate differenze significative a livello di effetti collaterali o percezioni di altro genere.
Secondo Garrigos questo genere di bevande sono solo un prodotto commerciale e il loro consumo è evidentemente collegato alle campagne pubblicitarie che tanto sbandierano i loro effetti positivi.
Il team non ritiene che i drink abbiano – a livello energetico – assolutamente nulla in più delle altre bevande analcoliche presenti sul mercato. Tutt’al più l’effetto pseudo energizzante – a detta dei ricercatori – è intimamente legato alla stimolazione fornita dalla caffeina.
Stimolazione che oltre a fornire effetti positivi, ne dà anche di negativi. Per cui l’uso, probabilmente, dovrebbe essere controllato nei soggetti particolarmente nervosi, agitati e insonni.
Ulteriori dettagli dello studio sono disponibili sul British Journal of Nutrition.