GERUSALEMME – Non sottovalutate mai il potere di un gelato, anche quando si tratta di rapporti internazionali e marchi della portata di Ben & Jerry’s. Anzi, soprattutto quando un colosso come Unilever decide di tagliare i ponti con lo Stato occupato palestinese, la crisi diplomatica è dietro l’angolo. E da un piccolo disguido si ingigantisce diventando addirittura un caso da dibattito mondiale. Leggiamo cosa sta succedendo dall’articolo di Davide Frattini su corriere.it.
Ben & Jerry’s il gelato della discordia
«A quanti di voi piace la menta?». La domanda via Twitter era sensata per un produttore di gelati, la stagione propizia (primavera), quella politica fuori tempo. Era il 18 maggio, Israele e Hamas si stavano combattendo già da una settimana, la guerra sarebbe andata avanti per un paio di giorni. Così l’account di Ben & Jerry’s — azienda creata in Vermont 43 anni fa da due amici ebrei dopo un corso da gelatai per corrispondenza — è stato sommerso da critiche contro l’esercito e i bombardamenti sulla Striscia di Gaza, da appelli al boicottaggio e a interrompere la vendita dei prodotti nei supermercati delle colonie israeliane costruite in Cisgiordania.
La pressione ha spinto la società, acquisita dalla multinazionale Unilever nel 2000, ad annunciare pochi giorni fa lo stop al contratto con il distributore israeliano in scadenza nel 2022. Nonostante pure quell’accordo fosse il risultato dell’amicizia trentennale tra Ben Cohen, uno dei fondatori, e l’imprenditore Avi Zinger, due ebrei. Naftali Bennett, il primo ministro, ha minacciato rappresaglie — «il governo reagirà con aggressività a qualunque boicottaggio che colpisca i civili» — ha risalito la catena di comando e si è rivolto all’amministratore delegato di Unilever.
Che però non è stato coinvolto nella decisione presa dal consiglio indipendente di Ben & Jerry’s
In passato ha sostenuto campagne per i diritti Lgbt e per il movimento Black Lives Matter, i gelati vengono offerti sotto al motto Peace, Love & Ice Cream.
Il dipartimento di Stato americano prova a tenersi fuori dalla crisi diplomatica — «sono scelte di una società privata» — e ribadisce attraverso il portavoce che Washington è contraria «a qualunque iniziativa» di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni. Sono 35 gli Stati americani che hanno approvato leggi contro le organizzazioni che sostengono il Bds.
Ai loro governatori si appella Yair Lapid, il ministro degli Esteri, perché puniscano il produttore di gelati: «Con questa decisione vergognosa si è arreso al peggiore antisemitismo»
I negozi americani che vendono cibo kosher — rispetta le norme religiose ebraiche — hanno già dato il loro appoggio alla contro-campagna: via le confezioni di Ben & Jerry’s dagli scaffali. Ayelet Shaked, ministra degli Interni e con Bennett alla guida del partito che rappresenta i coloni, ha visitato la fabbrica israeliana e ha promesso di premere negli Stati Uniti sulla comunità ebraica e sugli evangelici, grandi sostenitori di Israele. «La strategia è diversa da quella del governo Netanyahu — commenta il quotidiano finanziario Globes — e tenta di non inimicarsi il partito democratico. Si concentra su Ben & Jerry’s con la consapevolezza che nella sinistra americana sono sempre più forti le spinte anti-israeliane».
Il movimento Bds è nato per contrastare l’occupazione dei territori palestinesi e le colonie, considerate illegali dalla comunità internazionale
Gli appelli al boicottaggio non colpiscono però solo gli insediamenti, il gruppo globale preme per interrompere le relazioni — oltre a quelle economiche sotto attacco finiscono le università — con Israele. In passato gli attivisti hanno cercato — senza riuscirci — di fermare la finale dell’Eurovision a Tel Aviv e incitano gli artisti a non esibirsi da queste parti. Lana del Rey e altri hanno cancellato i concerti, John Lydon ha replicato in stile Sex Pistols prima dello show a Tel Aviv una decina di anni fa: «Promettere lo spettacolo e poi scappare è disgustoso. Israeliani vi amiamo, quanto al vostro governo che vada a…»
A questo link, la dichiarazione ufficiale dell’azienda.