mercoledì 30 Ottobre 2024

Bergamo, chiusi 362 bar classici dal 2019: il modello è superato e ora i locali si reinventano multitasking, diversificandosi

Diego Rodeschini, presidente del Gruppo bar, caffetterie e pasticcerie Confcommercio Bergamo: "È importante che soprattutto nei paesi piccoli, le amministrazioni comunali possano intervenire e tutelare la resilienza dei locali pubblici. Gli stessi proprietari degli immobili dovrebbero venire incontro ai gestori, calmierando il canone di locazione"

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Dal 2019 al 2023 sono stati chiusi 362 bar tra Bergamo e provincia. Il classico modello imprenditoriale è ormai superato considerato il cambio radicale della cornice socio-commerciale insieme alle abitudini e ai consumi dei clienti. Gestire un solo locale renderebbe troppo poco ed è per questo che gli imprenditori aprono nuovi esercizi, diversificandoli: dal bar il modello gestionale si è evoluto contaminandosi, dalla pasticceria al catering.

Leggiamo di seguito l’articolo di Donatella Tiraboschi per Il Corriere della Sera nell’edizione di Bergamo.

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La crisi dei bar a Bergamo

BERGAMO – Una falcidia di 90 chiusure nel 2023 e di 362 dal 2019 allo scorso anno, tra Bergamo e provincia, chiarisce come il bar, per come lo si intende in modo classico, sia un modello imprenditoriale in crisi, superato. Ed è inutile dare la colpa solo al Covid o alla liberalizzazione delle licenze, afferma il Corriere della sera nella sua edizione dedicata al capoluogo Orobico.

È proprio cambiata la cornice socio-commerciale in cui gli esercizi pubblici sono innestati: più complessità, maggiore concorrenza, abitudini e consumi della gente che si sono modificati e, almeno per quanto riguarda i piccoli centri (dove il bar, in chiave aggregativa, è molto più del caffè che eroga), molta più fatica nella gestione (tra conti che non tornano e personale che non si trova).

Gestire un solo locale poi rende troppo poco ed è per questo che gli imprenditori aprono nuovi esercizi, diversificandoli: dal semplice bar il modello gestionale si è evoluto contaminandosi con altri segmenti; dalla pasticceria al catering, dal cocktail al ristorante. E poi, cruciale, è diventato il tema delle competenze; dare da bere e mangiare (anche bene) non basta più.

Per far quadrare i conti, anche l’imprenditore/gestore (si tenga presente che il 70% dei bar è di piccola dimensione, con un organico che non supera i tre addetti) deve metterci quel «quid» in più sul prodotto, sul servizio e sul marketing. Per capire dove vanno il gusto della gente e il trend dei consumi, sostiene Donatella Tiraboschi nell’articolo apparso nell’edizione bergamasca del Corriere della Sera.

Chiedere, per credere, a Diego Rodeschini, che oltre ad essere presidente del Gruppo bar, caffetterie e pasticcerie Confcommercio Bergamo è titolare in Valle Imagna di un’attività che ha seguito questa nuova tendenza “multitasking”.

Ma non tutti ce la fanno. “Per questo — spiega al Corriere —, è importante che soprattutto nei paesi piccoli, le amministrazioni comunali possano intervenire e tutelare la resilienza dei locali pubblici. Gli stessi proprietari degli immobili dovrebbero venire incontro ai gestori, calmierando il canone di locazione”.

Una voce o meglio un appello, quello di Rodeschini, che si alza deciso davanti al quadro statistico elaborato da Confcommercio Bergamo (su dati dell’Osservatorio Dataviz) che narra di un mondo, legato alla ristorazione, emblematico di un contesto sociale in continua evoluzione. Dove Bergamo non fa eccezione.

Se i bar, che non hanno cucina, ma solo tavola fredda e bevande, nel quadriennio 2019-2023 hanno registrato una flessione del 10,5% (ne restano attivi oggi poco più di tremila tra città e provincia), i ristoranti, che sul periodo avevano registrato un incremento del 2,5%, hanno perso, dal 2022 al 2023, ben 42 insegne.

Esaurito il boost post pandemia stanno subendo, proprio negli ultimi mesi, un calo. “Succede dopo aver conosciuto una lunga e straordinaria curva di crescita, grazie all’aumento dei consumi fuori casa e del turismo, ma la crisi li morde con il crollo dei consumi e bollette care”, puntualizza al Corsera Oscar Fusini, direttore di Confcommercio Bergamo.

A svettare su tutti, rivela il Corriere, sono le imprese di fornitura pasti, e cioè mense e catering, cresciute del 27,5% sul quadriennio e del 5,5% dal 2022 al 2023, anche se si tratta di un segmento meno rilevante in termini di fatturato e volumi, rispetto al mare magnum di bar e ristoranti: costituiscono, infatti, solo il 5,2% del comparto.

Disaggregando il macro dato di 7.105 imprese della ristorazione attive sul territorio alla fine del 2023, (pari a -3,1% rispetto alla fine del 2021 quando in esercizio c’erano 7.336 unità) si contano così, oltre ai 3.070 bar, 3.711 imprese della ristorazione (in tutte le salse, con le cucine internazionali, l’asporto, i sushi bar e i kebab e chi più ne ha più ne metta).

Nel dettaglio, ristoranti e pizzerie sono 2.305 (32,4%), 859 sono senza somministrazione e asporto (12,1%), 370 pasticcerie e gelaterie (5,2%), 94 (1,3%) imprese di ristorazione e pasticcerie ambulanti, oltre a 41 imprese (0,6%) di altri microsettori.

Quanto alle 366 aziende di fornitura pasti, il numero si parcellizza in 296 mense, 15 catering su base contrattuale e 55 imprese di catering per eventi e banqueting.

Altri elementi riportati dal Corsera aiutano a chiarire un quadro settoriale composito, dove a segnalarsi particolarmente attive sono le imprese femminili dei servizi della ristorazione; a Bergamo sono 1.845, pari al 32%, e sono in percentuale più alte del totale della Lombardia, 27%, e dell’Italia, 28%, rivela il Corriere.

Le imprese giovanili (con proprietà o controllo in prevalenza under 35) sono 695, pari all’11,9% del totale, mentre le imprese straniere sono 1.085, pari al 18% del totale. Il settore presenta 2.826 ditte individuali attive (39,8%), 1.886 società Snc e Sas (26,5%) e 2.116 Srl, Srls e Spa (29,8%).

“Il calo vistoso della costituzione di società di persone a favore delle forme di società di capitale — evidenzia ancora Fusini all’edizione di Bergamo del Corriere della Sera — va in scia alle norme introdotte nel nostro ordinamento a partire dal 2012 con l’obiettivo di rendere più accessibile e meno costosa la costituzione della società”.

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